A inizio marzo era arrivata la notizia che una cordata guidata da BlackRock, a cui partecipa anche l’imprenditore italiano Aponte e la sua MSC, avevano chiuso un accordo per rilevare il 90% di Panama Ports. In questo modo, i due (dei cinque) porti agli estremi del Canale di Panama gestiti dalla società CK Hutchison Holdings, con sede a Hong Kong, sarebbero finiti sotto controllo statunitense.
Il 28 marzo, però, quella che è l’Antitrust di Pechino ha fatto sapere di aver avviato un’indagine sull’intesa “in conformità con la legge per proteggere la concorrenza leale nel mercato e salvaguardare l’interesse pubblico”. Il South China Morning Post ha riportato che una fonte vicina alla CK Hutchinson ha confermato che non firmerà l’accordo il prossimo 2 aprile.
Su Ta Kung Pao, quotidiano di Hong Kong, nemmeno dieci giorni fa veniva scritto in un editoriale che la transazione doveva essere fermata, poiché si presentava come una mossa in “perfetta collaborazione” con la strategia anti-cinese degli USA. La contrarietà del governo cinese ha portato anche a una significativa perdita di valore delle azioni della CK Hutchinson.
I porti all’ingresso e all’uscita del Canale non hanno un diretto controllo sulla via d’acqua, ma sono comunque infrastrutture poste in posizioni strategiche. Così come lo sono gli altri 43 porti e 199 attracchi, distribuiti tra 23 paesi, di cui CK Hutchinson cederebbe il controllo alla cordata guidata da BlackRock.
Per Washington significherebbe dunque mettere le mani su importanti snodi del commercio mondiale, e soprattutto poter vantare di aver inferto un duro colpo al nemico strategico cinese. Inoltre, ciò si sommerebbere alla volontà espressa dal presidente panamense di non rinnovare l’adesione alla Nuova Via della Seta.
L’apertura di questa indagine e il rinvio della chiusura dell’accordo rappresenta invece una evidente reazione del Dragone alla postura aggressiva della Casa Bianca. La Cina dimostra che non è disposta ad accettare ricatti, e ha gli strumenti per contrastare l’azione statunitense.
Non può inoltre passare inosservato che la vendita delle sussidiarie di CK Hutchinson doveva arrivare il 2 aprile, ovvero lo stesso giorno dell’introduzione dei dazi decisi dall’amministrazione Trump, imposte anche sulle merci cinesi. Il tycoon aveva detto che avrebbe valutato flessibilità sulle gabelle se ByteDance avesse venduto le attività di TikTok negli States a una società non cinese.
Pechino ha respinto l’offerta e ora risponde anche sul dossier di Panama. Bisognerà mantenere alta l’attenzione, poiché Trump non aveva escluso l’intervento militare, e ora questa opzione potrebbe tornare tra le ipotesi papabili ora che la Cina mostra di non voler sottostare ai ricatti stelle-e-strisce.
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