Nella città di Boulder, in Colorado, il 45enne Mohamed Sabry Soliman ha attaccato una marcia della comunità ebraica locale, lanciando alcune bottiglie molotov e ferendo sei persone di età compresa tra i 67 e gli 88 anni, di cui una versa in condizioni gravi. L’uomo è stato poi arrestato e portato in ospedale per alcune ferite lievi.
L’evento ha ovviamente suscitato grande attenzione sui media di tutto il mondo, soprattutto dopo l’incendio appiccato lo scorso aprile alla residenza del governatore ebreo della Pennsylvania, Josh Shapiro, e all’uccisione di due funzionari di Tel Aviv a Washington, un paio di settimane fa. Una serie di eventi subito usata per denunciare nuovamente l’ondata antisemita che avrebbe colpito gli Stati Uniti.
Un antisemitismo che viene subito collegato a una sorta di ‘internazionale’ della resistenza palestinese che colpisce ovunque nel mondo le persone di origine ebraica. Il capo della polizia locale, Stehpen Redfearn, ha affermato con chiarezza che “è irresponsabile speculare ora sul movente” dell’attacco e definirlo di matrice terroristica.
Al contrario l’FBI si è affrettato a definire l’accaduto come “un attacco terroristico mirato”, e al direttore dell’agenzia governativa federale hanno fatto eco sia il governatore democratico del Colorado, Jared Polis, sia il segretario di Stato Marco Rubio, che ha pubblicato un post su X scrivendo: “il terrorismo non ha posto nel nostro grande paese”.
È facile osservare come tutta la classe politica stelle-e-strisce, al di là delle appartenenze, si stringa immediatamente attorno alla denuncia di una minaccia terroristica che serpeggia all’interno del paese stesso, nonostante la mancanza di ogni prova al riguardo. Anzi, per quello che sappiamo fino a ora, viene automatico pensare all’azione individuale di un uomo esasperato per la sua situazione e per quella di Gaza.
L’FBI ha perquisito l’abitazione dell’uomo a El Paso, e non è emerso nessun elemento che possa far pensare al legame strutturato con una qualche organizzazione politica. Stephen Miller, capo di gabinetto della Casa Bianca, ha reso noto che Mohamed Sabry Soliman sarebbe “uno straniero il cui visto era scaduto ma era rimasto illegalmente negli Stati Uniti”.
Alla retorica del terrorismo si aggiunge quella dell’immigrato irregolare, che ha forte presa tra gli elettori di Trump. Inoltre, per quanto sembri che il 45enne abbia urlato “Palestina libera” mentre lanciava le molotov, non serviva di certo un’attenta operazione di intelligence per individuare la marcia pro-Israele come bersaglio.
La “Boulder Run for Their Lives” è un appuntamento settimanale della comunità ebraica locale, promosso dalla Anti-Defamation League, una delle organizzazioni non governative appartenenti al lobbismo sionista più importanti e influenti degli Stati Uniti. È un evento pensato per sensibilizzare sui prigionieri ancora sotto custodia di Hamas.
Insomma, parliamo di un uomo che vive evidentemente una condizione di disagio personale, che sta per essere espulso dal paese, e che, a giudicare dalle foto che lo ritraggono a torso nudo con in mano delle molotov, non si direbbe di certo un addestrato terrorista pronto a tutto. Oltre al fatto che, ribadiamo, nessun elemento per ora collega le sue azioni a un piano politico strutturato.
Ma questa fretta nell’etichettare il gesto come terroristico serve proprio a instillare la paura e il senso di insicurezza che permettono di implementare ulteriori misure di repressione e di restrizione delle libertà politiche e civili all’interno del paese, e ad alimentare la narrazione sionista di un complotto antisemita che attraversa tutto il mondo.
Basti pensare al fatto che l’uomo che ha attaccato la residenza di Shapiro, ad aprile, non solo si è consegnato da solo, ma ha fatto presente che provava odio personale nei confronti del governatore. Eppure Shapiro, pur affermando che “non sappiamo ancora con certezza quale fosse il movente preciso”, aveva anche detto che “nessuno impedirà a me o alla mia famiglia di celebrare apertamente la nostra fede”.
Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, ha scritto su X che è “scioccato dal terribile attacco terroristico antisemita contro gli ebrei a Boulder, in Colorado” e che si tratta di “puro antisemitismo, alimentato dalle calunnie diffuse dai media”. Il quadro che emerge fino a ora sembra invece portare in tutt’altra direzione.
I fatti appena avvenuti in Colorado sono più il sintomo di una crisi profonda tutta interna agli Stati Uniti, ma vengono usati per costruire la propaganda sionista che serve a perorare il sostegno al genocidio perpetrato da Israele, a cui si aggiunge il capro espiatorio per intensificare la repressione con i solidali con la causa palestinese.
Una mossa ormai vista e rivista al di là come al di qua dell’Atlantico, che è bene denunciare per non cadere preda delle mistificazioni di chi ha i soldi e gli strumenti per orientare l’opinione pubblica.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento