27/02/2020
Coronavirus - L’Italia verso la recessione
Il governo ha approvato un decreto d’urgenza con un rapido passaggio parlamentare per far fronte all’epidemia di coronavirus. Tra le misure adottate, alcune hanno un carattere inquietante.
Tra queste ci sono il divieto di allontanamento e quello di accesso al Comune o all’area interessata dall’infezione ma anche la sospensione di manifestazioni, eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato.
Ci sono poi la sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole e dei viaggi di istruzione; la sospensione dell’apertura al pubblico dei musei; la sospensione delle procedure concorsuali e delle attività degli uffici pubblici, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità; l’applicazione della quarantena con sorveglianza attiva a chi ha avuto contatti stretti con persone affette dal virus e la previsione dell’obbligo per chi fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico di comunicarlo al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente, per l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.
Insomma un mix di misure di ragionevole prevenzione ma anche di sospensione dell’agibilità democratica e della vita sociale. Il divieto di riunione e manifestazione quanto e dove verrà esteso o è estendibile?
Ma il governo sta lavorando anche ad un paio di decreti legge di aiuti economici dall’impatto ”importante”. La preoccupazione evidente è quella secondo cui se a causa delle misure di contenimento del coronavirus si ferma il Nord, l’Italia rischia la recessione. A riferirlo al quotidiano economico Milanofinanza.it sono alcune autorevoli fonti della maggioranza.
In pochi giorni le autorità sanitarie hanno identificato quasi 400 casi di coronavirus (Covid-19) principalmente nelle due regioni del Nord più ricche: Lombardia e Veneto. In questo momento, l’Italia sembra essere il paese con il maggior numero di casi al di fuori dell’Asia.
Questo ha portato le autorità italiane ad attuare misure straordinarie in diverse regioni del Nord per limitare il contagio. Scuole, eventi sportivi, raduni pubblici e la maggior parte dei servizi pubblici e degli uffici sono stati sospesi per una settimana e alcune città sono state messe in quarantena. Anche le imprese private sono state colpite, un certo numero ha incoraggiato i dipendenti, lì dove possibile, a lavorare da casa attraverso lo smart working o telelavoro.
Ma gli effetti di questa emergenza potrebbero essere molto pesanti. Secondo l’agenzia di rating Moody’s lo scoppio dell’epidemia pesa sulle “già deboli prospettive di crescita dell’economia italiana e aumenta il rischio che l’Italia scivoli nella recessione”, sottolineando come il rating sul debito del nostro Paese già “incorpora le nostre aspettative di un profilo di crescita debole, anche senza tenere conto dell’impatto del virus”. Per ora comunque nessun abbassamento del rating ma una conferma di quello precedente: “un ulteriore, ma temporaneo, indebolimento della crescita non cambia quindi sostanzialmente il nostro giudizio” spiega Moody’s.
L’agenzia di rating sottolinea poi come, nonostante le incertezze che permangono su profondità e durata dell’epidemia, “è probabile che si verifichino ricadute negative temporanee su consumi e produzione”.
Data la crescita negativa del pil italiano anche nel quarto trimestre 2019 (-0,3%), il rallentamento globale dell’economia, le misure imposte e l’impatto sociale riguardo al virus che potrebbero non placarsi rapidamente incidendo negativamente sui consumi, l’Italia, è la valutazione niente affatto dissimile di Carlo Capuano, analista di Dbrs Morningstar, potrebbe sperimentare una recessione tecnica (ossia due trimestri consecutivi di crescita negativa).
D’altra parte il già negativo impatto della debolezza della domanda estera è ora accompagnato dal rischio di interruzioni prolungate e diffuse dell’attività economica italiana. L’Italia è altamente esposta al contesto internazionale a causa della sua elevata integrazione con le attività manifatturiere europee (in particolare sulla filiera tedesca) ed ora probabilmente dovrà fare i conti anche un calo del turismo e delle attività economiche legate al commercio e alla ristorazione.
Con l’aumentare del numero di nuovi casi di coronavirus, il governo italiano ha davanti a se il rognosissimo compito di adottare misure adeguate per ridurre la trasmissione del virus, e al contempo, il rischio di alimentare con esse eventuali timori pubblici potenzialmente eccessivi che frenano ulteriormente la crescita.
“La crescita del pil italiano è stata la più debole in Europa nel 2019 e i dati recenti continuano a indicare una performance modesta prolungata. Il pil si è contratto dello 0,3% su base trimestrale nel quarto trimestre 2019, la peggiore performance dal primo trimestre 2013. Un impatto negativo dello 0,2% non è di buon auspicio per la crescita quest’anno se le esportazioni, il turismo e l’attività economica dovessero anche patire in modo consistente l’impatto del virus”, ha aggiunto l’analista di Dbrs.
Banale, come di consueto, la valutazione del neocommissario europeo agli affari economici Paolo Gentiloni, secondo cui “La sola certezza che abbiamo è che avremo un impatto economico". Il commissario all’Economia, ammette che il Coronavirus si farà sentire sui mercati, nazionali e internazionali, e questo a Bruxelles l’intero Commissione europea lo sa bene.
Quello che però nessuno sa, in questo momento, è la portata delle conseguenze. Per questo si corre ai ripari immaginando politiche anti-crisi. “Una stima seria non è possibile” dichiara Gentiloni, ma considerando che la sola Cina rappresenta il 18% del Prodotto interno lordo mondiale, “l’epidemia avrà certamente un impatto notevole sull’economia mondiale e sull’economia europea”.
L’Italia – senza misure shock ma di segno completamente opposto a quello liberista e ai vincoli di bilancio europei – difficilmente potrà sottrarsi alle conseguenze di tutto questo. Sarebbe decisivo un completo rovesciamento dei parametri e delle priorità, a cominciare dal ripristino di un Servizio Sanitario Nazionale centralizzato e abbondantemente finanziato. Per ora hanno preferito blindare la vita sociale del paese e c’è da augurarsi che non ci prendano gusto e non si facciano prendere la mano. Se non hanno risposte da dare, il rischio diventa quello che impediscano di porre domande.
Fonte
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento