Il boom del partito di estrema destra “Democratici svedesi” in Svezia appare, come direbbe Gobetti, la “rivelazione” di quanto c’è nella pancia di una società apparentemente evoluta come quella svedese. Si dice che la narrativa sia sempre la spia di quello che la narrazione ufficiale nasconde o rimuove.
Per molti aspetti sono stati i romanzi noir dello scomparso Stig Larsson non solo ad appassionarci ma anche a svelare la “Svezia che non ti aspetti” e il suo cuore nero. Ma Larsson non è stato il solo scrittore a misurarsi con il cuore nero della Svezia, anche Olle Lonnaeus ha titolato “Cuore nazista” uno dei suoi libri.
In base ai risultati preliminari delle recentissime elezioni, la maggioranza dei seggi nel Parlamento svedese andrà alla coalizione di centrodestra (176 seggi su 349), che quindi esprimerà il prossimo capo di governo.
I Socialdemocratici della prima ministra uscente Magdalena Andersson (quella che ha aderito alla Nato, ndr), hanno ottenuto circa il 30 per cento dei voti, e rimangono quindi il partito più votato ma nel complesso le forze politiche della sua coalizione sono andate peggio degli avversari.
Il risultato più eclatante è stato quello dell’estrema destra dei Democratici Svedesi guidati da Jimmie Akesson, che sono stati il secondo partito più votato con circa il 20 per cento delle preferenze. Il partito è nato nel 1988 dal gruppo neonazista Bevara Sverige Svenskt.
La crescita dei gruppi di estrema destra e neonazisti svedesi non arriva dunque come una sorpresa per chi, da tempo aveva saputo leggere il declino del modello svedese costruito dalla socialdemocrazia.
La Svezia, come altri paesi, non aveva fatto fino in fondo i conti con il suo passato di collaborazione con il nazismo e la stessa socialdemocrazia si era via via biodegradata in una melmosa compagine politica che alla fine è arrivata al suo precipitato: la decisione di entrare nella Nato dopo decenni di neutralità.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Svezia rimase ufficialmente neutrale ma mantenne il Terzo Reich come partner economico principale e permettendo al movimento Svensk Opposition di sostenere Hitler dal 1941.
Nel 1997 la Svezia viene scossa dalle rivelazioni sul contenuto dei dossier compilati dalla polizia segreta svedese durante la seconda guerra mondiale.
I documenti, rivelati dal britannico Sunday Times rivelano che al fine di intensificare al massimo gli scambi commerciali con la Germania nazista – le società svedesi di export si attenevano scrupolosamente alle direttive antiebraiche tedesche, licenziando i dipendenti ed allontanando gli azionisti ebrei, ma anche compilando liste di ebrei che poi finivano in mano tedesca.
Banche ed avvocati in Svezia vendevano informazioni di questo tipo a chi in Germania era interessato ad acquistarle.
A maggio, con la guerra in Ucraina già in corso e la Svezia che si apprestava ad aderire alla Nato, hanno fatto scalpore alcuni manifesti comparsi a Mosca nei quali era scritto: “Noi siamo contro il nazismo, loro no” e riportavano le foto di tre celebrità svedesi come il fondatore di Ikea (le cui simpatie con il nazismo non sono una novità), ma anche quelle del regista Ingmar Bergmann e dell’autrice di Pippi Calzelunghe, Astrid Lingrenn. Sulle eventuali simpatie filonaziste degli ultimi due ammettiamo di non disporre di alcuna informazione.
Negli altri paesi scandinavi la volenterosa collaborazione con il nazismo fu più plateale. La Norvegia vide il fallimentare governo fantoccio e filonazista di Quisling, la Finlandia collaborò con il nazismo nell’attacco all’URSS, mentre la Danimarca venne direttamente occupata dalla Germania.
All’interno delle Waffen-ss, vennero anche formate, per iniziativa del governo collaborazionista norvegese, alcune unità di combattenti scandinavi – tra cui parecchi svedesi – che furono impegnate esclusivamente sul fronte est contro le popolazioni slave ritenute dalla visione storica e politica nordeuropea Untermeschen ossia “subumani”.
