A partire dal 1994, anno della prima vittoria del centrodestra in Italia, il 25 aprile ha oscillato tra l’essere una ricorrenza calda e il tornare a essere un rito istituzionale piuttosto stanco come durante gli anni ’80 e ’90. Lo stesso Berlusconi ha rappresentato questa oscillazione sia come presidente del consiglio del 1994, ostile a un 25 aprile popolare e antifascista, sia come presidente conciliatore e “partigiano” per la ricorrenza della Liberazione del 2009.
Quest’anno, con il caso Scurati e il cortocircuito partigiani-Palestina, tipico degli ultimi anni, il 25 aprile è di fronte a tentativi di disgregazione o, meglio, di nuova normalizzazione. Il primo proviene dalla destra al governo, da ormai quasi due anni, la quale mentre sterilizza l’informazione pubblica tende a fare altrettanto anche con il 25 aprile cercando di svuotarlo di significato. Il caso Scurati è esemplare: allo scrittore è stato risolto il contratto in RAI per un monologo su caso Matteotti e Liberazione cercando di banalizzare il problema facendolo passare per una questione economica. In realtà, oltre ai noti tentativi del centrodestra di svuotare il significato del 25 aprile, c’è anche la questione dell’autonomia della RAI, nella quale l’esercizio della libertà di informazione è ormai al minimo secondo gli stessi sindacati dell’azienda.
Oggi, in sintesi, il caso Scurati finisce per rappresentare entrambe. Così mentre l’Usigrai parla di “asfissiante controllo sull’informazione in azienda” e lo scrittore premio Strega Scurati di provocazione nei confronti del 25 aprile, l’esecutivo nega ogni censura e sostiene che si tratta di una questione di costi dei contratti per negare l’esistenza del problema dell’informazione Rai e quello della festa della liberazione. Perché la nuova destra non attacca direttamente ma lo fa mettendo in causa il ragioniere della RAI censurando e, allo stesso tempo, cercando di ridurre tutto a un banale problema di soldi.
Altra questione è la consueta presenza della Brigata alle commemorazioni del 25 aprile. Nel 2017 Senza Soste, di cui ripubblichiamo l’intervento, si chiedeva come fosse possibile che alle commemorazioni della liberazione la Brigata ebraica “una brigata dell’esercito inglese, i cui membri dopo la guerra si sono trasferiti principalmente in Israele, provi a dettare platealmente la linea storiografica delle commemorazioni delle associazioni antifasciste italiane”. E invece era ed è possibile vista la vicinanza del mondo associazionistico legato ai partigiani con la causa palestinese e la politica estera di Israele, tesa a delegittimare come “antisemita” ogni manifestazione di solidarietà con la causa palestinese. E per fare questo Israele non esista a mettere bocca sulla storia istituzionale recente del nostro paese.
E così ecco due nuovi 25 aprile: uno dedicato alla sterilizzazione dell’informazione in RAI e dell’approfondimento dedicato a quale dittatura è stato il fascismo; uno invece dedicato al new normal del tentativo di far passare tanto antifascismo come un oscuro oggetto antisemita. Il primo serve a preparare “riforme” istituzionali che gerarchizzano le istituzioni del paese, con il cosiddetto premierato, il secondo a continuare a legittimare in Italia la logica di guerra permanente che Israele sta conducendo da decenni.
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