Mentre l’attenzione dell’Italia verso la Russia era ieri concentrata sull’incontro, a Roma, tra i Ministri degli esteri e della difesa, rispettivamente Luigi Di Maio e Sergej Lavròv, con Lorenzo Guerini e Sergej Šojgù, ai rapporti tra i due paesi e alla crisi libica, in Russia continua il dibattito sulle correzioni da apportare alla Costituzione.
Sorvolando sulla composizione del larghissimo e bizzarro gruppo di lavoro per la riforma costituzionale, un’occhiata veloce alle proposte di emendamento dà l’impressione, scrive Rustem Vakhitov sull’organo ufficioso del KPRF, Sovetskaja Rossija, che si voglia spaziare sull’intero corso dell’esistenza umana. Dai russi come popolo formativo della nazione, alla famiglia come unione di uomo e donna, alla Russia quale vincitrice nella Seconda guerra mondiale e in possesso dell’arma nucleare, fino alla “costituzionalizzazione” di dio.
Se nell’inno russo possono esserci parole come “terra natia protetta da dio”, avrebbe detto il patriarca Kirill, perché non può esserci un riferimento anche nella Costituzione? Il deputato di Russia Unita Aleksandr Iltjakov ha appoggiato la proposta di Kirill: bisogna pensare a ciò che ci sarà dopo la morte e “non a costruire il paradiso in terra”, ha salmodiato.
Il polilogo Konstantin Semin osserva che, se nella Costituzione sovietica l’art. 6 riservava il ruolo di guida al Partito comunista, come rappresentante degli interessi della maggioranza dei lavoratori, ora la nostra classe dirigente ha bisogno di qualcosa di analogo da inserire nell’edificio costituzionale, che lo preservi dal crollo. Kirill predica i principi del solidarismo, su cui si basavano Italia e Germania negli anni ’30: l’artificiale rimozione delle contraddizioni di classe attraverso un’idea generale… dio, ad esempio.
Nulla di nuovo: questo è quanto serve alla borghesia per tenere sotto controllo la società. In intesi, dice Semin: se uno ruba e l’altro esorta a guardare il cielo e pregare, allora significa che sono d’accordo.
Ovviamente, la maggiore novità della riforma è il previsto inserimento del Consiglio di Stato nella Costituzione; la classe dirigente, scrive Rustom Vakhitov, ha scelto il modello policentrico, al posto dell’attuale piramide, al vertice della quale siede un arbitro che risolve i conflitti tra i principali clan politici ed economici. Quel modello corrispondeva alla situazione di fine anni ’90 e oggi è obsoleto: i clan finanziari sono più tranquilli se si raggiunge un compromesso tra diversi centri di potere.
Ancora su Sovetskaja Rossija, il deputato del KPRF Oleg Smolin, in una sterminata analisi (su cui sarà il caso di tornare), ironizza sul clamore sollevato a proposito di “fondamentali riforme” proposte da Putin, in particolare gli “indennizzi” alle categorie più svantaggiate, già ridotti a zero dall’inflazione e la presunta supremazia della Costituzione sulle norme internazionali cui abbia aderito la Russia, che pare si riduca alla supremazia su eventuali successive correzioni a quelle norme, ma non alle norme stesse.
In ogni caso, di qualunque proposta di correzione si tratti, scrive ancora Vakhitov, non ha alcun significato: il testo che verrà adottato, è probabilmente da tempo già al Cremlino e solo pochi ne conoscono il contenuto, a cominciare ovviamente dal presidente. Quando Putin salì al potere, la propaganda lo rappresentò come una sorta di “Stierlitz” (il protagonista del serial televisivo degli anni ’70 “Diciassette attimi di primavera”: un agente sovietico infiltrato nelle più alte sfere di Gestapo e SS, ndr), che conquista la fiducia dei “nemici del popolo”, cioè degli oligarchi eltsiniani, che lo fanno salire fino al “vertice”, e invece egli si rivelerà un patriota dell’URSS e protettore del popolo, fustigatore dei borghesi “compradori-democratici”!
E la gente ci ha creduto a lungo, scrive Vakhitov, nonostante il fatto che il “Patriota N.1” abbia ripetutamente dichiarato di considerare l’URSS un “errore fondamentale” e la sua “rinascita una sciocchezza”, di odiare il socialismo, che l’URSS non sapeva costruire che “calosce che solo gli africani volevano comprare”, che Lenin non fu un politico, ma un rivoluzionario, che piazzò una mina sotto lo stato russo, di voler “rapporti costruttivi” col grosso business. E via di questo passo; fino alla “riforma” delle pensioni in Russia, che non ha bisogno di tante illustrazioni: è uguale in ogni paese.
Sarà dunque per caso che il rating di Putin sia sceso oggi al 35%, contro il 59% del novembre 2017?
Sarà un caso che oggi un giudice della Corte Costituzionale – non un qualunque “pretore” di provincia – arrivi a definire l’Unione Sovietica uno “stato creato illegalmente“, dichiari che la Federazione Russa non dovrebbe essere considerata il successore giuridico delle “azioni terroristico-repressive” dello stato sovietico e dovrebbe godere dello status costituzionale di potere “non coinvolto in crimini totalitari“?
La sortita è del giudice Konstantin Aranovskij, fatta a integrazione di una sentenza della Corte Costituzionale, su un quesito sollevato da tre moscovite, nate al confino, in cui erano stati inviati i loro genitori, e che oggi vorrebbero rientrare in possesso degli alloggi all’epoca requisiti. Al contrario delle autorità municipali di Mosca, la Corte si è espressa a favore delle donne.
Aranovskij, d’accordo con la deliberazione, vi ha aggiunto la questione della “responsabilità giuridica della Russia per i crimini commessi dallo stato sovietico”, in un “paese a lungo dominato da un regime basato sulla violenza di un ristretto gruppo di funzionari comunisti”, e ha dunque evidenziato che l’attuale stato russo è stato creato non come successore dell’Unione Sovietica, bensì “al suo posto e contro” l’URSS.
Il giudice sostiene che la Russia debba risarcire i danni causati dall’URSS, non come erede di quello stato le cui colpe sono “incommensurabili e letteralmente insopportabili”, ma “per responsabilità e misericordia”.
Vista da fuori, la questione appare a dir poco intrigante. Dal punto di vista politico, come non concordare con le parole del giudice, che la Russia eltsiniano-putiniana sia nata “al posto e contro” l’URSS?
Il deputato del KPRF, Dmitrij Novikov, ha dichiarato che Aranovskij non poteva dire nulla di più strano. La Russia è riconosciuta a tutti gli effetti erede giuridico e successore dello stato sovietico: si tratta di “due termini giuridici diversi, ugualmente importanti per valutare lo status della Russia”. Secondo Novikov, tale giudizio fornisce un ulteriore “argomento a quegli anti-sovietici che cercano di gettar fango sul nostro passato”.
Detto fatto, il pubblicista Nikolaj Svanidze sentenzia che “la Russia è il successore sia dell’Impero russo che dell’URSS”, la seconda “creata illegalmente, poiché il colpo di stato dell’ottobre 1917 era illegale. Ma ciò non significa che dobbiamo giustificare le repressioni”.
Ovviamente, molte cose fanno gola e dispiace rinunciarvi: “In termini culturali e storici, siamo emersi dall’Unione Sovietica. Questo ci dà alcuni diritti, compresi quelli internazionali, come l’adesione al Consiglio di sicurezza ONU. Ma ciò non significa che dobbiamo agire come l’URSS. Non siamo obbligati a giustificare le repressioni“.
Gli risponde indirettamente il membro del CC del KPRF, Nikolaj Vasilev: “Allora la Russia dovrebbe cedere il seggio al Consiglio di sicurezza e dovrebbe dichiarare di non aver nulla a che fare con la vittoria nella Grande guerra patriottica”.
