In una nota rilasciata sul proprio sito, l’Istat afferma che nel primo trimestre del 2024 la pressione fiscale è aumentata dello 0,8% rispetto allo stesso periodo del 2023.
“La pressione fiscale è stata pari al 37,1%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”, si legge nella nota dello scorso 2 luglio.
“Nel primo trimestre del 2024 il quadro di finanza pubblica mostra una pressione fiscale in crescita rispetto al corrispondente trimestre dell’anno precedente”.
Dunque, il governo Meloni fa il contrario di quanto va affermando da mesi a questa parte, ossia aumenta le tasse. E lo fa, con poche sorprese, soprattutto per chi vive del proprio lavoro.
Il meccanismo è semplice: il tanto decantato sgravio sul cuneo fiscale, così come la flat tax per gli autonomi, da una parte aumenta il netto in busta paga dei lavoratori e diminuisce il flusso di denaro verso le casse dello Stato.
Dall’altra, visto che lo Stato ha un certo ammontare di spesa da finanziare, o diminuisce la sua spesa, ossia riduce i servizi per i cittadini, soprattutto per coloro a più basso reddito che hanno più difficoltà ad accedere ad alcuni diritti ai prezzi del mercato privato (sanità, istruzione, casa); oppure aumenta le tasse su altre voci, per bilanciare il minor incasso ricevuto dalla contribuzione del lavoro.
Fin qui dunque, a parità di spesa dello Stato, se il taglio del cuneo o la flat tax sono bilanciati dall’aumento delle tasse per esempio su beni di prima necessità, sempre paga chi campa del proprio lavoro, anche se in forma diversa.
Differente sarebbe se la diminuzione del carico fiscale sul mondo del lavoro fosse bilanciata dall’aumento della tassazione sui capitali o sui profitti. Di questo ovviamente neanche l’ombra.
Se lo Stato, invece, diminuisce la spesa e taglia i servizi essenziali, allora minore è la fascia di reddito del cittadino, maggiore è la difficoltà di accesso ai servizi tagliati a causa della minor contribuzione.
Inoltre, e siamo al punto della nota Istat, l’aumento del reddito causato dalla decontribuzione (circa 100€ al mese) fa scavallare uno scaglione Irpef a chi prima della contribuzione dichiarava un reddito vicino ai 15mila e ai 28 mila, i due scaglioni interessati dalla decontribuzione.
Il passaggio di scaglione aumenta la percentuale di tasse sul reddito da versare allo Stato.
Così, tutto questo andirivieni non fa altro che versare nelle tasche dei cittadini con una mano e prelevare con l’altra, con un risultato netto peggiorativo come certifica la nota Istat, soprattutto per le tasche delle fasce più deboli aggiungiamo noi.
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