Ieri mattina, durante una riunione straordinaria del Consiglio dell’Unione Europea, Enrico Letta ha presentato un rapporto sul “mercato unico“. Il testo, richiesto dai vertici di Bruxelles diversi mesi fa, si intitola Much more than a market, e mette in chiaro vari nodi imprescindibili per il futuro della UE.
Il primo giorno del Consiglio è stato dedicato agli affari esteri (Ucraina e Medio Oriente). Il secondo si è appunto concentrato su quelli interni, ovvero sulla sostanza di quello che dovrà essere la UE nello scenario internazionale odierno: di certo non “l’Europa dei popoli e della pace” che viene propagandata.
Innanzitutto, già il titolo del rapporto Letta mette in evidenza che il mercato comunitario non ha mai voluto essere solo un’area economica. I paragrafi del documento rimandano continuamente al mercato unico come strumento per raggiungere determinati obiettivi strategici.
“Il mondo era totalmente diverso” alla nascita della UE, ha ricordato l’ex primo ministro italiano. Ora ci si prospetta una “guerra mondiale a pezzi”, perciò la UE si deve armare e assumere una postura più aggressiva, come sta già mostrando con la missione Aspides nel Mar Rosso.
L’allargamento della produzione e degli investimenti bellici, ma anche lo sviluppo di economie di scala nel settore – e dunque anche con un’ulteriore centralizzazione dei capitali – sono stati citati da Letta stesso. Il keynesismo militare è un’opzione ormai abbracciata nella UE, e secondo Letta è “una vergogna” che si importi il 78% delle forniture militari... ma, pare, non ha da vergognarsi se sostiene il genocidio dei palestinesi.
I temi presentati dal rapporto sul mercato unico sono complementari con il discorso appena pronunciato da Mario Draghi sulla competitività. L’ex capo della BCE ha detto che troppo a lungo ci si è concentrati sulla competitività interna, e Letta ha detto che “nella prossima legislatura dobbiamo chiudere il gap, soprattutto con gli Usa”.
Nei confronti di Washington, ma anche nei confronti di Pechino “il distacco è tale che siamo di fronte all’ultima opportunità per agire”. Le parole di Letta sono rassicuranti tanto quanto lo “stai sereno” rivoltogli da Renzi ai tempi del siluramento a Palazzo Chigi.
Ad ogni modo, questa opportunità le classi dirigenti della UE la vorranno tentare (e farcene pagare i costi). Nel testo sono identificati tre settori in cui il mercato unico dovrà fare importanti passi avanti per tentare di stare al passo coi tempi: finanza, energia e telecomunicazioni.
Il primo, con l’integrazione del mercato dei capitali, è considerato come un prerequisito fondamentale per avere le adeguate leve finanziarie al sostegno degli investimenti strategici della UE. Ad esso si associa la riorganizzazione del ruolo della Banca Europea per gli Investimenti e dei meccanismi degli aiuti di stato.
L’ambito dell’autonomia energetica è appunto uno di quelli indicati come imprescindibili nel rapporto. Per esso è pensato l’espansione della rete e un potenziamento dell’interconnessione, nonché una maggiore attenzione alle fonti di approvvigionamento.
Per questo viene posta l’attenzione su una diplomazia green che ricerchi partner affidabili, con un occhio di riguardo all’Africa. Viene sottolineato il pericolo di nuove dipendenze che possono emergere sulle forniture di gas e di combustibili nucleari.
Insomma, viene rilanciata la competizione anche sulle rinnovabili, con tutto ciò che ne deriva anche sul nodo dell’accesso alle materie prime critiche. Su di esse, le “strategie assertive” della Cina sono considerate il principale pericolo per la diversificazione dell’approvvigionamento.
Letta ipotizza anche la creazione di una Clean Energy Delivery Agency che coordini gli sforzi europei sull’energia a loro avviso «pulita». Le sue competenze sarebbero sull’idrogeno, sulla sovvenzione di progetti sulla rete, sul nucleare e sulle rinnovabili, sulle certificazioni e autorizzazioni necessarie a queste attività.
Nel settore delle telecomunicazioni, infine, il rapporto registra un vero e proprio “disastro imprenditoriale”. Letta ha criticato la frammentazione di un mercato di grandi capacità, se solo non vedesse i tanti operatori che vi sono oggi.
Per chi ancora ragiona con i meccanismi di mercato della libera concorrenza è giunto il momento di fare i conti col fatto che il capitale su base europea ha raggiunto uno stadio che viaggia verso il monopolio. È il salto di qualità imperialistico che la UE sta cercando, per competere con gli altri grandi attori globali.
Non sarà tramite il semplice cambiamento dei trattati, che per Letta “non è il percorso giusto” (o meglio, praticabile), che questo salto potrà essere effettuato in una finestra di opportunità tanto ristretta – se ancora esiste –. Il voto all’unanimità verrà superato nelle istituzioni UE, ma intanto i paesi core procederanno con chi ci sta.
Ulteriori asimmetrie che andranno ad amplificarsi e ad amplificare il peso dei cambiamenti che le classi dirigenti continentali imporranno ai settori popolari. Organizzarsi per un’alternativa è l’unica opportunità che hanno invece queste ultime contro i vincoli euroatlantici di austerità e guerra.
Fonteic
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