Com’è noto, si autodefiniscono “volenterosi” perché vorrebbero intervenire in Ucraina, continuare ad armarla, assisterla, purché la guerra prosegua fino all’ultimo ucraino, nonostante il primo piccolo passo in direzione di un cessate il fuoco, tramite l’accordo di Riad tra Russia e Stati Uniti cui ha dato l’ok lo stesso Zelenskij. Che pure oggi si presenta a Parigi per chiedere il contrario.
Grande è il disordine sotto il cielo, ma non tutti sembrano in possesso delle facoltà razionali (tradotto: non hanno ancora preso atto che sono fuori dai giochi e continuano a “muoversi” come se questo movimento potesse avere effetti pratici positivi sul piano strategico).
Andiamo con ordine.
Alla riunione partecipano circa 30 paesi, in maggioranza europei, più Canada, Turchia e qualcun altro. Ma ognuno con posizioni, interessi e disponibilità molto diverse. Sembra perciò poco più di una boutade l’obiettivo di prendere “decisioni operative”, come ripetuto ieri sera da Emmanuel Macron.
Smentita ancora una volta, con i fatti, oltre che con le dichiarazioni ufficiali, la disponibilità della Cina a far parte di questa congrega scombiccherata. Nessuna delegazione è stata inviata in Francia, perché Pechino sta lavorando a restituire un ruolo centrale all’Onu e solo sotto quelle insegne potrebbe prendere in considerazione la partecipazione a una missioni di peacekeeping vero, composta insomma da paesi non occidentali (tutti, di fatto, co-belligeranti al fianco di Kiev).
Più modestamente – ma sempre pretendendo troppo – si vorrebbero definire le “garanzie di sicurezza” da fornire a Kiev in caso di accordo di pace con la Russia.
Non è difficile vedere la contraddizione: una “coalizione” che non partecipa alle trattative di pace vorrebbe già ora – quando si è ancora molto lontani dall’obiettivo minimo (un cessate il fuoco) – mettere sul tavolo piani per “integrare” militarmente qualcosa che è lontano dall’essere definito.
Appare comunque evidente che l’equivoco, diciamo così, sta in piedi solo per il doppio gioco della junta di Kiev, che da un lato dice sempre “sì” agli ordini statunitensi e dall’altra chiede aiuti agli “emarginati” intenzionati a far fallire (più che “integrare”) ogni possibilità di accordo.
Stanti così le cose, più che a decisioni operative, si lavora sulle definizioni e sui giochi di parole. Le “forze di peacekeeping” composte da soldati di eserciti della Nato che si vorrebbero mandare in Ucraina a supporto dell’esercito locale ora vengono chiamate “Forza di rassicurazione”.
E quando si discute di “garanzie di sicurezza” si finisce per dire che la principale resta “un esercito ucraino forte”, che va perciò sostenuto e imbottito di armi (anche se il suo problema principale è ormai la carenza di uomini arruolabili).
La “forza di rassicurazione” è comunque il punto rivelatore delle vere intenzioni del duo (Macron e l’inglese Starmer) promotore dei “volenterosi”.
Senza più troppi infingimenti, infatti, viene intesa come una forza “a sostegno dell’Ucraina” per prevenire altri possibili attacchi russi. Non è “una forza di peacekeeping”, viene ammesso, né di “osservazione del cessate il fuoco”, ma “una forza di rassicurazione. Non è la stessa cosa”.
È evidente: si tratta di uno schieramento di truppe sul campo (direttamente in Ucraina, insomma) che intende “dissuadere” la Russia.
Sorvoliamo sulla credibilità di questo ruolo – lo stesso segretario generale della Nato, Mark Rutte, ripete ormai ogni giorno che «Niente può sostituire l’ombrello nucleare degli Stati Uniti, garante finale [nucleare, ndr] della nostra sicurezza» – e stiamo alle conseguenze.
L’eventuale ingresso di truppe di paesi Nato in Ucraina – paese non ancora “arruolato” nell’alleanza atlantica – espone ovviamente al sicuro rischio di vedere contrapposte direttamente forze militari occidentali “ufficiali” (fin qui si erano mandati solo dei mercenari/contractor e “addestratori”) e truppe di Mosca, innescando quella “minaccia esistenziale” che, per qualsiasi paese dotato di armi atomiche, apre alla possibilità di usarle.
Non sembra una mossa intelligente, sul piano strettamente militare, ma a questo sembrano ridotti gli “emarginati”...
Da parte italiana, paese che pure partecipa al vertice, viene proposta una linea palesemente schizofrenica. Da un lato si esclude categoricamente di poter mandare soldati in Ucraina (e meno male...), dall’altra però si propone di estendere a Kiev la copertura dell’art. 5 dello statuto della Nato. Ossia quello che teoricamente obbliga tutti i membri dell’alleanza ad entrare in guerra per difendere un proprio membro.
In pratica si propone che l’Ucraina sia considerata un membro Nato di fatto (uno dei motivi principali per cui la Russia è entrata in guerra), esponendosi così a tutte le conseguenze derivanti.
Certe “sottili distinzioni” (non sei della Nato, ma ti proteggo come se lo fossi) possono andar bene per dare una poltrona a un “cliente” che non avrebbe i titoli per occuparla. Ma quando si parla di armi nucleari pronte a partire sarebbe bene fare gli statisti seri, anziché i giocolieri con le faccette e le mossette...
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