Nessuno che conosca un po’ il Cile attuale e abbia seguito in qualche modo la storia della resistenza del popolo-nazione Mapuche poteva nutrire dubbi sul fatto che Hector Llaitùl, uno dei più noti portavoce della Coordinadora Arauco Malleco sarebbe stato condannato nel giudizio che lo vede accusato, pur senza prove, di “usurpazione violenta, furto di legname e attentato contro l’autorità”.
La condanna avviene in base a quanto previsto dalla legge sulla Sicurezza dello Stato, in regime di militarizzazione del territorio del Wallmapu e di eccezione costituzionale fortemente voluta dal presente governo che sfacciatamente si proclama “transculturale”.
La CAM è la più antica, consistente e radicata delle organizzazioni di resistenza del popolo Mapuche. Ritiene la liberazione del popolo nazione Mapuche possibile solo a seguito del recupero delle terre usurpate dallo Stato cileno e l’espulsione delle imprese forestali che materialmente le occupano.
Non meraviglia che questo Governo cileno, fedele al dettato neoliberista, non intenda tradire le aspettative e i privilegi concessi, anche dai precedenti Governi, alle imprese forestali nazionali e multinazionali e quindi creda di poter risolvere la questione con la repressione fisica e giudiziaria, collettiva e individuale, della popolazione mapuche.
La lotta di liberazione nazionale Mapuche però non si fermerà per una sentenza di tribunale. Non si è fermata per secoli, malgrado le stragi, spoliazioni e feroce repressione cui quel popolo è stato sottoposto.
Inoltre, è assolutamente evidente la similitudine tra la Resistenza nel Wallmapu del popolo Mapuche contro il colonialismo dello Stato cileno e la Resistenza del Popolo Palestinese che continua imperterrita e non si ferma, malgrado il genocidio in corso, contro il colonialismo israeliano d’insediamento che dal 1948 (e anche prima in verità, ma questa è un’altra storia…) opprime, reprime e massacra gli abitanti della Palestina.
Le Resistenze non si processano e non si fermano con le sentenze.
La condanna avviene in base a quanto previsto dalla legge sulla Sicurezza dello Stato, in regime di militarizzazione del territorio del Wallmapu e di eccezione costituzionale fortemente voluta dal presente governo che sfacciatamente si proclama “transculturale”.
La CAM è la più antica, consistente e radicata delle organizzazioni di resistenza del popolo Mapuche. Ritiene la liberazione del popolo nazione Mapuche possibile solo a seguito del recupero delle terre usurpate dallo Stato cileno e l’espulsione delle imprese forestali che materialmente le occupano.
Non meraviglia che questo Governo cileno, fedele al dettato neoliberista, non intenda tradire le aspettative e i privilegi concessi, anche dai precedenti Governi, alle imprese forestali nazionali e multinazionali e quindi creda di poter risolvere la questione con la repressione fisica e giudiziaria, collettiva e individuale, della popolazione mapuche.
La lotta di liberazione nazionale Mapuche però non si fermerà per una sentenza di tribunale. Non si è fermata per secoli, malgrado le stragi, spoliazioni e feroce repressione cui quel popolo è stato sottoposto.
Inoltre, è assolutamente evidente la similitudine tra la Resistenza nel Wallmapu del popolo Mapuche contro il colonialismo dello Stato cileno e la Resistenza del Popolo Palestinese che continua imperterrita e non si ferma, malgrado il genocidio in corso, contro il colonialismo israeliano d’insediamento che dal 1948 (e anche prima in verità, ma questa è un’altra storia…) opprime, reprime e massacra gli abitanti della Palestina.
Le Resistenze non si processano e non si fermano con le sentenze.
