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23/06/2025

Iran e nucleare: una lunga storia /2 parte

di Massimo Zucchetti

1. Premessa

Il presupposto dell’attacco israeliano (con gli USA al seguito, da oggi) all’Iran è la presunta imminenza dell’acquisizione di armi nucleari da parte di Teheran.

È una affermazione infondata, che fa seguito a trent’anni di affermazioni infondate: essa si basa sulla coltivazione ad arte di malintesi fra le parti, tutti orientati verso il sabotaggio di ogni negoziato, per l’arrivo alla tanto agognata (per Israele, per la lobby sionista internazionale e gli Stati Uniti, questi ultimi null’altro oramai che servi delle prime due) guerra all’Iran.

Il supporto dei media occidentali che – come vedremo – lavorano a spron battuto per la guerra è stato essenziale, abile, continuo ed efficace: il dottor Goebbels nel 1938-1939 avrebbe dato a tutti loro la Croce di Ferro (di seconda classe, non esageriamo, quella di prima classe è riservata a chi rischia la pelle, cosa che i supporter della guerra non fanno mai: ci mandano gli altri, alla guerra).

2. Le colpe dell’Iran

Per non sembrare troppo “inclinato da una parte sola” (anche se tutti sanno che se, in una guerra fra un forte e un debole, tu sei “neutrale”, stai dalla parte del più forte) faccio una breve premessa con le “colpe” dell’Iran.

La colpa principale è aver cacciato lo Scià Rheza Palhevi nel 1979, un satrapo sanguinario e senza scrupoli che si autoproclamò “imperatore”, ma era in realtà un avventuriero ed un grandissimo mascalzone, amicissimo degli USA che per decenni hanno sostenuto un regime-fantoccio degno di quelli di Amin Dada, Bokassa, Batista, Papa Doc e Baby Doc ad Haiti, solo per fare qualche esempietto.

Poi, “i”: ha sempre affermato che la distruzione dello Stato di Israele, nella sua attuale forma di teocrazia sionista basata sull’apartheid e il lento genocidio dei palestinesi, sarebbe l’unica soluzione. Anche l’Iran è una teocrazia, ma qui – dato che oltretutto qualunque forma di “religione applicata alla gestione di uno Stato o dei rapporti fra Stati” mi mette in imbarazzo – vorrei tornare nel mio campo, la tecnologia nucleare.

Altra colpa.

L’Iran – tutte le volte che c’è una “crisi” – reagisce utilizzando l’arricchimento dell’Uranio come leva politica per riprendere i negoziati, sospendere le sanzioni, mostrare i muscoli. In pratica, c’è questo limite all’arricchimento dell’Uranio che la IAEA ha imposto all’Iran, intorno al 3,5%. Siamo lontanissimi dall’arricchimento necessario per un uso bellico (90%), ed oltretutto, come ho già scritto, è una strada tecnologicamente senza uscita; ma l’Iran ha più volte superato “dimostrativamente” questo limite.

È una azione stupida: giocare col fuoco, violando comunque le regole imposte dalla AIEA, per farsi mettere facilmente “dalla parte del torto”.

Un modo per dire: guardate che, se non trattiamo, noi arricchiamo l’Uranio. Non hanno MAI detto “per fabbricarci una bomba atomica all’Uranio”, anche perché esiste una cosa chiamata “fatwa” (come un anatema) che Khamenei ha pronunciato contro la bomba atomica.

A noi laici tutte queste scomuniche, maledizioni, etc. – da qualsiasi parte provengano – lasciano piuttosto freddi, ma insomma pare davvero che in Iran una fatwa sia una cosa molto, molto seria. Sorvoliamo... 

L’Iran è totalmente innocente, in questa diatriba? Certamente no, quindi ed ho elencato i due punti fondamentali: distruzione di Israele e arricchimento dell’Uranio. Ma non sono ragioni sufficienti per bombardare a tradimento. Per favore, evitiamo di renderci ridicoli citando altre “buone ragioni” per intervenire a suon di bombe: diritti umani, condizione della donna, etc. etc.

Discutere di queste cose sotto le bombe è demenziale: non vorrei neppure ricordare che le condizioni delle donne in Iran sono sicuramente migliori di quelle che si hanno in Arabia Saudita (che però è uno stato nostro grande amico, che ospita a pagamento il nostro Matteo Renzi) ed in molti altri Stati che però non suscitano indignazione alcuna né campagne mediatiche ad orologeria.

