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23/07/2014

Emilio Fede non si fida?

Una registrazione di una conversazione che finisce agli atti di due tribunali. Con Emilio Fede che parla dei soldi di Berlusconi. Soldi che provengono dalla mafia. E poi Mangano, Dell'Utri, Ruby, la Santanchè. Tutti corrotti, legati alla mafia e ad un gioco di ricatti.

Sembra un'immaginazione che emerge da una chiacchierata al bar, all'ora del cappuccino. Del genere "ma te lo immagini se uscisse fuori..". Il punto, come sempre in questo paese, è che è uscito davvero come vediamo da un servizio de La 7.
In effetti, in materia di rivelazioni, è uscito molto di più. Come le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza sul rapporto tra la cosca dei Graviano, implicata nella stagione delle stragi mafiose tra il '92 e il '93, Berlusconi e Dell'Utri. E come per le dichiarazioni di Spatuzza, ottime per la trama di un vero Goodfellas di Scorsese all'italiana, anche per Fede ci sono le prime pagine ma con il minore impatto possibile. Roba più da siti dei giornali mainstream che da salotto buono dei titoli delle edizioni cartacee del mattino. Quelle che fanno la linea della politica istituzionale assieme ad un pugno di titoli di Tg. Guarda te il caso i titoli importanti sono dedicati alle riforme istituzionali, Lsd politico da almeno un ventennio, e soprattutto a non rovinare l'intesa cordiale Pd-Berlusconi proprio sulla ristrutturazione della politica istituzionale.

E' evidente che se le nuove prove sul rapporto tra Berlusconi e la mafia si fermano a queste dichiarazioni niente verrà interrotto. L'effetto notizia, come se i media funzionassero ancora come venti anni fa con i cori ad effetto su qualsiasi cosa uscisse dalle procure, su questi temi è di molto attenuato. Come è evidente, e lo si è capito alla commemorazione di Borsellino, che in chi si è occupato del torbido piano dei rapporti tra mafia e livelli istituzionali, per come emerge dai primi anni '90, ci sarebbe la tentazione, o il desiderio, di sparare qualche ultima cartuccia. Ma le munizioni, nel caso, devono essere di quelle buone.

Il cerchio Pd-Berlusconi, nel pieno sonno dell'elettorato di centrosinistra ipnotizzato dal mito degli 80 euro (il cambio attuale per trenta denari), si sta per chiudere. E il rapporto politica-affari rimane, come al solito, altamente discrezionale a favore dei salotti buoni. Come dimostra la recente visita del vicepremier Del Rio a casa di De Benedetti. "Cosa ci è andato a fare?" si sono chiesti i giornalisti. Detto fatto: il salvataggio dell'operazione fallimentare Sorgenia (gruppo De Benedetti) grazie a MPS (area Pd), dimostra che la visita non è stata solo thè e pasticcini. E che il conto è stato pagato duramente da un paese che sosterrà il costo di una banca zombie che salva i vertici, mica i lavoratori, di una azienda decotta che ha fatto una speculazione sbagliata. A livello di cifre, e non solo, Fiorito era un dilettante. Ma non lo era, e non lo è, uno dei suoi capipartito, Marcello Dell'Utri. Il quale avrà decodificato bene il messaggio arrivato dalla deposizione della registrazione di Fede.

La telenovela affari-mafia-potere continua. Magari con meno spettatori ma con il suo specifico interesse.

Redazione, 23 luglio 2014

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