È piuttosto strano ascoltare tali dichiarazioni da un giudice della Corte Costituzionale alla vigilia dell’anniversario della vittoria nella Grande guerra patriottica, afferma lo storico Boris Julin: se “la Federazione Russa non è il successore dell’URSS, di che tipo di coinvolgimento nella Vittoria parlano le nostre autorità? E perché dovremmo continuare a ‘fare pentimento per il passato sovietico’, se le autorità si dissociano così apertamente dall’URSS?”
In un’intervista a Nakanune.ru, Julin ha dichiarato che la leadership cerca da tempo di star seduta su due sedie, ma le parole di Aranovskij dimostrano che stanno abbandonando una sedia. Da un lato, odiano l’URSS, giurano che Stalin è peggio di Hitler, continuano a pentirsi per Katyn e simili, dall’altro, vogliono tenersi la “grande vittoria del nostro popolo“, la “camminata nello spazio” e così via. Ma ora, a quanto pare, hanno deciso di buttare la seconda sedia e passare completamente alle posizioni antisovietiche.
Quelle dichiarazioni sono una combinazione di rara stupidità e rara meschinità. Per quanto riguarda lo “stato creato illegalmente”, l’URSS, allora anche la Federazione Russa è stata creata illegalmente: nel 1991 l’Unione Sovietica fu liquidata, ignorando la volontà della maggioranza della popolazione espressa nel referendum. Così pure illegalmente è stata creata la repubblica presidenziale, sulle ceneri della repubblica parlamentare, quando Eltsin compì il colpo di stato nel 1993 e creò la Costituzione odierna.
“In generale, uno stato sorge sempre illegalmente, dal punto di vista dello stato precedente. Si può parlare di quanto fosse legittima la dinastia dei Romanov”, dice Julin, “di quanto fossero legittime le precedenti formazioni statali: tutte sorgono illegalmente, dal punto di vista dello stato precedente. E se la Federazione Russa non è il successore legale di un tale ‘Impero del Male’ quale, secondo loro, era l’URSS, allora in questo caso la Federazione Russa non ha nulla a che fare con i risultati conseguiti dall’Unione Sovietica, come il Giorno della Vittoria o il primo volo nello spazio; si dovrebbero restituire le Isole Kurily al Giappone, la regione di Kaliningrad alla Germania, dato che di ciò siamo entrati in possesso sotto il regime sovietico, a seguito di trattati internazionali firmati dall’Unione Sovietica e dalla leadership sovietica”.
Naturalmente, “questa è l’ideologia dei “vlasovtsi” (il generale Andrej Vlasov, che passò dalla parte dei nazisti e creò l”Esercito russo di liberazione’, ndr), e d’altronde “stiamo promuovendo Ivan Il’in, il più importante rappresentante del fascismo russo: il filosofo preferito del nostro presidente, che non molto tempo fa è stato ritumulato in Russia. Abbiamo monumenti a Kolčak”.
Come non notare, infatti, che le dichiarazioni vengano da un membro di una delle più alte autorità della Russia, osserva ROTFront e siano state espresse ufficialmente. Naturalmente, tale “giudizio non è del tutto conveniente per l’attuale leadership russa, nonostante essa persegua politiche antisovietiche.
La dichiarazione di Aranovskij non dovrebbe essere considerata accidentale. La borghesia russa cerca di consolidare i propri risultati e il proprio potere. L’esempio del primo stato socialista al mondo è abbastanza attraente per i lavoratori, quindi la borghesia fa grandi sforzi per screditare lo stato sovietico perseguendo una politica di desovietizzazione. Le affermazioni di Aranovskij sono, da un lato, una prova per studiare lo stato d’animo della società e, dall’altro, un ulteriore mezzo per influenzare l’opinione pubblica.
“… vaneggianti delirio e oblio di mente ottenebrata e malvagità e lacrime e rabbia”, recitava il grande Ovidio.
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