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08/04/2024

Sound of White Noise, il black album degli Anthrax

Ne abbiamo già parlato su queste pagine, ma è sempre un piacere leggere qualche riga su questo disco.

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In ogni gruppo heavy metal i membri non sono sostituibili in egual modo. Per alcuni sarà più difficile cambiare il cantante o un chitarrista solista, e si potrebbe allora controbattere facendo i nomi di “ritmici” come Dave Lombardo o Les Claypool. Per altri sarà più difficile sostituire il compositore. I Pantera, come scrissi a proposito di Power Metal, centrarono il bersaglio, ad esempio, completando con il cantante giusto una formazione il cui potenziale era già pazzesco. Da autore di un articolo sugli Anthrax che si concludeva con l’era Belladonna, ci tengo oggi a ribadire quanto fosse stata azzeccata la mossa di inserire John Bush al microfono in seguito all’uscita di Attack of the Killer B’s. Tralasciando quanto scorretti siano stati gli Anthrax con John Bush una decina d’anni fa e oltre, né Belladonna né lui sono “il cantante degli Anthrax” : lo sono entrambi con pari merito, e nessuno dei due avrebbe fatto meglio dell’altro nella tranche discografica che a ciascuno spettò. Solo John Bush avrebbe meritato di tenere le sue parti vocali su Worship Music e, lo sappiamo, andò diversamente.

Da ragazzino incappai in questo videoclip intitolato Only. Neanche ero metallaro e nei suoi fotogrammi riconobbi la terrificante faccia di Frank Silva, Bob di Twin Peaks. Gli Anthrax mi incuriosirono e, quattro o cinque anni più tardi sarei andato in giro per il centro di Firenze con la maglietta di State of Euphoria.

In pochi sostengono che Sound of White Noise sia un brutto album. C’è chi dice che sia troppo lungo e in effetti sino a quel punto ogni album degli Anthrax era stato più lungo del precedente. Dai trentacinque minuti di Fistful of Metal all’ora netta di Persistence of Time, e la retromarcia cominciò proprio nel 1993, con qualche minuto in meno. Era comunque troppo ma allora le case discografiche si crogiolavano in codeste lungaggini perché il formato CD aveva del tutto soppiantato la vecchia cassettina.

C’è chi dice che l’album non avrebbe mai potuto essere concepito in assenza del maremoto causato dal Black Album. Penso, in realtà, che all’epoca il thrash metal non avesse modo d’andare da nessun’altra parte. La sua naturale evoluzione implicava rallentare e semplificare tutto, finendo per generare certe frange dell’alternative metal che si sarebbero prese una bella fetta di esposizione televisiva e radiofonica negli anni a venire.

Qualunque voce voi decidiate di ascoltare, Sound of White Noise conteneva una delle canzoni più generazionali di quegli anni, appunto Only. Nominatene dieci e lei sarà con certezza presente, così come un metallaro tedesco nominerebbe per orgoglio Phobia e uno che bada ai numeri e ai passaggi effettuati dai DJ nei locali nominerebbe Walk e Roots Bloody Roots o qualcosa appunto dal Black Album.

Sull’accostamento con il best seller dei Metallica, va citata la forte influenza esercitata all’epoca da Elektra Records, major per cui gli Anthrax avevano appena firmato. Il contratto con Island si era concluso con la pubblicazione di Attack of the Killer B’s, quello della chiacchieratissima Bring the Noise. Elektra fu categorica sull’accessibilità dei brani che gli Anthrax avrebbero dovuto comporre in futuro e ciò generò i dissidi con Joey Belladonna e la sua tempestiva sostituzione con l’allora cantante degli Armored Saint. Questi ultimi non erano inoltre considerabili una nave sicura, con la morte prematura di Dave Prichard all’alba degli anni Novanta e la pubblicazione fuori tempo massimo di un album come Symbol of Salvation, bellissimo, sottovalutato, tagliente e incredibilmente ottantiano. Curiosamente Dave Jerden produsse entrambi gli album, Symbol of Salvation e due anni più tardi Sound of White Noise. Se il suo nome vi dice qualcosa, è probabilmente perché in mezzo ai due produsse Dirt degli Alice in Chains.

Il mood di quegli anni, dominati dal grunge, Sound of White Noise se lo portò tutto appresso. Black Lodge in particolar modo, il lento dell’album nonché uno dei quattro o cinque brani di maggior successo, calzava a pennello per il timbro di John Bush. Della velocità esecutiva tipica del passato della band era rimasto ben poco. Il suono era ancora una volta corposo come in Persistence of Time, distaccandosi del tutto dai canoni tipici degli anni Ottanta. C11 H127 N2 O2 Na il momento di maggior grinta ed esaltazione dei groove di Charlie Benante, This is Not an Exit l’altra gemma nascosta nella logorroica seconda metà, assieme al tremolo picking usato a sproposito in 1000 Points of Hate. Per il resto Sound of White Noise soffriva di un certo divario fra lato A e lato B, con il terzetto in apertura chiuso dalla meravigliosa Room for One More come picco assoluto.

Per il sottoscritto Sound of White Noise fu l’ultima evoluzione possibile per il suono degli Anthrax. We’ve Come for You All e Worship Music gli ultimi capitoli interessanti della loro carriera, a giochi oramai fatti. Lo adoro, gli perdono un terzo della scaletta del tutto fuori fuoco, lo considero un pezzo fondamentale della mia adolescenza e formazione metallara. Ed è l’ultimo con Dan Spitz, signori e signore. Direttamente da un’epoca in cui i musicisti ottenevano il massimo, o quasi, anche quando erano costretti a vendere il culo. (Marco Belardi)

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