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24/06/2025

Dalla guerra “devastante” alla “pace subito”. Che succede?

Alle 6:00 di questa mattina USA e Iran hanno fatto partire una “tregua” di 12 ore, successivamente definita “illimitata”. Cui dovrebbe seguire, secondo i comunicati della Casa Bianca, una “pace” tra i due paesi.

È in qualche modo sorprendente che questo annuncia segua di poche ore la raffica di missili lanciati da Tehran contro una base militare USA in Qatar come risposta al bombardamento con ordigni bunker-buster dei siti nucleari iraniani.

E non è finita qui. Donald Trump, nel corso di un’intervista esclusiva a Nbc News, ha affermato che anche la guerra tra Israele e Iran è finita. Alla domanda su quanto durerà la tregua, il presidente americano ha risposto: “Durerà per sempre”, lanciandosi poi nel solito bla bla di panna montata sulle proprie virtù. È un “grande giorno per l’America” e un “grande giorno per il Medio Oriente”, “sono molto felice di essere riuscito a portare a termine l’opera”.

Alla domanda se la guerra fosse completamente finita, ha risposto: “Sì. Non credo che si spareranno mai più”. Di lì a minuti, come risposta all’ennesimo raid israeliano contro il proprio territorio, Tehran ha fatto partire un’altra ondata di missili che hanno raggiunto Haifa, Tel Aviv, Beer Sheba.

Un funzionario iraniano ha comunque confermato alla Reuters che Teheran ha accettato il cessate il fuoco.

“Al momento non esiste alcun ‘accordo’ su un cessate il fuoco o una cessazione delle operazioni militari, tuttavia a condizione che il regime israeliano cessi la sua aggressione non abbiamo intenzione di continuare la nostra risposta”, ha confermato poi su X il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi.

“Come l’Iran ha ripetutamente chiarito: Israele ha dichiarato guerra all’Iran, non il contrario”, scrive ancora Araghchi specificando che “la decisione finale sulla cessazione delle operazioni militari” di Teheran “verrà presa in seguito e a condizione che il regime israeliano cessi la sua aggressione illegale contro il popolo iraniano” entro stamattina.

Per ora, silenzio ufficiale da Israele che, se l’annuncio trumpiano venisse seguito da fatti coerenti, sarebbe il vero sconfitto questa svolta.

Qualcosa si era intuito dalle “stranezze” dell’attacco USA su Natanz, Fordow ed Esfahan. Quei buchi “troppo piccoli” per essere stati creati dalla bombe GBU-57, l’assenza di fughe radioattive, i camion che nei giorni precedenti facevano la spola dalle basi probabilmente per allontanare le componenti essenziali dei laboratori, ecc.. 

Tutti elementi che avevano portato a definire “telefonato” l’attacco americano, anche tramite una vera e propria chiamata per avvertire e circoscrivere il significato politico del bombardamento.

La stessa cosa è apparsa chiara ieri sera a proposito della risposta iraniana contro le basi USA in Qatar, confermata peraltro dallo stesso Trump: “Voglio ringraziare l’Iran per averci avvisato tempestivamente, il che ha permesso di non perdere vite umane e di non ferire nessuno. Forse l’Iran può ora procedere verso la pace e l’armonia nella regione e incoraggerò con entusiasmo Israele a fare lo stesso”.

Messa così, par di capire che ci sia stato uno scontro piuttosto serio dentro l’establishment statunitense tra il vecchio “deep state” neocon (quello che accomunava repubblicani e “dem”, Bush, Biden, Obama, Clinton) e il “nuovo sceriffo in città” (definizione data dal vice presidente Vance), ovvero il mondo “Maga” (Make America great again”). Ossia tra chi pensa di ristabilire l’egemonia statunitense a forza di guerre una dietro l’altra e chi pensa di riuscirci agendo soprattutto su altri terreni (dalle guerre commerciali con i dazi alle trattative con la pistola in pugno). Stesso fine imperiale, mezzi in parte diversi.

Due risposte diverse alla crisi – entrambe squilibrate e sature di rischi – che avrebbero trovato un momento di “compromesso” spedendo – sì – i bombardieri strategici B-2 sull’Iran (come chiedeva Israele, non in grado di condurre attacchi abbastanza rilevanti a grande profondità), ma senza dare il via a una guerra prolungata che avrebbe inevitabilmente costretto Russia e Cina a sostenere in vario modo Teheran, attaccata chiaramente per disgregare il progetto Brics+.

Il convitato di pietra resta Israele, in preda ad un delirio millenaristico genocida. Ma basteranno poche ore per chiarire se anche lì si è fatto strada un atteggiamento più realistico – la quantità di missili iraniani intercettati diminuiva di giorno in giorno, a riprova del rapido venir meno delle “munizioni” per lo scudo Iron Dome – oppure se verrà scelta l’antica strada di Sansone e Masada.

Ore 9:00. Israele ha accettato il cessate il fuoco con l’Iran proposto dagli Stati Uniti affermando di aver raggiunto i propri traguardi e di aver eliminato la doppia minaccia costituita dalle armi nucleari e missilistiche iraniane.

In pratica, ognuno può dire di aver vinto, anche se questa volta non ha vinto nessuno (tranne per i media più servili del mondo, a partire dal Corriere e Repubblica, ridotti a megafono delle vanterie del Mossad).

È semplicemente illogico, infatti, che se Israele fosse stato davvero sul punto di vincere avrebbe chiesto tanto insistentemente l’intervento diretto USA. O che si sarebbe accontentato di un intervento “recitato e telefonato”, dai dubbi risultati operativi, e condotto di concerto con Teheran in modo tale che nessuno si facesse davvero male.

Di fatto, perciò, non è neanche davvero una “pace”, ma una sospensione dalla durata incerta. Che verrà rotta da USA e Israele alla prima scusa utilizzabile... 

Certo che quella dell'“atomica iraniana quasi pronta, massimo quindici giorni”, ormai su piazza da quasi venti anni sarà ancor meno credibile. Ma verrà utilizzata lo stesso, non essendocene altre...

(In aggiornamento)

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