Per chiuderla qui, parafrasiamo John Lennon: BOMBING FOR PEACE (and HUMAN RIGHTS, WOMEN’S LIB) IS LIKE F*CKING FOR VIRGINITY).

3. La bomba fantasma

L’Iran non ha la bomba atomica, né ha intenzione di averla. Sa benissimo che sarebbe soltanto la ricetta più veloce per una sua totale distruzione. L’Iran ha ripetutamente invocato negoziati proprio per rinunciare all’opzione nucleare bellica in cambio della fine delle sanzioni statunitensi.

Dal 1992, Netanyahu e i suoi sostenitori sostengono che l’Iran diventerà una potenza nucleare “tra pochi anni”. O settimane...

Nel 1995, funzionari israeliani e alleati statunitensi fissarono una scadenza di 5 anni. Nel 2003, il direttore dell’intelligence militare israeliana affermò che l’Iran sarebbe diventato potenza nucleare “entro l’estate 2004”. Nel 2005, il capo del Mossad dichiarò che l’Iran avrebbe potuto costruire la bomba in meno di 3 anni.

Nel 2012, Netanyahu affermò all’Onu che “mancano solo pochi mesi, forse settimane, prima che ottengano abbastanza uranio arricchito per la prima bomba”. E così via.

Più di un elenco scritto, vale questo straordinario video “La Bomba di Bibi” che invito a guardare, sarebbe persino divertente se non fosse che rischiamo davvero tutti grosso.


4. La lunga e tortuosa strada verso la guerra

Questo andazzo che dura oramai da 30 anni, di scadenze continuamente posticipate, è parte in realtà di una ben conscia strategia, non sono errori di previsione.

Le affermazioni sono propaganda; esiste sempre una “minaccia esistenziale”, così come esistevano le “armi di distruzione di massa” in Iraq, la “strage di civili e le fosse comuni” in Kossovo nel 1999.

Più grave ancora è la falsa affermazione di Netanyahu secondo cui i negoziati con l’Iran sarebbero inutili. Fino a qualche mese fa, nessuno gli dava retta ed erano sempre stati esclusi da ogni negoziato. L’Iran ha ripetutamente dichiarato di non volere l’arma nucleare e di essere disposto a negoziare da tempo.

Giusto dubitare della buona fede dell’Iran. Sapendolo, Teheran ha costantemente proposto un accordo sottoposto a verifica internazionale indipendente, tramite la AIEA.

Al contrario, la lobby sionista si è opposta a qualsiasi soluzione, esortando gli Stati Uniti a mantenere le sanzioni e a rifiutare accordi che prevedessero un rigoroso controllo dell’AIEA in cambio della loro revoca.

Nel 2016, l’amministrazione Obama, insieme a Regno Unito, Francia, Germania, Cina e Russia, raggiunse con l’Iran il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa) – un accordo storico per monitorare rigorosamente il programma nucleare iraniano in cambio dell’alleggerimento delle sanzioni.

Tuttavia, sotto la costante pressione di Netanyahu e della lobby sionista, il presidente Trump si ritirò dall’accordo nel 2018.

Quando l’Iran disgraziatamente rispose aumentando l’arricchimento dell’uranio, fu accusato di violare un accordo che gli Usa stessi avevano abbandonato.

L’11 aprile 2021, il Mossad israeliano attaccò le strutture nucleari iraniane a Natanz. Dopo l’attacco, il 16 aprile, l’Iran annunciò che avrebbe ulteriormente aumentato l’arricchimento dell’uranio come leva negoziale, pur continuando a chiedere la ripresa dei negoziati su un accordo simile al Jcpoa.

L’amministrazione Biden rifiutò ogni trattativa.

All’inizio del secondo mandato, Trump aveva accettato d’aprire nuovi negoziati con l’Iran. Teheran si era impegnata a rinunciare alle armi nucleari e a sottoporsi a ispezioni AIEA, riservandosi però il diritto di arricchire uranio per fini civili. L’amministrazione Trump sembrava inizialmente concordare, salvo poi fare marcia indietro.

Da allora si sono svolti cinque cicli negoziali, con progressi dichiarati da entrambe le parti. Il sesto ciclo era previsto per domenica 15 giugno.

