Pillole di storia recente. Tratto da “La Storia anomala” (terzo volume) di imminente uscita.
“A luglio 2006 la missione italiana in Afghanistan deve essere rinnovata con il voto del Parlamento. Una pattuglia di senatori e deputati del Prc e del PdCI, più collegati con i movimenti contro la guerra che si erano attivati nel paese dal 2003 in poi, annunciano la disponibilità a votare contro il rinnovo della missione militare in Afghanistan, una scelta che indubbiamente avrebbe messo in minoranza il governo Prodi intenzionato invece a mantenere gli impegni militari con la Nato e gli Usa.
La pressione contro questa pattuglia di parlamentari diventa fortissima. I compagni della RdC, non da soli ovviamente, capiscono che intorno a questi senatori e deputati occorre costruire un forte cordone di protezione e consenso politico che ne sostenga la scelta antiguerra.
In pieno luglio viene organizzata una grande e partecipatissima assemblea al centro congresso Frentani a Roma. Sala gremita, attestati di solidarietà giungono da personalità di ambiti assai diversi (da Gino Strada a Beppe Grillo). Vengono create tutte le condizioni affinché chi in Parlamento si schiererà contro il proseguimento dell’impegno militare italiano sarà tutt’altro che isolato.
Ma al momento delle scelte prevale però l’opportunismo e con mille giravolte tutti i membri dei gruppi parlamentari del Prc e del PdCI alla fine voteranno a favore del rinnovo della missione militare in Afghanistan. Si consuma così una prima rottura tra movimenti e partiti di sinistra presenti in Parlamento. Nelle piazze volano parole grosse e nelle relazioni si incrinano amicizie e attestati di stima costruiti negli anni.
A marzo del 2007 le cose anche in Parlamento diventano più chiare. In una mozione sulla politica estera del governo Prodi, un deputato del Prc (Franco Turigliatto) e un senatore del PdCI (Ferdinando Rossi) rompono le righe e votano contro le indicazioni dei loro gruppi parlamentari, mandando sotto il governo e provocando un terremoto politico. Entrambi verranno espulsi dai rispettivi partiti. Altri deputati e senatori dei due partiti, sollecitati a fare altrettanto, invece tradiranno le aspettative di tante compagne e compagni e si allineeranno alle indicazioni dei gruppi parlamentari di Prc e PdCI a supporto del governo Prodi.
Si consuma così una seconda e forse più profonda rottura politica tra gli esponenti dei partiti della sinistra in Parlamento e il loro popolo.
Gli esiti di questa rottura diventeranno clamorosi l’anno successivo (il 2008) con il fallimento elettorale della Lista Arcobaleno (costituita da Prc, PdCI e Verdi) e l’esclusione di questi partiti dalla presenza parlamentare, una assenza che perdura tuttora.
Eppure la manifestazione più clamorosa di questa rottura si rivelerà il 9 giugno 2007 in occasione della visita del presidente Usa Bush in Italia.
I movimenti sociali e antiguerra insieme ai sindacati di base convocano una manifestazione nazionale a Roma da Piazza della Repubblica a Piazza Navona contro la visita di Bush. I partiti della sinistra parlamentare (Prc e PdCI), per non entrare in contraddizione con il loro sostegno al governo Prodi, non partecipano alla manifestazione ma convocano a Piazza del Popolo una piazza alternativa al corteo.
Prima del 9 giugno, come è consuetudine, parte un appello dei soliti “pontieri” per ricongiungere le due manifestazioni. La Rete dei Comunisti in un comunicato risponde così a questi appelli: “Vogliamo dire che non possiamo condividere il loro appello perché è ormai dal luglio del 2006 che con molti dei firmatari le strade si sono divise e che il movimento No War (o parte di esso) è stato costretto da solo in tutti questi mesi a dare continuità agli obiettivi e alle battaglie condivise fino... al luglio 2006.
Lo ha fatto a luglio mentre in Parlamento si votava a favore del mantenimento della missione militare in Afghanistan e poi mentre Israele bombardava il Libano, lo ha fatto a settembre segnalando perplessità e contrarietà sulla nuova missione militare italiana in Libano, lo ha fatto a Novembre sulla Palestina (anche lì dividendosi sui contenuti in due piazze diverse e distinte), lo ha fatto a febbraio a Vicenza, lo ha fatto a marzo con la manifestazione del 19 e con i presidi sotto il Senato mentre nelle aule parlamentari si votava nuovamente a favore della missione militare in Afghanistan. Lo farà anche a giugno perché gli elicotteri Mangusta, i carri armati e nuovi soldati vengono inviati in Afghanistan nonostante ad aprile molti avessero dichiarato che non avrebbero mai accettato l’invio dei Mangusta, di altri soldati e armamenti nel mattatoio afgano.
Il 9 giugno a Roma ci saranno due manifestazioni perché questa realtà è il risultato dei fatti concreti sopraelencati. Ci sarà un corteo che attraverserà la capitale numeroso, partecipato, pacifico e animato da quelli che in questi dieci mesi non hanno rinunciato a contenuti e iniziative contro la guerra e ci sarà una piazza tematica animata dai partiti e dalle associazioni che tuttora sostengono e collaborano con il governo Prodi e le sue scelte concrete (….) Oggi non si può chiedere ai movimenti No War né a nessun altro di “non disturbare il manovratore”, è tempo che si abbia finalmente rispetto dell’autonomia dei movimenti dalle contingenze della “politica”.
La rottura è totale e produce una onda lunga che si riverbererà nel tempo. Il 9 giugno un enorme corteo contro la visita di Bush, la guerra e il governo Prodi, sfila per le strade di Roma cogliendo il sentimento diffuso nella sinistra e nei movimenti sociali del paese. I partiti della sinistra parlamentare si ritrovano isolati in una Piazza del Popolo semi deserta ma soprattutto disertata. Contropiano esce con un titolo significativo: “Una sinistra senza popolo”.
Da “La Storia anomala” (terzo volume) di prossima uscita
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento