Fino a qualche anno fa i mercati finanziari sembravano sensibili ad ogni “stormir di foglia”, nervosi e volatili di fronte ad ogni variabile che si presentava sullo scenario internazionale o sui mercati.
Ma la guerra in Medio Oriente, al momento, non sembra destabilizzare più di tanto le borse, al contrario quella che comincia a preoccupare e a far sorgere domande è proprio la loro apatìa di fronte egli eventi. Qualcuno parla ormai di “cinismo dei mercati” ben oltre la soglia fisiologica di un meccanismo che sul cinismo e la speculazione fonda la propria esistenza.
Dopo i raid Usa contro l’Iran, il prezzo del petrolio Brent era salito del 5,7%, fino a 81,40 dollari, il massimo da 5 mesi a questa parte. La fiammata però si era rapidamente esaurita e le quotazioni avevano virato in negativo. Lo stesso era accaduto al gas, salito di un pò dai 42 euro per Megawattora al Ttf in mattinata, ma poi in flessione dell’1% in chiusura, a quota 40,5 euro. Anche i future sul gas europeo non hanno risentito della ritorsione iraniana sulle basi militari Usa in Qatar in quanto la seduta all’Ice era già terminata quando ha iniziato a circolare la notizia di un imminente attacco iraniano in Qatar, Paese da cui proviene il 20% del l’offerta mondiale di Gnl.
Questa mattina alla Borsa di Milano, a causa del calo del prezzo del greggio, i titoli delle società legate al petrolio sono scesi: Eni (-4%), Tenaris (-3,3%), Saipem (-2,8%). Precipitano anche i prezzi del gas ad Amsterdam: -11,5% a 35,97 megawatt all’ora.
“Resta il fatto che i rischi nella regione non si sono spenti. E il mercato petrolifero a questo punto forse li sta sottovalutando” scrive oggi IlSole24Ore. L’Iran (o altri soggetti) potrebbero ancora colpire impianti nel settore Oil&Gas. “E ci sono molte opzioni meno rischiose e anche meno difficili da perseguire rispetto al tanto paventato blocco di Hormuz, che sta comunque spingendo molti armatori a minimizzare il tempo di permanenza delle navi nel Golfo, oltre a spingere al rialzo i costi di trasporto”.
A tranquillizzare Wall Street ci sono poi state le parole di Michelle Bowman. La vicepresidente della Federal Reserve, ha dichiarato che il momento per tagliare i tassi di interesse potrebbe avvicinarsi rapidamente. Non solo. Ha aggiunto di essere “più preoccupata per i rischi che incombono sul mercato del lavoro e meno del fatto che i dazi possano causare un problema di inflazione”.
Secondo il quotidiano economico tedesco Handesblatt “La maggior parte degli investitori scommette che il conflitto rimarrà limitato, senza un impatto significativo sull’economia globale”. Anche sui dazi, mentre si avvicina luglio e la fine della tregua annunciata da Trump, “gli investitori scommettono che i dazi non arriveranno alla fine. Ma così facendo, nascondono problemi essenziali”.
IlSole24Ore, si interroga sul come mai in un contesto così incerto “i listini restino quasi impassibili, senza volatilità”. Anche perché l’apatia dura da almeno metà maggio. Le Borse non avevano reagito neppure quando Trump, nel weekend del 30 maggio, aveva raddoppiato i dazi su acciaio e alluminio dal 25 al 50%: il lunedì successivo l’indice delle Borse europee aveva perso appena lo 0,21%.
Gli investitori sono convinti che sui dazi Trump stia giocando una partita a poker, con tanto di bluff, ma che alla fine gli accordi verranno trovati. E sulla guerra in Medio Oriente ritengono l’escalation un’ipotesi residuale. Dunque, in generale, pensano che il conflitto in Medio Oriente avrà un effetto contenuto sull’economia.
Dunque se fino a poco tempo fa erano il nervosismo e l’ipersensibilità dei mercati finanziari ad essere fonte di preoccupazione, oggi sembra preoccupare anche la loro apatìa di fronte agli eventi. Un segnale non certo di vitalità, anzi il suo contrario.
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