Il delirio “europeista” si vede nettamente sulla cartina che il Corriere della Sera – ex quotidiano del “salotto buono” della borghesia italiana, ora riconvertito al “patriottismo di Bruxelles” – pubblicava ieri mattina per illustrare le intenzioni del premier britannico Starmer, che appare il più determinato ad andare avanti con la guerra in Ucraina “fino alla vittoria”.
In questi giorni appare inchiodato alla sua scrivania, con davanti uno scenografico computer all-in, in videoconferenza perenne. Interlocutori privilegiati, non si sa quanto entusiasti, diversi leader europei, il nuovo premier canadese, altri ancora da trovare, per metter su una “coalizione dei volenterosi” che metta soldati e armi per una spedizione in Ucraina.
Una definizione sfortunata, oltre che poco fantasiosa, perché richiama direttamente quella convocata da Bush jr. nel 2003 per attaccare l’Iraq di Saddam Hussein, accusato (falsamente, fu ammesso poi) di possedere “armi di distruzione di massa”. Una coalizione che si forma su una menzogna spudorata, insomma, non appare il massimo della serietà.
L’analogia non sembra turbare Starmer, sedicente “laburista” alla canna del gas in Gran Bretagna, dove sta smantellando il quel poco che resta del welfare costruito, un tempo, proprio dai laburisti e ampiamente demolito dalla Thatcher, prima, e poi da quell’altro criminale di guerra di Tony Blair. E si conferma testa di lancia contro la Russia ogni volta che apre bocca.
“Putin – ha detto aprendo la riunione dei capi di governo – sta cercando di ritardare, ma il mondo ha bisogno di vedere l’azione e non parole vuote o condizioni inutili”. Per questo motivo il gruppo dei volenterosi dovrebbe “mantenere la pressione” su Mosca affinché si sieda al tavolo delle trattative e successivamente essere “pronto a difendere” un eventuale accordo.
La sua strategia è – bisogna ammetterlo – piuttosto campata in aria, ma decisamente non ambigua: “intensificare i nostri sforzi per rafforzare l’Ucraina, indebolire la macchina da guerra della Russia”, “inasprimento delle sanzioni”, attesa del cessate il fuoco contrattato da Trump, ma solo per “Potenziare le difese e le forze armate ucraine, e saremo pronti a dispiegare una ‘coalizione dei volenterosi’ in caso di accordo di pace, per aiutare a garantire la sicurezza dell’Ucraina su terra, mare e cielo”.
Una riedizione esplicita di quegli “accordi di Minsk” che Angela Merkel ha poi ammesso essere stati sottoscritti solo per dar tempo a Kiev di armarsi meglio.
In più, questa volta, l’Occidente neoliberista vorrebbe addirittura mandare proprie truppe sulla linea del fronte che verrà congelato al momento del cessate il fuoco, prendendole da paesi aderenti alla Nato. Al massimo un po’ più nelle retrovie, con i classici compiti dell’addestramento (Kiev sta sostanzialmente finendo le truppe con un minimo di addestramento e qualche esperienza di combattimento), del supporto logistico, satellitare, aereo, navale.
L’unica cosa che sembra sfuggire in questa “strategia” è: perché la Russia dovrebbe accettare una situazione che ha cercato di scongiurare entrando in guerra?
Se si rivà con la mente – e gli archivi – alla fine del 2021 si rintraccia facilmente una proposta di accordo avanzata da Putin e Lavrov che salvaguardava la sovranità dell’Ucraina, l’autonomia delle repubbliche popolari del Donbass, ovviamente con la garanzia che Kiev non avrebbe aderito alla Nato evitando così la tentazione (il pericolo) di installare missili a soli 300 km da Mosca.
I sedicenti “liberal-democratici” che sono andati a Piazza del Popolo inorridiscono ancora adesso, straparlando della “libertà” di qualsiasi paese di lasciar installare missili al proprio “protettore”. Hanno dimenticato la “crisi di Cuba” del 1962, quando l’Unione Sovietica provò a mandare missili nell’isola a meno di 100km dalla Florida.
Ma forse basterebbe chiedersi cosa succederebbe ora se la Russia volesse far lo stesso di nuovo a Cuba, in Messico o comunque ad una distanza “non di sicurezza” per gli Stati Uniti. In fondo, non è che altri paesi sovrani siano teoricamente meno “liberi” di decidere quali armi ospitare...
Ma, purtroppo per le frasi tutta ideologia e niente cervello, non è così che funzionano – almeno per ora – i rapporti internazionali tra potenze che si considerano reciprocamente “nemici” o “avversari”.
Starmer & co. sembrano perciò dei pazzi pericolosi intenti a giocare a risiko con bombe vere, convinti di poter fare qualunque cosa gli venga in testa, senza neanche più soppesare i rischi e la forza dell’avversario.
Di fatto, registriamo noi, questo tipo di iniziative sono palesemente un modo di sabotare la possibilità stessa di raggiungere almeno un cessate il fuoco, perché prefigurano interventi unilaterali “indiscutibili” prima ancora che ci si sieda davvero al tavolo delle trattative (perché discutere, se è già tutto “deciso”?).
Se la “strategia” dei volenterosi fosse realmente quella esposta sopra, l’avrebbero tenuta almeno un po’ nascosta, per “sorprendere” l’avversario in un secondo momento. Più che legittimo, insomma, il “sospetto” (eufemismo) che la loro strategia sia semplicemente quella di proseguire la guerra, sperando che Trump “ritorni in sé” (nei panni del leader della Nato pronta ad attaccare Mosca). Ben sapendo, del resto, che “l’Europa” da sola non può sostenere lo sforzo militare.
Viene in mente, chissà perché, l’affermazione fatta e ripetuta spesso da Mario Draghi a pochi mesi dall’inizio della guerra in Ucraina: «non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i suoi alleati che assicurare che l’Ucraina vinca questa guerra. Accettare una vittoria russa infliggerebbe un colpo fatale all’UE».
Non ha mai spiegato – né lui, né qualcuno dei suoi certo meno brillanti “colleghi” – il perché la UE uscirebbe tramortita dalla sconfitta di un paese ai suoi margini e palesemente non in grado di entrarci (non ha “i parametri”, più che “le carte”).
Viene un altro sospetto: che questo aggregato “europeista” si tenga insieme con lo scotch di trattati economici che non funzionano più in tempi di crisi (dalla pandemia alla guerra, al “ReArm Europe”, è tutto un derogare da certi vincoli, che restano però tali solo per la spesa sociale). E che, dunque, uno stop serio al progressivo allargamento della UE possa portare all’esplosione finale.
Il nuovo collante, non a caso, è stato individuato nel riarmo e nella guerra, visto che su tutto il resto la crisi non si sblocca. L’idea delirante, per il momento, è quella di andare insomma avanti “fino all’ultimo ucraino” sperando di poter mettere un piede (e qualche base militare) sul confine russo.
Più che una “strategia” sembra una coazione da tossicodipendenti: una dose maggiore della stessa droga.
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