Il conflitto israelo-palestinese, cuore di un più vasto scontro tra Tel Aviv e i paesi arabi, è il paradigma della guerra contemporanea, permanente e senza limiti. Nato all’interno del mondo diviso in blocchi si è subito distinto come paradigma di un conflitto senza fine, nel quale lo scontro a bassa intensità sfocia in quello in campo aperto e viceversa, inteso anche come guerra senza limiti nella quale ogni attività della vita umana, da ognuna delle due parti, può essere usata come arma. Con queste caratteristiche, grazie alle quali paradossalmente la guerra sul campo non finisce mai per definire un preciso vincitore, il conflitto palestinese-israeliano ha trovato facilmente dimora nel nostro mondo, quello che si è costituito dopo la fine del muro di Berlino.
Intendiamoci, in tutta questa parabola storica c’è un oppressore ed un oppresso, con il popolo palestinese che subisce una pulizia etnica da decenni. Il conflitto senza fine israelo-palestinese, oltre a schiacciare continuamente l’oppresso contro un muro fatto di filo spinato, non permette neanche all’oppressore di scrivere la definitiva parola “fine” su questo processo. Quello che è accaduto con l’attacco di Hamas, preparato non per mesi ma per anni, definisce proprio i caratteri di permanenza di un conflitto, il suo passaggio allo stato di guerra, anche quando i rapporti di forza sembrano definitivamente stabiliti. Nella guerra senza limiti la popolazione, attività della vita umana che costituisce lo stato moderno, è un’arma potente. Lo è, da sempre, per definire gli organici dei combattenti ma oggi lo è come arma da scagliare contro il nemico (attacchi suicidi da una parte, insediamenti di coloni armati dall’altra) come elemento della propaganda del terrore (annichilire il nemico con operazioni contro la sua popolazione inerme) o come arma della comunicazione sulla superficie mediale (le vittime civili come costruzione del consenso tramite lo spettacolo del dolore a distanza).
Oggi questo conflitto può arrivare ben oltre il piano arabo-israeliano e persino oltre i tradizionali riflessi sui mercati finanziari (future sulle materie prime energetiche) ed economici (fornitura di petrolio). Può entrare in sinergia con l’altro conflitto permanente di grosse dimensioni che si sta giocando in un’altra parte del mondo, quello russo-ucraino. Nella storia la contemporaneità dei conflitti è la norma ma fino al termine del XX secolo questa si giocava in tre modi: i conflitti erano estranei tra loro, si definivano entro una partizione bipolare del mondo oppure esplodevano tutti assieme in un conflitto mondiale. Oggi la sinergia tra conflitti in aree differenti del mondo porta lampi di apocalisse inediti, tutti da capire.
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