Un altro cappio intorno al collo della Grecia. Nella notte pare sia stato raggiunto un accordo – resta l’arcigna diffidenza del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble, che però viene descritto come “possibilista” – su come Atene dovrà rispettare gli impegni presi sul nodo del debito.
La notizia, prevedibile, è che ci saranno nuovi debiti (“aiuti” per 7,4 miliardi) che serviranno a pagare quelli vecchi in scadenza, con ovvio aggravio della situazione. Per ottenere questo brillante risultato il governo Tsipras si impegna a tagliare ulteriormente le pensioni, a ridurre il limite dell’esenzione fiscale (da 8.636 a 6.000; in pratica un piccolo impoverimento dei più poveri) e a privatizzare le ultime aziende ancora di proprietà o a partecipazione pubblica (nel settore elettrico, fondamentalmente).
L’accordo era ritenuto “necessario” perché in caso contrario, alla scadenza fissata per il pagamento delle vecchie tranche (30 giugno) sarebbero scattate sanzioni tali da buttare la Grecia ancora una volta sulla via della forzata uscita dall’euro, senza peraltro alcuna politica elaborata per affrontare una simile eventualità.
Il governo rosè di Tsipras si preoccupa anche di mettere in evidenza le “contropartite” ottenute in questa debacle: la contrattazione collettiva (annullata dopo i precedenti accordi con la Troika) potrebbe essere ripristinata dal settembre 2018, e il governo potrebbe essere autorizzato – in futuro – a stanziare fondi per il sostegno ai bambini e aiuti alle famiglie con reddito più basso. Ma solo se nel frattempo avrà rispettato alla lettera tutti gli impegni sottoscritti che, come si vede dalla materia fiscale, prevedono per il momento un ulteriore salasso a carico delle fasce più deboli.
Per capire la misura in cui il governo è ostaggio dei “debitori” bisogna infatti sapere che sono questi ultimi a fissare gli obiettivi di “avanzo primario” del bilancio pubblico (le entrate debbono essere obbligatoriamente superiori alle uscite). Il tutto avviene allo scopo di “convincere” il Fondo Monetario Internazionale a restare dentro il “piano di salvataggio”.
E’ possibile che vi rimanga, seppure controvoglia, visto che da tempo è il principale organismo sovranazionale a indicare – come unica soluzione possibile per Atene – la “ristrutturazione” (un taglio alle pretese dei creditori) del debito pubblico greco.
Ovvero l'esatto opposto di quel che quest'accordo prevede...
Fonte
Sono sempre più convinto che la Grecia sia stabilmente assurta a laboratorio a cielo aperto socio-economico come lo fu il Cile della dittatura di Pinochet.
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