Entro dicembre il governo dovrebbe varare un sesto decreto per inviare armamenti e dunque sostenere l’Ucraina nel conflitto con la Russia.
Nuove richieste di armi potrebbero arrivare nelle prossime settimane dal governo di Kiev, alle prese con i bombardamenti russi sulle infrastrutture strategiche ucraine. Per questo stavolta nella lista degli armamenti italiani da inviare in guerra potrebbero esserci anche sistemi per la difesa aerea.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto parla di un provvedimento “giusto e dovuto, come lo sono stati gli altri”. Mentre il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ricorda che “Esiste una legge votata anche dal Movimento 5 Stelle e dallo stesso Giuseppe Conte che dà mandato fino al 31 dicembre al governo italiano di inviare armi ed equipaggiamento in soccorso del popolo ucraino che è stato duramente colpito dall’esercito russo”.
Dunque l’Italia fornirà all’Ucraina meno mezzi terrestri e più sistemi di artiglieria aerea e antimissilistica, capaci di coprire distanze per molti chilometri. Si tratterebbe comunque di armi missilistiche terra-aria con elevata mobilità tattica, con un rapido schieramento di una unità di fuoco.
Nel frattempo procede nei tempi concordati quanto previsto dal quinto decreto di aiuti militari siglato lo scorso 7 ottobre. Anche se il provvedimento è secretato, l’Italia – come già emerso da indiscrezione giornalistiche – potrebbe già aver fornito lanciarazzi multipli e cannoni semoventi a Kiev. Ma adesso c’è la disponibilità a valutare eventuali ulteriori richieste che la Difesa ucraina potrebbe avanzare in relazione alle proprie esigenze operative o logistiche: un concetto ribadito dallo stesso ministro Crosetto due giorni fa in un colloquio in video conferenza con il suo omologo ucraino, Oleksij Reznikov.
Sabato decine di migliaia di persone sono scese in piazza a Roma per dire basta con la guerra e chiedere un cessate il fuoco, ma anche se i promotori hanno fatto di tutto per non indicare lo stop all’invio di armi dall’Italia all’Ucraina, questa era la parola d’ordine più sentita e diffusa nel corteo. Forse la contestazione in piazza a Enrico Letta, esponente di punta del partito della guerra, avrebbe dovuto essere più determinata per renderla più esplicita.
Se non si vuole rendere inutile il senso della manifestazione per la pace di sabato 5 novembre, in Parlamento occorrerà vedere una opposizione assai più determinata e meno bizantina di quella vista fino ad ora. Se si riesce a sganciare l’Italia dal fronte guerrafondaio sarebbe il migliore contributo alla creazione delle condizioni per un cessate il fuoco e l’avvio di negoziati.
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