Ed è così che anche nei primi anni ’50 la libertaria e socialdemocratica Svezia conviveva con una centrale organizzativa dell’estremismo neonazista filoatlantico, come ad esempio “l’internazionale nera di Malmoe”, sede del Movimento Sociale Europeo: un alleanza tra partiti neofascisti di diversi Paesi, sorta su spinta del Fuan (la federazione universitaria del MSI) e di alcuni ex-nazisti tedeschi non rassegnati.
Negli anni ’60, sempre in funzione anticomunista, nacque anche il “Northern European Ring”, un network neonazista composto da movimenti di estrema destra nordeuropei (danesi, svedesi, inglesi ed islandesi) e statunitensi.
Anche se entrambi questi coordinamenti transnazionali ebbero vita breve, nonostante tuttora non si conosca con precisione la loro “incisività operativa”, si trattò di esperimenti politici che non videro una crescita della minoritaria estrema destra scandinava del dopoguerra.
Le cose cambiano con la caduta del Muro di Berlino. Anche in Scandinavia, Svezia inclusa, cominciano a prolificare movimenti neofascisti numericamente piccoli ma estremamente violenti che hanno utilizzato spesso armi da fuoco ed esplosivi.
Tra questi si segnalano il nucleo paramilitare semi-clandestino Vikt Ariskt Motstånd (“Resistenza Ariana Bianca”) negli anni ’90 o, nell’ultimo decennio, le bande naziskin del Svenska Motståndsrörelsen (“Movimento di Resistenza Svedese”).
Ma abbiamo cominciato a conoscere anche terroristi neonazisti come John Ausonius (un cecchino razzista che terrorizzò le città svedesi nel biennio 1991-1992) o, più recentemente, il neonazista norvegese Anders Breivik, che il 22 Luglio 2011 uccise con un fucile e con una autobomba settantasette persone ad Oslo e nell’isola di Utoya, mentre era in corso il campeggio della federazione giovanile socialdemocratica.
Resta inoltre insoluto l’omicidio politico più clamoroso, quello del leader socialdemocratico Olof Palme ucciso nel 1986, in piena guerra fredda.
E poi ci sono le cronache più recenti, anzi recentissime. Mercoledì 6 luglio un uomo, svedese, di 32 anni ha accoltellato a morte Ing-Marie Wieselgren, la coordinatrice, svedese, dei servizi psichiatrici dell’Associazione dei comuni e delle regioni della Svezia. L’uomo ha legami con il Movimento di Resistenza Nordica, un gruppo di estrema destra.
Il tema principale delle formazioni di estrema destra in Svezia – ma anche negli altri paesi scandinavi – è la richiesta di un sistema di welfare per soli autoctoni. Dall’11 settembre 200 in poi, il razzismo contro gli stranieri ha assunto le caratteristiche dell’islamofobia.
Secondo una pubblicazione messa in rete dell’Anpi (Viaggio nell’estrema destra) si tratta di fenomeni figli di uno “sciovinismo del benessere”, che rispecchia un vero e proprio lato oscuro di società aperte, inclusive e avanzate come quelle nordeuropee.
“In linea con tutto questo, lo stile comunicativo di questa nuova famiglia della destra radicale è estremamente fresco, sobrio, pacato e rassicurante, nonostante la capacità di utilizzare/suscitare allarme sociale, ed egoismo fiscale (ricordiamo che il generosissimo modello di stato sociale scandinavo prevede una tassazione molto elevata). Nei programmi di questi partiti troviamo inoltre posizioni decisamente laiche, molto rispettose dei diritti individuali e della parità di genere”.
Per capire il contesto politico in cui l’estrema destra è cresciuta in queste elezioni in Svezia c’è un interessante articolo comparso su Transform.
È curioso rilevare come la Svezia appena entrata nella Nato veda emergere e prevalere una destra dai tratti neonazisti.
Va sottolineato come la decisione di aderire alla Nato non sia stata oggetto del dibattito pubblico nella campagna elettorale. Estrema destra e socialdemocratici condividono infatti la stessa scelta.
I liberali d’Occidente negheranno ogni nesso causale, ma la storia ci ha confermato sistematicamente che i governi liberali e le loro scelte hanno sempre e sistematicamente spianato la strada al nazifascismo, anche nelle sue forme moderne.
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