di Alessandra Daniele
Una
pandemia apocalittica, causata da un virus creato e diffuso per
sterminare l’umanità, favorendo così l’invasione aliena: è questo
l’elemento della mitologia di X Files che oggi fa della storica serie la candidata ideale per la nuova rubrica di Carmilla AltroQuando.
In Italia X Files andava in onda la domenica sera su Italia 1.
Se ne parlava il lunedì mattina a scuola, e sulla rete, che era ancora
giovane. Si parlava specialmente degli episodi sulla cospirazione
umano-aliena. X Files ha allevato almeno tre generazioni di complottisti.
Senza, probabilmente non ci sarebbe stato il Movimento 5 Stelle.
The X Files di Chris Carter debutta nel 1993, quando il Word
Wide Web non esiste ancora, e i cellulari somigliano ai vecchi
comunicatori di Star Trek TOS. La guerra nell’ex Jugoslavia
continua, l’Italia è percorsa da attentati politico-mafiosi, il trattato
di Maastricht sta entrando in vigore, e George Bush Sr. ha da poco
ceduto il posto a Bill Clinton.
Le ascendenze della serie, che ibrida efficacemente poliziesco, horror e
fantastico, sono ben riconoscibili fin dai protagonisti: Fox Mulder è
praticamente un collega dell’agente Cooper di Twin Peaks, e Dana Scully della Clarice del Silenzio degli Innocenti.
Fra i due “investigatori dell’impossibile”, la tipica dinamica
conflitto-complicità inesorabilmente destinata a diventare amore.
Se il motto di Mulder è I want to Believe, a Scully tocca il ruolo della scettica positivista, almeno all’inizio.
X Files si distingue però fin dal pilot soprattutto per la vocazione complottista.
All’inizio, la cospirazione fra poteri forti e alieni
invasori (i classici misteriosi omini grigi) è adoperata come
trasparente metafora di orrori ben più reali della storia degli Stati
Uniti, dagli accordi coi nazisti prima, durante e dopo la Seconda Guerra
Mondiale, alle proxy war e ai golpe orchestrati dalla CIA in giro per
il mondo, dagli omicidi politici degli anni ’60-'70, agli esperimenti con
la radioattività subiti da migliaia di cittadini ignari durante la
corsa agli armamenti nucleari della Guerra Fredda.
Col passare degli anni e delle stagioni però la trama complottista
deraglia, in un proliferare di espedienti da feuilleton, parentele
improbabili, gravidanze mistiche, supercazzole eugenetiche, e derive
vagamente assolutorie, finendo per rivelare che il diabolico Uomo che
Fuma, cospiratore capo, killer di Kennedy, nonché padre segreto sia di
Mulder che del telecinetico figlio in provetta di Scully, starebbe in
realtà collaborando con gli invasori alieni col segreto proposito di
sviluppare un vaccino per il virus alieno.
Mentre la trama orizzontale si deteriora, gli episodi autoconclusivi –
la maggior parte – continuano però a fornire una collezione di godibili
Weird Tales, fra le quali spiccano quelle firmate dal Vince Gilligan di Breaking Bad, che proprio sul set d’un suo memorabile episodio, Drive, conoscerà Bryan Cranston.
Nelle ultime stagioni, quando una nuova sbiadita coppia di agenti FBI
subentra in parte a Mulder e Scully, la trama complottista precipita
definitivamente, spegnendosi in un finale raffazzonato che nel 2002
annuncia l’avvento degli alieni per il famigerato 12 dicembre 2012.
14 anni dopo la cancellazione della serie (e 4 anni dopo l’appuntamento mancato) X Files
ritorna brevemente in onda, mettendo in scena la pandemia ritardataria
per poi rimangiarsela nell’episodio successivo, rimandandola di nuovo a
data da destinarsi, nel vano tentativo fuori tempo massimo di
resuscitare la serie nell’era in cui ormai il complottismo è diventato
mainstream, ufologi e terrapiattisti sono al governo, e nelle
generazioni allevate da X Files, Resident Evil, The Walking Dead, la comparsa di ogni nuovo virus scatena sempre, immancabilmente, paranoie – ed entusiasmi – da apocalisse imminente.
È questo il Big One che stiamo aspettando?
Potremo finalmente saccheggiare i supermercati e sparare ai vicini di casa?
Alla tagline di X Files “La verità è là fuori” si potrebbe oggi
replicare parafrasando Corrado Guzzanti: la risposta è là fuori. Però è
sbagliata.
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