di Michele Paris
Un nuovo
rapporto pubblicato recentemente dalla banca Credit Suisse ha delineato
l’aggravarsi delle disparità di reddito e di ricchezza nel pianeta,
registrando un tristissimo primato. L’1% della popolazione mondiale è
cioè giunta nel 2015 a possedere oltre la metà delle ricchezze, mentre
il resto dell’umanità - ovvero circa 4,8 miliardi di adulti - si
spartisce il resto della torta, peraltro in maniera altrettanto
ineguale.
Lo studio riassume i dati raccolti in una piramide che
mostra immediatamente le disparità che caratterizzano la suddivisione
dei beni disponibili a livello globale, stimati attorno ai 250 mila
miliardi di dollari. 3,4 miliardi di adulti posseggono beni non
superiori ai 10 mila dollari, un altro miliardo tra i 10 mila e i 100
mila dollari, 349 milioni tra i 100 mila e un milione.
Allo
strettissimo vertice della piramide si trova la vera ricchezza, con 34
milioni di persone che detengono più di un milione di dollari. Tra di
essi, 29,8 milioni vantano beni tra 1 e 5 milioni di dollari, 2,5
milioni tra 5 e 10 milioni, 1,34 milioni tra 10 e 50 milioni, per poi
arrivare alla vera aristocrazia planetaria, quella che decide le sorti
di praticamente tutte le popolazioni, vale a dire 123.800 individui con
più di 50 milioni di dollari ciascuno.
Poco meno della metà di
questi super-ricchi vive negli Stati Uniti, circa un quarto in Europa e
il resto quasi tutti in Giappone e in Cina. Lo sbilanciamento nella
distribuzione delle ricchezze è dovuto principalmente al capitalismo
USA, come conferma il fatto che questo paese ha un numero così elevato
di multi-milionari a fronte del 5% della popolazione del pianeta.
Esaminando
i numeri proposti dall’istituto bancario svizzero, emerge come il 71%
degli adulti che popola il pianeta è costretto a vivere con appena il 3%
delle ricchezze complessive, laddove un minuscolo 0,7% controlla beni
pari al 45,2% del totale. Ancora, il 10% della popolazione può contare
sull’87,7% delle ricchezze, lasciando al 90% degli adulti appena il
12,3% dei beni totali. Come già ricordato, l’1% detiene infine il 50,4%
dei beni, una soglia altamente simbolica che secondo alcuni studi
precedenti sarebbe stata superata solo nei prossimi anni.
A
dare l’idea della scarsità di beni che possiedono coloro che si trovano
alla base della piramide basta citare un dato, cioè che sono
sufficienti poco più di 3 mila dollari per essere inclusi nella metà più
“ricca” della popolazione mondiale.
Per rientrare nel 10% più benestante di dollari ne bastano invece
quasi 69 mila. La definizione di ricchezza considerata da Credit Suisse
comprende, oltre al denaro, proprietà immobiliari e titoli azionari,
mentre dal conteggio sono esclusi i debiti.
Come conferma il
rapporto, le disuguaglianze sono rapidamente aumentate in tutto il mondo
dopo la crisi finanziaria scaturita da Wall Street nel 2008. A generare
un ulteriore spostamento verso l’alto della ricchezza sono stati e
continuano a essere soprattutto i programmi pubblici di salvataggio
delle grandi banche e l’espansione del credito di fatto a costo zero
che, invece di stimolare l’economia reale, ha ingigantito le rendite
parassitarie.
Significative sono anche le differenze tra i vari
continenti o paesi del mondo. Se la ricchezza complessiva degli Stati
Uniti è cresciuta finora nel 2015 di 4 mila 600 miliardi di dollari,
nonostante un calo a livello globale di 12 mila 700 miliardi,
principalmente a causa del rafforzamento del dollaro, i paesi
dell’Unione Europea, la Russia e il Giappone hanno fatto segnare
flessioni importanti. Quella della Cina è poi salita di 1.500 miliardi
di dollari, anche se lo studio prende in considerazione i dati fino al
30 giugno scorso, tralasciando quindi il recente crollo del mercato
azionario in questo paese.
Simili differenze hanno ovviamente
riflessi rilevanti all’interno del sistema capitalistico globale.
Infatti, la crescita e la perdita di ricchezza soprattutto delle potenze
mondiali contribuisce a inasprire i conflitti o, quanto meno, a
peggiorare le relazioni tra i paesi, come conferma l’aggravamento delle
tensioni in molte aree del globo, a cominciare dal Medio Oriente e
dall’Asia sud-orientale.
La sempre maggiore concentrazione di
ricchezze nelle mani di pochi è il sintomo anche dello stato di avanzato
deterioramento in cui versa lo stesso capitalismo planetario, con tutte
le conseguenze distruttive che ne derivano per le popolazioni del
pianeta.
La
disponibilità virtualmente illimitata di beni per un numero
ristrettissimo di ultra-ricchi determina infatti automaticamente un
degrado delle condizioni di vita di tutti gli altri, principalmente a
causa di effetti devastanti in vari ambiti, dall’assistenza sanitaria
allo stato delle infrastrutture e all’educazione.
Uno scenario,
quello che si sta delineando, che non può che alimentare tensioni
sociali sempre più esplosive, dirette alla riappropriazione di risorse
enormi, dirottate deliberatamente verso l’alto e che sarebbero invece
abbondantemente sufficienti a garantire i bisogni fondamentali
dell’intera popolazione del pianeta.
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