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Popolo Mapuche. Nome di battaglia: Héctor Llaitul
Popolo Mapuche. Nome di battaglia: Héctor Llaitul
«Questo luogo era la zona più ricca di biodiversità al mondo. Oggi è la seconda regione più desertica del Cile. Il modello di monocoltura forestale difeso da questo Governo ha lasciato solo terreni acidi e inutili. Ma il popolo nazione Mapuche ha un rapporto equilibrato con la terra e non si fermerà», ha affermato Héctor Llaitul, prigioniero politico e portavoce della Coordinadora Arauco Malleco, prima di ricevere il verdetto di condanna del Tribunale Penale Orale di Temuco, regione dell’Araucanía, questo 22 aprile 2024.
E la sua parola, attraverso la quale transitano le antiche generazioni del suo popolo mille volte punito e risorto, ha anche chiarito che «ci dicono sempre che dobbiamo partecipare mediante una ‘via politica’, ai meccanismi offerti dalle istituzioni. Ma per noi la realtà è la stessa: comunità prive di vita, impoverite, che reclamano per riprendersi il proprio territorio. Ci costringono a esistere in antagonismo: la terra per i potenti o la terra per i Mapuche.
Parlate pure delle prove di questo processo, ma non venite a dirci che lo Stato cileno ha risolto i nostri diritti fondamentali (…) visto che nella sua natura più profonda è uno Stato colonialista, razzista, discriminatorio. E non venite nemmeno a dirci che l’industria forestale che ci lascia senza fonti d’acqua è un’alternativa di sviluppo per il popolo nazione Mapuche».
Héctor Llaitul, prima di essere un combattente di spicco per il suo popolo, è stato anche un combattente contro la dittatura civile e militare di Pinochet. Ecco perché nella sua vita si incontrano molte battaglie, piazze e tempo.
«La storia del popolo Mapuche è una storia di resistenza fin dall’arrivo degli spagnoli», ha ricordato Llaitul, e il suo volto si staglia nella geometria di una carcerazione anticipata che hanno i tribunali quando fanno piombare le loro leggi sopra gli oppressi.
«Oggi c’è resistenza perché è su di noi la cultura della morte, della militarizzazione, dell’ingiustizia ripetuta. Il fatto che io sia condannato non metterà fine al diritto profondo delle rivendicazioni dei Mapuche. Questa è una verità che duole al sistema coloniale, al mondo imprenditoriale, ma, al contrario, non duole al cileno cosciente, perché la nostra lotta va ben oltre: ha a che fare con la resistenza e la sopravvivenza dei territori, con la ricerca di un mondo migliore per tutti, per i mapuche e per i cileni», ha detto Llaitul.
Le accuse rivolte dalla Procura e degli avvocati al portavoce di un popolo che persegue l’autonomia e l’indipendenza, rientrano nella Legge sulla Sicurezza dello Stato in quanto presumono un suo coinvolgimento in appelli pubblici rivolti alle comunità mapuche affinché utilizzino la violenza armata e attacchino le infrastrutture delle imprese forestali .
Da parte loro, gli avvocati difensori di Llaitul, Victoria Bórquez e Josefa Ainardi, hanno sottolineato possibili parzialità nel caso, cosa che, come previsto, è stata negata sia dal procuratore Leiva che dai rappresentanti del Ministero degli Interni e dell’impresa Bosques Cautín,.
Llaitul è in detenzione preventiva da due anni. Uno dei suoi difensori ha sottolineato le preoccupazioni espresse dal Consiglio delle Nazioni Unite per l’eccessivo grado di militarizzazione della zona mediante lo stato di eccezione costituzionale, che implica una discriminazione contro il popolo Mapuche.
La Procura, dopo aver ottenuto un verdetto di condanna, ha chiesto una sentenza per 25 anni di reclusione, pena che dovrà ancora essere pronunciata dal tribunale il prossimo 7 maggio, in via virtuale.
Tuttavia, lo Stato capitalista, autoritario, conservatore, razzista ed escludente del Cile, attraverso la sua estensione giudiziaria, uno degli apparati repressivi strategici dell’ordine costituito, ha avviato un processo contro il membro della comunità mapuche Héctor Llaitul senza alcuna prova oltre alle dichiarazioni del portavoce indigeno.
