Bocche cucite, più o meno, al termine delle quasi due ore di colloquio telefonico tra Donald Trump e Vladimir Putin. I portavoce ufficiali non dicono molto in merito ai temi trattati e sui punti più controversi – le reciproche “linee rosse” – su cui i due presidenti si sarebbero trovati d’accordo. Ma certamente debbono essere più d’uno, perché da entrambe le parti ci si è affrettati a dire che la chiacchierata “è andata molto bene”.
Più entusiasta ed ecumenico Kirill Dmitriev, inviato speciale di Vladimir Putin per la cooperazione economica e di investimento internazionale: «Sotto la guida del presidente Putin e del presidente Trump, oggi il mondo è diventato un posto molto più sicuro. Storico!», ha affermato in un post ripreso da tutti i media.
Alcuni risultati immediati sono stati però raggiunti e subito resi noti, anche per corroborare la comunicazione “ottimistica” intorno alla prima presa di contatto che riguarda la guerra in Ucraina.
Putin avrebbe quindi appoggiato l’idea di Trump di una “rinuncia reciproca” di Russia e Ucraina agli attacchi alle infrastrutture energetiche entro 30 giorni e avrebbe impartito subito tale ordine all’esercito. I media europei, naturalmente, ignorano il “reciproco”, cercando di presentare l’iniziativa come un “cedimento” russo.
Un altro risultato dei negoziati è un accordo sullo scambio di prigionieri di guerra tra Russia e Ucraina, che si svolgerà secondo la formula 175 a 175.
Inoltre, come gesto di buona volontà, la Russia consegnerà a Kiev 23 militari ucraini gravemente feriti.
Nel corso della conversazione, i leader dei due Paesi avrebbero affrontato anche il tema della sorte delle unità delle Forze armate ucraine rimaste nella regione di Kursk. “In relazione al recente appello di Donald Trump a risparmiare la vita dei militari ucraini circondati nella regione di Kursk, Vladimir Putin ha confermato che la parte russa è pronta a lasciarsi guidare da considerazioni umanitarie e, in caso di resa, garantisce la vita e un trattamento dignitoso dei soldati delle Forze armate ucraine in conformità con le leggi russe e il diritto internazionale”, si legge nella dichiarazione del Cremlino.
“Dopo aver confermato il suo impegno fondamentale per una risoluzione pacifica del conflitto, il Presidente russo ha dichiarato la sua disponibilità a lavorare con i suoi partner americani per esplorare a fondo possibili modi per raggiungere un accordo che dovrebbe essere globale, sostenibile e a lungo termine. E, naturalmente, bisogna tenere conto dell’assoluta necessità di eliminare le cause profonde della crisi, gli interessi legittimi della Russia nel settore della sicurezza”.
Illuminanti le intenzioni criminali dei vertici dell’Unione Europea, che sembrano aver sposato l’idea che “finché c’è guerra c’è speranza”. Il Consiglio europeo, prima della telefonata, ancora si teneva sul generico: «non può essere ignaro di ciò che succede. Speriamo che i risultati siano buoni. C’è stato un sostegno generale da parte degli stati membri dell’Unione europea alla proposta di cessate il fuoco avanzata da Stati Uniti e Ucraina. Ovviamente, per noi come Unione europea, è molto importante che ciò faccia parte di un percorso che non solo continui a garantire la sicurezza dell’Ucraina, ma porti anche a una pace piena, giusta e duratura. Se questo è il risultato, bene. Ma come sapete, nulla è garantito, quindi vedremo. Aspettiamo l’esito», aveva fatto sapere un alto funzionario dell’Ue.
E “ovviamente”, il concetto di “pace giusta” viene ripetuto ossessivamente solo per indicare che nulla deve essere concesso alla Russia. Un boicottaggio esplicito di qualsiasi trattativa di pace.
Peggio ancora ha fatto Ursula von der Leyen negli stessi minuti in cui Trump e Putin si stavano parlando. Dalla Royal Danish Military Academy, iniziando il proprio discorso, ha ribadito un durissimo: “Se l’Europa vuole evitare la guerra, deve prepararsi alla guerra”.
Non contenta, ha insistito: “Potremmo desiderare che queste cose non fossero vere. O che non dovessimo dirle in modo così schietto. Ma ora è il momento di parlare onestamente, in modo che ogni europeo capisca cosa è in gioco. Perché il disagio di sentire queste parole impallidisce di fronte al dolore della guerra. Basta chiedere ai soldati e al popolo ucraino. Il punto è che dobbiamo vedere il mondo così com’è e dobbiamo agire immediatamente per affrontarlo. Perché nella seconda metà di questo decennio e oltre si formerà un nuovo ordine internazionale. Quindi l’Europa si trova di fronte a una scelta fondamentale per il suo futuro. Continueremo a reagire a ogni sfida in modo incrementale e cauto? O siamo pronti a cogliere questa opportunità per costruire un’Europa più sicura? Un’Europa prospera, libera, pronta, disposta e capace di difendersi”.
“Entro il 2030, l’Europa deve avere una forte posizione sulla difesa. ‘Prontezza 2030‘ significa aver riarmato e sviluppato le capacità per avere una deterrenza credibile. La portata, i costi e la complessità dei progetti vanno ben oltre le capacità di ogni singolo Paese. Ecco perché dobbiamo sviluppare progetti su larga scala e intensificare gli appalti congiunti”.
Fino al fatale “L’era dei dividendi della pace è ormai lontana. L’architettura della sicurezza su cui facevamo affidamento non può più essere data per scontata. L’era delle sfere di influenza e della competizione per il potere è tornata”.
In aggiornamento.
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