di Alessandro Peregalli
[Dialogo con Adriana Guzmán, femminista aymara attiva in uno
spazio politico chiamato Femminismo Comunitario Antipatriarcale, che in
questi anni ha partecipato, seppur con una visione critica dei governi
di Morales, al cosiddetto proceso de cambio. L’autore le ha incontrate a
El Alto, nella zona metropolitana di La Paz].
In Bolivia nell’ottobre e novembre scorsi si è consumato un colpo di Stato?
Il golpe è stato progettato fin dal 2016, quando ci fu il
referendum sulla possibilità di rielezione per Evo Morales. Dopo la
vittoria referendaria del No, e contro il ridicolo tentativo di Evo di
presentarsi lo stesso, l’opposizione organizzò la campagna Bolivia dijo No, “la Bolivia ha detto no”. Da allora l’opposizione è andata dicendo che ci sarebbero stati brogli elettorali.
Quel referendum in realtà Evo lo perse per via di uno scandalo su un
suo presunto figlio non riconosciuto. Come femministe, anche se capivamo
che lo scandalo era strumentalizzato dall’opposizione e dagli Stati
Uniti, abbiamo comunque considerato che Evo dovesse farsi da parte.
Oltretutto, eravamo di principio contro la ri-candidatura, perché non
crediamo nei processi caudillisti. Però il MAS decise di candidare Evo lo stesso.
Ed è così che, dal giorno dopo il voto, sono iniziate le
manifestazioni: ed erano manifestazioni razziste, con aggressioni alle
donne indigene, sfregio della whipala (la bandiera dei popoli originari, Ndr). È stato il venire alla luce di un razzismo che per 13 anni era rimasto
sotterraneo. È stato allora che abbiamo sentito il colpo di Stato;
prima ancora che cadesse Evo, noi donne indigene il golpe già lo sentivamo nei nostri corpi: ci incontravamo nelle strade, ci guardavamo, e avevamo paura, paura della persecuzione.
I manifestanti contro il fraude di Evo erano tutti golpisti e razzisti?
No, c’era un grosso settore urbano che stava lì, legittimamente, a
difendere il proprio voto. Ma c’è stata una grande strumentalizzazione
da parte dei settori civici golpisti, che hanno imposto la loro agenda, e
le tante persone che si mobilitavano legittimamente non hanno saputo
mettere un limite al fascismo, non hanno saputo dissociarsi.
Ci sono stati anche molti casi di studenti che hanno partecipato prima alle mobilitazioni contro il fraude di Morales e poi a quelle contro il golpe di Añez. Un episodio terribile è avvenuto dopo il massacro di Senkata (19 novembre, NdR),
quando un gruppo di universitari è salito a El Alto in appoggio alla
resistenza, e i manifestanti indigeni, che in molti casi erano i loro
stessi genitori o familiari, li hanno cacciati dicendoli: “voi siete
traditori, non siete indios come noi”.
Il 20 ottobre ci sono stati brogli elettorali?
Non si può escludere, anche se non sono stati provati. Indubbiamente
ci sono state molte irregolarità ai seggi, è possibile che ci siano
stati tentativi di fare un fraude, anche se sinceramente credo che sia mancata la struttura necessaria per fare un fraude vero
e proprio. Però anche ammesso che ci sia stato, quello che non si può
fare è giustificare un colpo di Stato per via di una frode elettorale.
Un aspetto torbido è stato poi il ruolo dell’OSA (Organizzazione degli Stati Americani, NdR),
che dopo giorni di violenze, in cui non si capiva cosa stesse
succedendo, in cui c’era tutta una campagna mediatica (non si sa se vera
o falsa) sui saccheggi da parte di gente del MAS, in cui i golpisti
hanno occupato la sede del sindacato indigeno aymara CSUTCB e hanno
sequestrato, e poi ucciso, il giornalista Sebastián Moro, in una
situazione di questo tipo la OSA che fa? Emette un report preliminare, in cui nonostante non dica che ci sia stato fraude (il documento parla di “irregolarità”) raccomanda però di rifare le elezioni per via della situazione socialmente instabile. Tra l’altro un report preliminare
il cui documento definitivo arriverà solo un mese dopo. Ma allora,
viene da chiedersi, che elementi avevano un mese prima? Al massimo
qualche appunto... Una mossa come quella, in quella situazione, è stata
una bomba: da allora si sono moltiplicati gli assalti alle case dei masistas (del MAS) e i tentativi di stupro alle nostre compagne.
