Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

29/03/2025

I pompieri incendiari al lavoro per infiammare di nuovo i Balcani

A pensar male si fa peccato ma, purtroppo ci si azzecca spesso. Da settimane sono all’opera forze che stanno soffiando il fuoco nei Balcani. Ultimo in ordine di tempo è arrivato il mandato di arresto internazionale contro Milorad Dodik, presidente della Repubblica Srpska (l’entità serba della Bosnia Erzegovina), che indubbiamente va a ingarbugliare una situazione già complicata in un Paese balcanico in cui ancora suppurano le ferite della guerra civile jugoslava e che rischia di avere conseguenze per l’intera regione dei Balcani.

A spiccare il mandato d’arresto nei confronti di Dodik era stata la Corte della Bosnia Erzegovina – ovvero un “soggetto di parte”, non una Corte “neutrale” – che accusa il leader serbo-bosniaco di aver minato l’ordine costituzionale del Paese con azioni che rischiano di comprometterne l’integrità e la stabilità.

Ieri è arrivata la sezione dell’Interpol di Sarajevo a emettere il mandato di arresto contro Dodik, un fatto che adesso coinvolge anche la comunità internazionale. La richiesta, attualmente, è in fase di valutazione da parte della sede centrale dell’Interpol a Parigi: spetterà ai funzionari dell’agenzia internazionale di sicurezza verificare che siano stati soddisfatti tutti i prerequisiti per l’emissione del mandato che quindi, al momento, non è ancora giuridicamente vincolante.

Il presidente della Repubblica Srpska ha da tempo espresso la volontà di promuovere un’autonomia sempre maggiore per l’entità serba rispetto alla Bosnia Erzegovina. Le sue posizioni contrastano con l’autorità della Corte costituzionale bosniaca (molto influenzata dalla Ue e dalla Nato) ed ha inoltre manifestato una esplicita contrarietà alle politiche di integrazione europee, suscitando preoccupazioni sia a livello nazionale che a Bruxelles.

La recente decisione di adottare una Costituzione interna alla Repubblica serba di Bosnia che prevederebbe, fra i vari punti, la possibilità di dotarsi di proprie Forze armate, ha provocato timori e “rumori”.

Dodik è stato accusato di violazioni della Costituzione e di aver posto in essere politiche che ostacolano l’attuazione degli Accordi di Dayton, il trattato che nel 1995 pose fine alla guerra civile in Bosnia Erzegovina e che ha definito, con i bombardamenti e poi il commissariamento per anni da parte della Ue e della Nato, l’attuale assetto federale del Paese.

La Bosnia Erzgovina non è infatti uno stato pienamente sovrano. Attualmente sulla Bosnia incombe un Alto Rappresentante straniero – al momento il conservatore tedesco Christian Schmidt. La nomina di Schmidt è stata decisa dagli ambasciatori del comitato direttivo del Consiglio per l’attuazione della pace, l’organo incaricato dal Trattato di Dayton di supervisionare il processo di pace della Bosnia, composto da una quarantina di Stati e una ventina di osservatori, tra organizzazioni internazionali, enti statali bosniaci e altri Stati.

Nel comitato direttivo siedono i rappresentanti di Usa, Russia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Canada, Giappone, Commissione europea, e Organizzazione per la cooperazione islamica (rappresentata dalla Turchia).

Ma per capire il personaggio Dodik e non cominciare a farsi idee sbagliate, occorre sapere che fino a giovedì Dodik si trovava in visita ufficiale in Israele, un fatto che aveva suscitato sorpresa e indignazione nelle autorità bosniache. E questo per due motivi.

Il primo la Bonsia Erzegovina viene considerato un paese “poroso” per le infiltrazioni di gruppi jihadisti islamici. Il secondo perché, sebbene al momento della sua partenza per Israele non fosse stato ancora spiccato il mandato dell’Interpol contro Dodik, era invece già esecutivo quello della Corte di Sarajevo.

Nonostante l’emissione del mandato di arresto, Dodik è riuscito a lasciare la Bosnia Erzegovina e a raggiungere Israele, dove ha elogiato il Paese per la sua capacità di “resilienza e sicurezza”. Durante il suo soggiorno a Tel Aviv, Dodik ha rilasciato dichiarazioni che hanno messo in risalto il suo appoggio alla politica israeliana, accogliendo favorevolmente le sue politiche di difesa e sicurezza.

Dodik si è detto anche “tranquillo” in merito alle notizie sul mandato di cattura dell’Interpol e ha poi annunciato che sarebbe tornato “senza problemi” in Bosnia la prossima settimana.

Nel corso della serata, Dodik è stato però caldamente “invitato” dalle autorità israeliane a lasciare il Paese, in seguito alle pressioni internazionali e alle implicazioni legali legate al mandato di arresto emesso dalla Bosnia. Secondo una ricostruzione fornita dal quotidiano Jerusalem Post, infatti, una delegazione di funzionari israeliani avrebbe informato del fatto che la sua presenza era diventata “diplomaticamente problematica”. Tale sviluppo ha costretto il leader serbo-bosniaco a cambiare i propri piani e a lasciare in tempi brevi il Paese.

Stando ad alcune fonti locali, l’aereo del governo della Repubblica Srpska sarebbe atterrato a Belgrado ieri notte dopo essere decollato da Tel Aviv. Si presume che il presidente dell’entità serba sia sceso dall’aereo nella capitale della Serbia. Il fatto che il mandato di cattura dell’Interpol non sia ancora vincolante ha di fatto spinto le autorità israeliane a chiedere a Dodik di “toglierle dall’imbarazzo”.

La Ue e la Nato non nascondono affatto la loro preoccupazione per l’alleanza di Dodik con la Russia e alla sua posizione intransigente contro le politiche dell’Unione europea. Dodik ha più volte espresso il suo appoggio a Mosca, rifiutando le sanzioni europee e riaffermando la sua posizione di opposizione all’integrazione della Bosnia Erzegovina nell’Unione europea e nella Nato.

La Serbia, alleata storica della Repubblica Srpska, ha difeso Dodik, rifiutando di collaborare con le autorità bosniache per quanto concerne l’arresto del presidente.

Con il mandato di arresto internazionale pendente e le difficoltà nel perseguire l’arresto di Dodik, una delle principali preoccupazioni è che il presidente della Repubblica Srpska possa fuggire dal Paese, cercando asilo a Belgrado o in altri Paesi come l’Ungheria, che potrebbero offrirgli protezione.

Tra il caos politico in Serbia e nella Macedonia del Nord e il recente accordo militare raggiunto tra Albania, Kosovo e Croazia in funzione antiserba, sui Balcani si vanno di nuovo addensando nubi fosche alle quali non è certo estranea l’onda che proviene dal conflitto in Ucraina e che potrebbe avvicinare ancora di più la faglia di crisi al cuore dell’Europa,

La situazione di Milorad Dodik appare per ora lontana da una soluzione e le prossime mosse politiche potrebbero determinare il futuro della Bosnia e la stabilità della regione balcanica.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento