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21/03/2025

Gaza - Si estende l’operazione di terra. Netanyahu licenzia il capo dell’intelligence interna

Ieri sera le forze armate israeliane hanno ampliato le appena riprese operazioni di terra anche verso il sud della Striscia di Gaza. Sono stati colpiti soprattutto edifici residenziali tra Khan Younis, Rafah e Beit Lahiya, aumentando ancora il bilancio delle vittime che, come riportato da Al Jazeera, per oltre il 70% sono donne e bambini.

Nel frattempo, la conflagrazione del conflitto ha interessato tutto il Medio Oriente, di nuovo. L’IDF ha riportato di aver colpito due siti militari legati ad Hezbollah nell’est e nel sud del Libano. Anche Ansar Allah – i cosiddetti Houthi – ha ripreso gli attacchi verso Israele, contro il genocidio del popolo palestinese.

Stando al Times of Israel, un missile balistico proveniente dallo Yemen è stato intercettato ieri nel tardo pomeriggio. La stazione televisiva yemenita Al-Masirah, quasi in contemporanea, ha riferito di una serie di attacchi statunitensi su vari obiettivi nel paese. In uno di questi sarebbero morte ben 53 persone. In risposta, il vicino gruppo di portaerei stelle-e-strisce è stato bersagliato.

La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha affermato che Donald Trump “sostiene pienamente Israele e l’esercito israeliano e le azioni intraprese negli ultimi giorni” a Gaza. I consiglieri di Netanyahu saranno a Washington la prossima settimana, per discutere della situazione della Striscia, ma anche della questione Iran e nucleare.

Ieri, inoltre, il quotidiano israeliano Haaretz ha riportato la notizia che i soldati dell’IDF hanno distribuito volantini per tutta la Striscia dicendo ai suoi abitanti che porteranno a termine la deportazione forzata. “Nel mondo non cambierà nulla se tutta la popolazione di Gaza sparisce – c’è scritto sui volantini, in arabo – nessuno chiederà di voi”.

Sembra insomma un rimando chiaro al piano di pulizia etnica promosso da Trump poche settimane fa, mentre i gazawi cercano di sfuggire all’ulteriore distruzione causata da Israele. Negli ultimi giorni sono circolate foto di vari carri armati egiziani nella penisola del Sinai, che secondo molti dovrebbero impedire l’arrivo in massa di palestinesi da Gaza.

Questa mattina, però, il quotidiano libanese Al-Akhbar ha riportato il fatto che Al-Sisi avrebbe informato altri leader regionali di essere disposto ad accogliere temporaneamente mezzo milione di palestinesi in una città designata nel Sinai settentrionale, in previsione della ricostruzione della Striscia. Non ci sono però altre fonti a confermarlo.

Ultimo elemento che mostra come il sionismo sia un pericolo per il mondo intero, se non bastasse l’elenco appena fatto di come la sua opera di genocidio ha portato al riaccendersi dei conflitti in tutto il Medio Oriente, c’è anche il modo di come riversa all’esterno i propri problemi interni.

Ieri sera, infatti, il gabinetto Netanyahu ha approvato all’unanimità il licenziamento di Ronen Bar, capo dello Shin Bet ovvero l’agenzia di intelligence interna israeliana. I rapporti col capo del governo erano tesi da tempo (per la questione della riforma giudiziaria e della gestione del tema Hamas), ed entro poche settimane dovrà lasciare la sua posizione.

Diverse migliaia di manifestanti si sono riversate nelle strade, sfilando fuori dalla residenza privata di Netanyahu a Gerusalemme e poi di fronte al parlamento israeliano, dove si riunivano i ministri. In molti considerano questo atto del governo come l’ennesimo attacco alla ‘democrazia’ – se così si può chiamare – del paese.

Ieri Bar, in una lettera pubblica, ha affermato che le accuse di Netanyahu sono “generiche e infondate”, e che nascondo in realtà l’interesse personale di impedire “le indagini sugli eventi che hanno portato al 7 ottobre e altre questioni serie”, tra cui un’indagine per corruzione che coinvolge dei collaboratori del primo ministro israeliano ed esponenti del Qatar.

Persino il presidente israeliano Herzog ha criticato Netanyahu, dicendo che le sue scelte sono “divisive” e “unilaterali”, mentre le proteste contro di esse si univano a quelle del Forum dei parenti degli ostaggi e di gruppi che chiedono la fine della guerra a Gaza. Un’evidente crisi di legittimazione che si cerca di superare ottenendo il sostegno delle frange più suprematiste attraverso il massacro dei palestinesi.

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