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03/04/2024

La strage degli operatori umanitari prova l’intento genocida di Israele

Quando ti convinci che puoi fare qualsiasi cosa, tanto il tuo “protettore” si limiterà a una ramanzina benevola, allora finisce che la tua anima nera viene fuori senza più ritegno. Né maschere.

La strage dei sette operatori umanitari di una associazione statunitense è quel “troppo” che neanche lo scendiletto Biden può accettare mostrando pubblica indifferenza. Sia chiaro: “pubblica”, perché non può esistere nessun dubbio che per la Casa Bianca si tratta solo di uno “spiacevole incidente” che non cambia di una virgola l’atteggiamento verso Israele. Però costringe a mostrarsi almeno “afflitti” (questa è la parola che i ghostwritter del rimbambito sono riusciti a cavar fuori dal loro catafalco etico).

Parliamo di strage in senso tecnico, non solo o non tanto per il numero di morti (a Gaza ogni giorno avviene di molto peggio). Anche secondo il codice penale italiano, infatti, si dà “strage” quando si usa intenzionalmente esplosivo.

Non c’è stato infatti alcun “errore”. La ricostruzione dell’accaduto – compiuta dal quotidiano israeliano Haaretz sulla base di fonti interne all’esercito israeliano – è priva di incertezze.

I sette operatori (quattro occidentali, tre palestinesi) viaggiavano a bordo di tre vetture chiaramente contrassegnate, anche sul tetto. E, soprattutto, erano in frequente contatto con l’esercito israeliano proprio per evitare di essere comunque scambiati per dei “normali paestinesi”.

Le tre macchine, due delle quali blindate, secondo la sala operativa dell’Idf, ad un certo punto sarebbero state seguite a breve distanza da un camion con a bordo “un uomo armato”.

Nessuno sa se sia vero o meno (l’Idf ha ammesso che molte delle sue procedure di identificazione del “nemico” sono ormai compiute con il ricorso all’intelligenza artificiale, non più con informazioni dirette). Ma comunque il convoglio “misto” si ferma per una sosta in un magazzino e il camion non riparte insieme alle tre macchine.

Anche secondo gli osservatori militari israeliani “l’uomo armato” resta sul camion. Dunque non è a bordo di nessuna delle tre macchine. Che avanzano tranquille lungo il percorso concordato e approvato dall’esercito occupante.

La sala operativa del quale, ad un certo punto, ordina ad un drone di entrare in azione e attaccare il convoglio, sparando un missile Hermes 450.

Una delle auto viene colpita ma miracolosamente le persone a bordo restano vive (non sappiamo se ferite, probabilmente sì). Le altre due si fermano, ovviamente, e li raccolgono.

Altrettanto naturalmente chiamano subito sia i responsabili della loro Ong che i propri contatti all’interno dell’Idf, per comunicare che si trovano sotto attacco.

Implacabile, la sala operativa ordina al drone di sganciare un secondo missile che colpisce una delle due auto rimaste.

La terza ed ultima si ferma ancora una volta per raccogliere i colleghi. E mentre sono fermi vengono tutti raggiunti da un terzo missile che “completa l’operazione”, per la soddisfazione professionale dei killer in poltrona da qualche parte.

La geolocalizzazione delle carcasse mostra che le tre auto sono state colpite nel raggio di due chilometri e mezzo, lungo la strada che costeggia il mare. La terza, l’unica completamente distrutta, è probabilmente quella non blindata.

Tutte e tre a una decina di chilometri dal “molo” improvvisato – costruito dalla stessa Ong su autorizzazione statunitense e israeliana – per far arrivare gli aiuti umanitari via mare (visto che Tel Aviv continua ad impedire che i tir attraversino il valico di Rafah via terra).

«Il convoglio è stato colpito mentre lasciava il magazzino di Deir Al Balah, dove la squadra aveva scaricato più di 100 tonnellate di aiuti portati a Gaza lungo la rotta marittima», spiega un portavoce della World Central Kitchen, cui appartenevano i sette caduti.

Non era la prima volta che la stessa Ong veniva presa di mira. Sabato un cecchino israeliano aveva sparato contro un’altra auto, nei pressi di un magazzino autorizzato, a Khan Younis, senza però riuscire a colpire il guidatore.

Se qualcuno dubitava delle intenzioni genocide di Israele ora è servito.

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