Cioè, ciascuna delle accuse che il Pubblico Ministero ha rivolto a Llaitul è priva di prove decisive. Illegittimità aggravata dal ricorso ai cosiddetti ‘testimoni protetti’, cosa che non consente alcuna difesa. La Procura ne ha chiamati cinque, ma solo due si sono presentati, e uno ha addirittura dichiarato per iscritto, testo letto dallo stesso procuratore. Ciò rende viziato l’intero processo e ingiusta la condanna.
Allo stesso modo, le accuse contro Llaitul sarebbero state compilate da un’unità speciale di polizia, con poteri mai determinati e la cui origine, poteri e costituzione non sono mai stati dettagliati. Lo Stato, infatti, ha utilizzato un software in uso all’intelligence di polizia e politica, chiamato “sistema di avvistamento”, che può essere manipolato georeferenziatamente e il cui scopo specifico è stato quello di perseguitare e impostare prove false contro determinati membri del popolo mapuche.
Per quanto riguarda il ruolo dei media di massa e aziendali, i titoli della stampa del regime dominante (stampa di proprietà delle classi dominanti e, quindi, modellatrice privilegiata del discorso politico pubblico) funzionano come armi atomiche contro la resistenza del popolo-nazione Mapuche e la sua lotta per il recupero dell’autogoverno e del proprio territorio.
Ecco alcuni esempi: “Scoperta connessione mapuche-canadese”, “Potenti gruppi stranieri esercitano influenza sui Mapuche, denuncia l’istituto“, “Identificano un’agitatrice mapuche conosciuta come La Chepa”, “Agricoltori denunciano che il violento leader mapuche ha ricevuto una formazione in Chiapas.”
È così che si riproduce ad alta frequenza la propaganda contro la resistenza mapuche, attraverso le catene del duopolio El Mercurio-La Tercera, tutti i dipartimenti informativi della televisione aperta e igiornali di notizie digitali e multimediali.
Sono questi i mezzi comunicativi e politici utilizzati dalle élite cilene per cercare di imporre i propri interessi di classe nella dimensione della visione del mondo di un’intera società, compresa quella mapuche, e i cui contenuti risuonano inesauribilmente attraverso l’educazione formale, il lavoro e forme predeterminate di vita sociale e utilizzo del tempo libero.
Del resto, il multiforme meccanismo di ampliamento del senso comune dei gruppi sociali privilegiati per diversi secoli ha perforato la resistenza indigena. Quello stesso senso comune il cui obiettivo di fondo è l’espropriazione della terra mapuche e delle sue ricchezze, la subordinazione della popolazione allo sfruttamento produttivo e lo sterminio della dissidenza politica.
Il luogo in cui il capitale coloniale localizza i suoi interessi e le sue enclavi diventano rapidamente riduzioni di comunità preesistenti, prigioni ampliate, caserme per la disciplina sociale, fisica e mentale. Il suprematismo del colonizzatore trasforma l’altro in un oggetto sociale svuotato di sé, dipendente, reso inferiore.
L’occupante cerca la sottomissione totale della società occupata, e nel più breve tempo possibile. Tuttavia, per fare ciò è necessario risparmiare risorse attraverso la sottomissione consenziente e l’interiorizzazione negli oppressi dell’impossibilità di resistere e della legittimità dei fini dello stesso invasore.
In Cile, i mass media sono parte della prolungata guerra antipopolare per la sottomissione dei meticci e degli indigeni.
Ma sebbene il potere mediatico di una minoranza sociale abbia concentrato nella persona di Héctor Llaitul tutti i mali del mondo, quello stesso odio di classe, etnico e colonialista crea il suo rovescio. Moltiplica cioè la solidarietà con la causa mapuche, trasforma in carta le prigioni politiche, sparge le sue ragioni su coloro che erano rimasti indifferenti e nobilita ancora una volta la dignitosa resistenza di un popolo che lotta per ciò che gli spetta: la terra e la libertà.
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