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29/02/2020

Coronavirus, occasione per attaccare lotte e diritti dei lavoratori

L’Italia è interessata ormai da molte settimane da una forte pressione mediatica intorno alla cosiddetta epidemia da Coronavirus. Il Governo ha emesso numerose disposizioni per affrontare lo sviluppo dell’epidemia nonostante molti autorevoli ricercatori italiani sostengano non si tratti di una epidemia ma di una normale influenza che non produrrà un numero maggiore di decessi di quelli registrati ogni anno.

In queste settimane sono apparse evidenti in particolare due questioni rilevanti in tema di tutela della salute:

1) la sanità pubblica è stata investita da un grande numero di richieste di intervento e di ricoveri a cui non riesce a fare fronte a causa della chiusura di numerosi ospedali e della riduzione dei posti letto e del personale medico e paramedico che sono stati realizzati nel corso degli anni per favorire la crescita della sanità privata. In questa occasione è diventata evidente a tutti la completa inutilità della sanità privata nel fronteggiare delle emergenze nonostante abbia ricevuto enormi finanziamenti che invece si sottraevano alla sanità pubblica.

2) Il decentramento a livello regionale della sanità pubblica, per favorirne la privatizzazione, ha impedito che ci fosse una regia nazionale di risposta al fenomeno coronavirus ed ha creato confusione e ritardi nel soccorso.

In questo clima vanno registrati due fatti: sono i ricercatori precari, di cui l’USB chiede da anni la stabilizzazione, ad aver dato il maggior contributo nella individuazione del virus e degli strumenti per aggredirlo; i lavoratori della pubblica amministrazione in generale, ma della sanità in particolare, hanno consentito di affrontare la situazione di criticità sociale nonostante da anni siano ferme le assunzioni, non sia stato realizzato il turn over necessario, vivano perennemente in emergenza con salari veramente indecenti.

Gravi però sono le disposizioni emanate dal Governo italiano sotto forma di decreti immediatamente operativi che hanno:

- bloccato ed impedito scioperi, manifestazioni, assemblee, perfino le riunioni ed ogni altra forma di iniziativa politica e sindacale;

- militarizzato completamente il territorio attraverso l’utilizzo dell’esercito per garantire il rispetto delle ordinanze;

- chiuso le scuole e le università praticamente in tutto il nord Italia;

- imposto a migliaia di lavoratori delle zone più esposte al contagio di lavorare da casa, svincolando così l’introduzione dello smart working da ogni contrattazione sindacale e riducendo la possibilità di tutelare i diritti dei lavoratori allontanati dai luoghi di lavoro e realizzando con questo cospicui risparmi per le aziende;

- accelerato le procedure di licenziamenti collettivi e di cassa integrazione, vedi Alitalia e altre aziende strategiche, confidando nella disattenzione e nell’impossibilità di lottare per contrastarle;

- bloccato le importazioni di merci dalla Cina così costringendo molte aziende alla chiusura temporanea per mancanza di approvvigionamenti di materiali e condannando alla cig milioni di lavoratori.

Gli appelli congiunti di queste ore dei padroni e dei sindacati complici a unire le forze lasciando da parte critiche e distinguo non sono altro che il segnale di via libera al governo per proseguire su questa strada, che vede il Paese investito da una ventata reazionaria che rischia di stabilizzare un clima di normalizzazione complessiva della società e quindi di criminalizzazione dei conflitti sociali e lavorativi che respingiamo con forza chiamando i lavoratori alla massima vigilanza e determinazione per impedire il consolidamento di questa evidente tendenza.

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