Come valuta i 14 anni di governo di Evo Morales?
In questi anni non siamo stati capaci di costruire un altro Stato, un
altro tipo di democrazia. Non è stata solo un “tradimento” di Evo,
piuttosto dovremmo chiederci qual è stata la responsabilità delle
organizzazioni sociali. Perché nel 2003 avevamo un’agenda, l’Agenda di
Ottobre, discussa in tutte le strade di Bolivia. Evo, che non mi è mai
piaciuto, che non ha una cosmovisione indigena, ma che era l’unico
candidato in grado di vincere, doveva solo compierla. Ma noi siamo stati
ingenui, ci siamo illusi che tale agenda potesse compierla lo Stato, il
governo, e invece Evo ha iniziato a cedere ai capitalisti, a governare
per i capitalisti, e noi avremmo dovuto dirgli: se non governi per noi,
allora vattene. Dal nostro punto di vista, il governo doveva essere solo
un argine contro la destra, mentre noi dalle organizzazioni di base
trasformavamo il paese. E invece lo Stato ha cooptato le organizzazioni.
E il MAS, da semplice Strumento Politico (il suo nome completo è
infatti MAS-IPSP, Movimento Al Socialismo-Strumento Politico per la
Sovranità dei Popoli, NdR), ha smesso di ubbidire alle organizzazioni si è trasformato in un partito come gli altri.
Nonostante tutto questo, ci sono però state anche cose importanti.
Per esempio, abbiamo ottenuto grandi avanzamenti in termini di dignità
della popolazione indigena. Ora nessuno ci fa scendere dal minibus, o ci
impedisce di masticare coca in un edificio pubblico. È stato posto il
tema del patriarcato, non solo nelle accademie ma nelle comunità. Ci
sono stati anche molti investimenti nelle comunità, infrastrutture
comunitarie, trasformazioni concrete. I finanziamenti per l’educazione
pubblica sono cresciuti enormemente, e sono stati fatti progetti di
educazione comunitaria che coinvolgono quartieri interi e che
funzionano. Tutto questo è stato ottenuto grazie al governo? In parte. E
in parte dal lavoro delle organizzazioni e, potremmo dire, nonostante
il governo.
Certamente è stata anche un’epoca di enormi profitti per i
capitalisti, e il governo ha condonato alle imprese debiti che non
condona alle comunità. E allora si domanderà: perché fare il colpo di
Stato? Perché l’élite vuole recuperare il potere coloniale sui nostri
corpi. Una volta una giornalista chiese al vecchio leader
aymara, Felipe Quispe, perché stesse generando divisioni nella
popolazione boliviana, e lui rispose: “Perché non voglio che mia figlia
sia la tua domestica”. Ed è questa la trasformazione più grande, più
concreta. Oggi un’indigena trova più dignitoso vendere cibo per strada
che curare i figli dei ricchi o pulire le loro case.
Come descriveresti il governo di Jeanine Añez, per ciò che ha fatto finora?
In parte è un classico governo di destra, che vuole distruggere, nel
minor tempo possibile, tutto quel che ha fatto il governo precedente, e
che gli dà la colpa di tutto. Però in questo caso non si limita a voler
distruggere le conquiste materiali, ma agisce molto sul simbolico. Cerca
di vendere l’idea di una democrazia della bandiera nazionale contro la
democrazia indigena della whipala, un’idea di pace sociale,
un’idea di “ritorno di Dio nel Palacio Quemado”. E poi cerca di
instaurare l’idea della donna pacificatrice, che risolve il conflitto.
Questo vale per Jeanine Añez, però anche per Eva Copa, la nuova
presidentessa del Senato del MAS che ha deciso di negoziare con i
golpisti. Añez, basandosi nel razzismo, sta cercando di smontare la
costruzione simbolica dello Stato Plurinazionale.
