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26/03/2025

Gaza - Il silenzio è complicità

La questione palestinese non è mai stata semplicemente una questione politica passeggera. Piuttosto, è il nocciolo del conflitto in Medio Oriente e un test morale per la comunità internazionale, che ha ripetutamente dimostrato di essere impotente o complice nell’affrontare i crimini sionisti sostenuti dagli Stati Uniti.

Oggi, mentre la situazione nella Striscia di Gaza si deteriora, emergono i contorni di una fase pericolosa, disegnata con il sangue di innocenti, in una complicità internazionale e araba che oscilla tra impotenza e inerzia.

Gaza sta attraversando la fase peggiore del blocco dai tempi dell’occupazione, con carenze di cibo, medicine, elettricità, acqua e infrastrutture distrutte in una misura senza precedenti.

Mentre il brutale bombardamento israeliano continua, la città si trasforma in un campo di battaglia che non fa distinzione tra un bambino e un combattente. Scene di morte e distruzione sono diventate comuni nei notiziari, ma rimangono una macchia vergognosa dell’Umanità.

Le condanne internazionali non hanno più alcun peso; sono solo una vuota retorica di fronte alla macchina criminale di morte israeliana, sostenuta politicamente e militarmente dagli Stati Uniti e dall’Europa. Dall’altra parte, le grandi potenze agiscono solo quando sono in gioco i propri interessi, mentre Gaza è lasciata sola ad affrontare il suo destino. Nemmeno le organizzazioni per i diritti umani riescono a rompere questo assedio politico prima che diventi economico e militare. Gli esiti attesi di questa situazione in peggioramento sono diventati opzioni limitate e un futuro incerto.

Alla luce di questa scena tragica, catastrofica e senza limiti, le possibilità sembrano aperte a scenari più catastrofici e pericolosi per il futuro di Gaza, tra cui:

1) Ulteriore escalation militare: Israele continua la sua aggressione nella Striscia di Gaza, nel tentativo di cambiare l’equazione demografica, politica e di sicurezza.

2) Accordi per sottomettere la resistenza. Intese internazionali e regionali possono essere imposte per riorganizzare la situazione, ma non saranno nell’interesse dei palestinesi, bensì nell’interesse delle grandi potenze e di Israele in particolare.

3) Un crollo completo della struttura sociale, alla luce della continua pressione economica e umanitaria che potrebbe portare a migrazioni di massa o allo smantellamento del tessuto sociale nella Striscia di Gaza.

Nonostante tutto questo dolore, il popolo palestinese resta fedele al proprio diritto a rimanere sul suolo nazionale, consapevole che la sopravvivenza e la tenacia non sono un’opzione, ma una necessità esistenziale.

Ma la domanda resta aperta: per quanto tempo il Mondo rimarrà spettatore della tragedia di Gaza? Il silenzio internazionale si trasforma in effettiva partecipazione al crimine?

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