Il 4 giugno la Camera statunitense ha approvato nuove sanzioni per i giudici della Corte Penale Internazionale. Le minacce fatte all’inizio dello scorso mese sono diventate infine un disegno di legge, votato dall’Aula dove i repubblicani detengono la maggioranza.
Rispetto alle indicazioni dei primi giorni di maggio, il testo votato martedì integra un paragrafo di considerazioni, con esplicito riferimento alla richiesta di mandati di arresto per Netanyahu e Gallant. Ora si deve aspettare il voto del Senato, dove sono i democratici ad aver il maggior numero di seggi.
Questa iniziativa di legge ha ricevuto varie critiche, tra cui quella di Joe Biden in persona, e perciò sembra non riuscirà a passare. Dalla Casa Bianca hanno fatto sapere che “esistono modi più efficaci per difendere Israele, preservare le posizioni degli Stati Uniti sulla Corte Penale Internazionale e promuovere la giustizia e la responsabilità internazionale”.
Eppure, anche alla Camera la proposta ha ricevuto l’approvazione di ben 42 democratici (in totale 247 a favore, 155 contro). E seppur sotto l’amministrazione Trump, già nel 2020 la CPI aveva ricevuto sanzioni simili, dopo l’apertura di indagini per crimini di guerra in Afghanistan.
Il testo, nominato “Illegitimate Court Counteraction Act”, si rivolge contro coloro che sono “impegnati in qualsiasi tentativo di indagare, arrestare, detenere o perseguire qualsiasi” politico statunitense o “persona protetta” dagli USA, e dunque i suoi alleati.
Il provvedimento si spingerebbe persino oltre, andando a colpire anche chi, indirettamente, ha fornito alla CPI supporto tecnologico, finanziario, o materiale, e anche a coloro che hanno agito rispettando i suoi ordini.
Le misure previste vanno dal blocco dell’accesso al circuito VISA al congelamento dei beni, fino al divieto di entrare negli Stati Uniti. Ovviamente, si tratterebbe di ‘pene’ valide solo rispetto agli USA stessi.
Tuttavia, ancora una volta Washington mostra di sentirsi al di sopra di qualsiasi pronunciamento internazionale che non segua pedissequamente i suoi interessi. E anche di sentirsi in diritto di utilizzare metri di misura differenti, incrinando ulteriormente qualsiasi legittimità e fiducia internazionale.
Infatti, ai tempi dell’emissione dei mandati per Putin il segretario di Stato Blinken aveva invitato i firmatari dello Statuto di Roma (da cui è nata la Corte, e in cui non figurano USA, Russia e Israele) a rispettarne le disposizioni. In difesa di chi sta commettendo il genocidio in Palestina, invece, vengono addirittura elaborate sanzioni.
Giorno dopo giorno, di fronte alle contraddizioni promosse dall’imperialismo stesso, “l’ordine basato su regole” – regole ovviamente decise dall’Occidente – mostra sempre più la sua natura di parte, lontana dalla tutela internazionale della pace e del dialogo. La necessità di una governance differente si fa sempre più evidente.
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