C’è una divisione, nel MAS, tra un’ala “dialogante” che è
rimasta in Bolivia, guidata da Eva Copa, e una “dura” che se n’ è andata
in esilio, rappresentata da Evo Morales?
Primo: noi non crediamo che Evo se ne sia andato, ma che l’abbiano
cacciato con un colpo di Stato. È vero, poteva rimanere nel paese e
provare a resistere da qui, ma nella spirale di violenza che si era
generata, la sua resistenza nel Chapare (regione cocalera vicino a Cochabamba, da dove Morales diede le dimissioni il 10 novembre, NdR)
sarebbe stata la scusa perfetta per l’esercito per fare un massacro.
Perché non volevano arrestare Evo, lo volevano morto. E un massacro nel
Chapare era il monito perfetto verso gli indigeni, affinché sapessero
che per nessuna ragione gli si sarebbe permesso un ritorno al potere.
In secondo luogo, tutti questi conflitti hanno a che fare con Evo, ma
solo in parte. E questo è il limite di certo femminismo biologicista,
che si concentra solo nella figura del macho: Evo qui, Camacho
lì. Il fatto è che non si tratta di una disputa tra uomini, ma tra
progetti. E il progetto che rappresenta Evo è diverso da quello che
rappresenta Camacho. Il progetto che Evo rappresenta va molto oltre Evo,
e va molto oltre il MAS. Tanto che le proteste di strada dopo il golpe non
rispondevano al MAS. Già dal 12 novembre, quando Evo è andato in
Messico, nelle piazze si è smesso di chiedere il suo ritorno. Non
importava. L’importante era che se ne andasse il golpismo. Mentre Eva
Copa ha negoziato col golpismo. Ha negoziato sui nostri morti, che sono
morti del popolo, non del MAS. E ha legittimato una norma che prevede
compensazioni ai feriti e ai familiari delle vittime solo a patto che
questi non sporgano denuncia. Capito? Feriti di arma da fuoco che
nemmeno possono denunciare chi ha loro sparato. Come si può negoziare in
questo modo col golpismo? E a che pro, per andare alle elezioni? Noi
lottiamo per i nostri morti, non per le elezioni. E comunque per noi non
ci saranno elezioni.
Non sono previste elezioni per il 3 maggio?
È impossibile che permettano una campagna elettorale democratica. Io
credo che le elezioni siano una grande manipolazione, una distrazione di
massa per permettere al governo di continuare a smontare lo Stato
Plurinazionale e a perseguitare la gente. Perché poi, chi avrà il
coraggio di mettere il proprio nome nelle liste del MAS se qui la gente
va in galera solo perché scrive “Añez golpista” su Facebook? Gli unici
tranquilli saranno i parlamentari attuali, quelli che negoziano coi
golpisti.
Sembra che tra l’altro il MAS si sia diviso per la scelta del
candidato per la presidenza. Mentre i movimenti sociali hanno proposto
David Choquehuanca, Evo Morales dall’Argentina ha imposto l’ex ministro
dell’economia Luis Arce, più moderato e vicino alla classe media.
La nostra preferenza era per Choquehuanca, che è più sintonizzato con la cosmovisione aymara, con il buen vivir. Ma la scelta dei vertici del MAS, in primis l’ex vicepresidente Álvaro García Linera, dimostra che non rispettano le organizzazioni. Per loro della classe media gli indios servono
solo per farsi massacrare. Ma chi pensano di convincere candidando
Arce? Pensano davvero che la classe media, che ha appoggiato il golpe,
voterà per loro? Loro si illudono che il “voto duro”, quello indigeno,
ce l’hanno assicurato. Sono una sinistra coloniale.
Senza vere elezioni, una via d’uscita la proporrà la mobilitazione sociale?
Oggi il MAS non ha più la capacità di dettare la linea della
mobilitazione sociale. Credo che una risposta sociale sorgerà in maniera
spontanea, e probabilmente ciò avverrà il giorno in cui il fascismo
dovesse “vincere” le elezioni-farsa. Quel giorno il popolo si ribellerà,
e non per Evo o per Choquehuanca, ma per se stesso.
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