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21/06/2025

Colloqui tra UE+UK e Iran al palo, Teheran rimane aperta al dialogo

L’incontro svoltosi ieri a Ginevra tra i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Regno Unito, accompagnati da Kaja Kallas in quanto Alta rappresentante per gli affari esteri della UE, con l’omologo iraniano Abbas Araghchi si è concluso con un nulla di fatto. Nonostante la rigidità europea, Teheran ha affermato di essere aperta alla continuazione del dialogo.

Sul fatto che il vertice svizzero non potesse portare molti risultati non c’erano dubbi, dato che i paesi europei hanno deciso di fare propria la posizione che è stata prima di Israele, e poi dell’amministrazione Trump, che ha cambiato idea nel mezzo dei negoziati con gli iraniani: la Repubblica islamica non deve avere alcun programma nucleare, neanche civile.

Una linea rossa su cui i suoi vertici non sono ovviamente disponibili a mediare. C’erano già state avvisaglie del fatto che gli europei non avessero nulla da offrire al tavolo di Ginevra. Basti pensare alla decisione contemporanea del Regno Unito di ritirare il proprio personale dall’ambasciata di Teheran, come a dire che la situazione è vicina a un’escalation ulteriore.

Del resto, poco prima dell’inizio dei colloqui, Araghchi lo aveva messo bene in chiaro: “se cercano il dialogo, non i negoziati, che al momento non hanno senso, non abbiamo alcun problema”. Un tale livello diplomatico si può raggiungere solo con la fine degli attacchi sionisti, e con la condanna alle azioni di Tel Aviv.

Inoltre, il ministro iraniano ci ha tenuto a puntualizzare che il dialogo si mantiene solo sul nucleare e sui conflitti regionali, non sulla dotazione di missili del paese. Infatti, poco prima dell’incontro Macron aveva parlato di una proposta complessiva da parte europea, con la quale si sarebbe richiesto anche di limitare l’attività missilistica. Oltre al danno anche alla beffa.

Viene da chiedersi dunque quale volesse essere il senso del vertice. Se Trump ha detto che è “difficile chiedere a Israele di fermarsi mentre vince”, da questa parte dell’Atlantico i politici europei hanno detto che non è nelle loro possibilità né di imporre a Tel Aviv la fine delle operazioni belliche, né di impedire l’intervento stelle-e-strisce.

Il presidente statunitense è stato molto duro, sia all’interno sia all’esterno: ha detto che le affermazioni della propria intelligence per cui non ci sono prove che la Repubblica islamica sia vicino alla creazione di un ordigno nucleare sono sbagliate, mentre per ciò che riguarda l’incontro di Ginevra ha detto che “è difficile che gli europei siano d’aiuto”.

Allo stesso tempo, però, ha parlato di due settimane per decidere se attaccare l’Iran, mentre Reuters, citando fonti diplomatiche, afferma che l’inviato speciale per il Medio Oriente della Casa Bianca, Steve Witkoff, e il ministro Araghchi si sono parlati più volte nell’ultima settimana. Anche il dialogo aperto da Bruxelles e da Londra era stato indicato come coordinato con Washington.

Trump sta cercando di non doversi impegnare in un complesso conflitto regionale con importanti echi globali, che potrebbe essere di non facile e veloce risoluzione. Da parte loro, i vertici europei vogliono cogliere l’occasione per assumere un ruolo determinante nello scenario diplomatico internazionale, ergendosi così ad attori credibili e autonomi nella competizione globale.

L’Iran, invece, non ha mai negato il confronto e l’accordo, come dimostrano i cinque round di trattative sul proprio nucleare col governo USA, prima dell’inizio dei raid israeliani. L’unico attore che conosce solo il linguaggio delle bombe è il regime sionista, che è anche la causa prima di questa crisi. Solo lo stop a Tel Aviv potrebbe portare a una soluzione diplomatica dell’escalation.

Per farlo, sarebbe necessario che, mentre il dialogo tra Teheran e l’Occidente collettivo continua, in tutte le sue forme, quest’ultimo si decida finalmente a condannare le azioni da ‘cane pazzo’ di Israele, e anche a tagliare accordi e imporre sanzioni. Il fatto che il G7 abbia appena ribadito il diritto di Israele a difendersi non lascia molti spiragli in questo senso.

Anche le velleità europee di ergersi a grande attore autonomo di pace fanno i conti con la potenza degli interessi materiali in ballo. Alcune fonti interne hanno già fatto sapere che, lunedì prossimo, la revisione richiesta per l’accordo di associazione UE-Israele probabilmente avrà esito negativo. E parliamo solo di una revisione. Se questi sono i ‘pacifisti’...

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