Con 401 voti a favore Ursula von der Leyen è stata rieletta presidentessa della Commissione UE dopo un discorso in cui ha inneggiato alla guerra totale con la Russia ed ha agitato lo spauracchio dell’immigrazione seguendo lo schema narrativo della “difesa dei confini” tipico dei peggiori populisti reazionari.
Determinanti i voti dei Verdi cui ha concesso, in cambio, qualche vaga rassicurazione sul “Green deal” ma che non sia assolutamente di ostacolo alla corsa, feroce e senza regole, alla competitività economica globale delle imprese europee.
Con buona pace delle tante chiacchiere a vuoto delle ex sinistre sul dilagare del lavoro povero e sullo smantellamento del welfare ma, anche, sul riscaldamento globale che sta già dispiegando le sue drammatiche conseguenze anche sul continente europeo.
La linea Von Del Leyen, al netto di qualche dettaglio di puro maquillage, non cambia: ritorno pieno ai rigorosi dettami della solita austerità e aumento consistente della spesa militare dei paesi membri al di fuori dei vincoli previsti dal famigerato “Patto di Stabilità” che, invece, continueranno a produrre tagli sanguinosi su tutti gli altri fronti, in primis, quello sociale e salariale.
Per la immarcescibile guerrafondaia Von der Leyen, è l’invasione russa dell’Ucraina che giustifica i corposi investimenti pubblici nel settore militare che dovranno continuare a crescere vorticosamente nei prossimi anni.
Dopo due anni di guerra, dunque, prosegue la folle corsa bellicista dell’Europa fino allo schianto finale e tutto ciò grazie anche ai fantastici Verdi Europei.
D’altronde prendi, ad esempio, i Verdi tedeschi: Jochka Fischer, loro leader, allora ministro degli Esteri, fu uno dei maggiori falchi ultra-atlantisti promotori e violenti istigatori della criminale aggressione alla Jugoslavia nel 1999.
Certe cose non si dimenticano.
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