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27/02/2020

Coronavirus in Italia, la serie tv 3/ Quel desiderio che si tratti di bolla mediatica

terzo episodio: il desiderio di bolla mediatica

“Lei si preoccupa di quel che pensa la gente?” (Quarto potere)

L’andamento dell’epidemia di coronavirus è destinato a seguire, dal punto di vista storico-statistico, un percorso piuttosto chiaro: esplosione, difficoltà immediate di risposte al problema, costituzione di uno stato di emergenza, picco, decrescita. Qui, va detto, come sempre lo stato di emergenza lascerà tracce del suo passaggio nel governo dei viventi: tecnologiche, amministrative, politiche, sociali. Le considerazioni sulla bassa mortalità del coronavirus, diverse piuttosto serie, aiutano certo a capire che non si tratterà certo della peste nera. Il punto è che, nonostante questo, le criticità sistemiche sulle quali il coronavirus incide non sono di poco conto e possono essere, se non le si riduce, anche molto incisive. Ridurre quello che accade, e accadrà, a una bolla mediatica sembra proprio un errore di valutazione piuttosto serio. Ci sono diverse letture sulle possibili bolle mediatiche in corso, e anche diverse bolle, che rendono la situazione un po’ confusa. Per chiarire:

1) c’è un’idea tutta di destra, dai contorni incerti, fatta di accuse di sottovaluzione da parte del governo che genera una bolla, specie sui social, tutta incentrata sullo spettacolo dell’inettidudine governativa e sulla richiesta di misure draconiane quanto spettacolari (alcune efficaci solo su quel piano). Per non parlare dell’etnicizzazione delle responsabilità del virus, elemento di bolla mediatica che, una volta usato contro i cinesi, si è rivoltato contro la stessa cultura di destra (dalle manifestazioni di ostilità contro gli italiani all’estero a quella contro i veneti al sud). Oltre ai social c’è la stampa di destra, persino impagabile nella sua comicità involontaria, che, nel momento in cui denuncia quella che pensa essere la propaganda del governo, alimenta un senso comune di delirio in questa situazione.

2) C’è un’idea di bolla mediatica, tutta di sinistra, che mescola fenomeni di evidente panico collettivo e previsioni sull’andamento dell’epidemia per concludere che si tratta solo di fenomeni di suggestione. Non manca nemmeno il complottismo di sinistra, quello che vede nella bolla mediatica del coronavirus o un fenomeno di isteria dei sottomessi o la classica “distrazione di massa” per disciplinare meglio la società. Qui dovrebbe essere chiaro che il coronavirus ha bruciato centinaia di miliardi in borsa, e rischia di bruciarne molti di più (qui consigliamo articolo e di seguire il blog tra i migliori in 20 anni), e messo a serio stress molte filiere strategiche della globalizzazione. A meno che non si tratti del caso patafisico un complotto del capitalismo contro sé stesso le armi di distrazione di massa vere costano molto meno e non mettono in difficoltà finanza e produzione globali.

In ogni caso tutti prendono le distanze dalla “bolla mediatica”, persino il governo che ha chiesto alla Rai di abbassare i toni più possibile, quanto allo stesso tempo tutti la desiderano: a destra per giocare allo sfascio, all’etnicizzazione della “colpa” del virus e alla richiesta di misure spettacolo (il classico denunciare le fake news per produrne di altre e più devastanti); a sinistra giusto per aver trovato un modo di spiegazione della realtà che non mette in discussione nulla delle convinzioni rimaste; nel governo per scaricare sui media le criticità politiche tipiche di uno stato di emergenza.

Già perché il problema è che il coronavirus, e le misure sanitarie che richiede per combatterlo in quanto virus sconosciuto, a prescindere dal numero di morti blocca e mette in discussione le delicate filiere della globalizzazione produttiva – tanto più oggi che non è più questione solo cinese e si è diffuso a livello globale – ed è qualcosa di amplificato dalle criticità sofferte da tutti i flussi di finanza globale che sono legati a queste filiere. È inutile recitare il rosario dei fattori inquinanti, della patologie e delle criticità ben maggiori rispetto al coronavirus. QUI e ORA, per i motivi indicati, il coronavirus è un fattore di criticità sistemica mentre il riscaldamento globale, l’inquinamento da polveri sottili, la denutrizione del mondo, le cavallette etc. nel limitato oggi in cui pensa il capitalismo non lo sono. Un sistema messo in difficoltà da una polmonite? Era chiaro accadesse così, per chi ha seguito le tappe della nascita della globalizzazione dall’inizio degli anni ’90 ad oggi. Poi, quando tutto sarà finito, una volta fatto il conto reale delle vittime e dei danni, vedremo cosa ne sarà venuto fuori.

Parlare di bolla mediatica è anche difficile tenendo conto che le paranoie collettive emergono comunque sia che le notizie siano centrate sia che siano esagerate, inoltre, una serie di piccoli punti utili di lettura dei fenomeni in corso:
1) I continui bias di Salvini di per sé non legittimano la tesi che, al contrario di quanto sostiene il leader della Lega, non sta accadendo nulla;
2) ogni misura di emergenza per natura ha caratteri, e decreti, che provocano effetti apertamente surreali. Questo non legittima la tesi che l’emergenza è inutile o non c’è;
3) ci sono studi di virologi stranieri quotati nel loro bravo paese occidentale che sostengono che il coronavirus è almeno dieci volte più letale dell’influenza.  Quando nella scienza medica le discordanze sono forti si tratta di saper comparare tra gli studi senza aggrapparsi allo “scienziato” che fa più comodo;
4) i problemi sociali del coronavirus, da quanto si capisce, sono due: tasso di infettività e di decessi da infezione. Se il primo è alto allora possono esserlo anche i decessi. Se non vengono spenti i focolai di infezione, se questi si moltiplicano dovremo fare i conti con un problema che non dura giorni e che è già fuori dalla Cina;
5) l’impatto sul nostro sistema sanitario, sull’economia e sul modo complessivo di vivere del nostro paese si vede già in questi giorni figuriamoci dopo;
6) altri paesi da quello che si legge da fonti qualificate stanno studiando misure molto simili all’Italia in caso di contagio simile al nostro.

La vicenda coronavirus può finire presto o tardi. Con relativamente pochi o tanti danni. Ma non è una bolla mediatica. È la dimostrazione che le criticità dell’economia e della finanza globali si rilevano in dettagli magari visibili al solo microscopio. In questo senso l’ingrandimento dell’immagine del coronavirus che appare su tutti i media del mondo è il simbolo attuale di questo genere di capitalismo.

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