5. La corsa per intestarsi il ruolo di sceriffo, vice-sceriffo, aiutanti dello sceriffo

Israele – visto il buon momento – ha lanciato una guerra preventiva contro l’Iran il 12 giugno. Trump ha confermato che gli Usa erano a conoscenza dell’attacco in anticipo, pur dichiarando pubblicamente che i negoziati sarebbero ripresi. L’attacco israeliano è avvenuto non solo nel pieno di negoziati promettenti, ma a pochi giorni da una Conferenza Onu sulla Palestina che avrebbe potuto rilanciare la soluzione dei due Stati. La conferenza è ora rinviata.

L’Iran risponde agli attacchi, mentre Israele, dopo gli iniziali toni trionfalistici, non è evidentemente in grado di danneggiare in maniera irreparabile l’apparato nucleare iraniano. Trump, povero e stolto burattino nelle mani di cattivi consiglieri, il 22 giugno si mette a bombardare anche lui.

La domanda da porsi è semplice quanto scandalosa: può uno Stato aggredirne un altro sulla base di un’arma che non esiste, e farlo nel silenzio complice della comunità internazionale?

A ben vedere, il meccanismo non è nuovo. È lo stesso schema delle «armi di distruzione di massa» in Iraq, della «minaccia chimica» in Siria, delle «provocazioni nucleari» della Corea del Nord, della «minaccia esistenziale» rappresentata dalla Palestina. Una narrazione tossica, costruita per alimentare un perenne stato d’eccezione in cui Israele e USA possono fare tutto ciò che vogliono. Chi si oppone, viene bollato come antisemita, terrorista o complice del “male”.

Allora Trump è lo Sceriffo, Netanyahu il suo vice? In questa grande operazione di inganno, la stampa occidentale ha giocato un ruolo determinante, per guadagnarsi il pane e il ruolo di aiutanti dello sceriffo. Anziché smascherare la farsa, l’ha amplificata. Ha diffuso senza contraddittorio le minacce di Netanyahu, ha occultato le smentite dell’AIEA, ha ignorato i dossier dell’intelligence USA che nel tempo hanno escluso ogni progetto nucleare militare in Iran. Il giornalismo embedded ha ancora una volta sostituito l’informazione con la propaganda.

Ma secondo noi Donald Trump non è lo sceriffo: è solo un pupazzo in mano alla lobby sionista. Dopo il trionfale tweet di ieri mattina, arriva la dura realtà. L’agenzia di stampa iraniana, IRNA, conferma che il sito di Fordow è perfettamente intatto e operativo.

Può anche darsi che Trump abbia fatto questo bombardamento per mettersi in prima fila. Come mai gli USA continuano a non rifornire la contraerea israeliana e lasciano che l’Iran bombardi Israele senza problemi?

Appare evidente che il sito di Fordow è inattaccabile anche dalle più potenti bombe convenzionali. Dobbiamo essere felici di questo? Non lo so. Sembra mostruoso dirlo, ma chi può escludere che fra qualche giorno, vista l’inevitabile reazione iraniana, Trump non faccia un altro tweet in cui dice che per “ottenere definitivamente la PACE” hanno dovuto bombardare l’Iran con degli ordigni termonucleari tattici?

Io non mi sento di escluderlo. Avrei già escluso che venissero bombardati a tradimento tre impianti nucleari. Così come avrei escluso che ad Israele fosse consentito di distruggere il 70% delle case a Gaza, e far fuori circa 100.000 civili innocenti senza che ci fossero delle reazioni forti da parte della Comunità Internazionale.

Dimenticavo, però, che essa non esiste più.

Mi ha fatto pensare la pacata affermazione di un negoziatore iraniano oggi: stavamo negoziando con gli USA e Israele ci ha bombardato. Stavamo negoziando a Ginevra con l’Unione Europea e gli USA ci hanno bombardato. Adesso ci dicono di “tornare al tavolo negoziale”: va bene, quale?

È questo il contesto in cui si colloca l’attuale escalation contro Teheran. Non si tratta di un intervento difensivo, ma di un atto aggressivo fondato su una paranoia costruita artificialmente. Una paranoia utile a compattare l’opinione pubblica interna, a distrarre dai crimini di guerra commessi a Gaza, a riposizionarsi strategicamente nel nuovo Grande Gioco mediorientale che vede Israele sempre più isolato sul piano etico, ma sempre più integrato nei piani USA di destabilizzazione della regione.

Oggi, nel frattempo, l’Iran bloccherà lo stretto di Hormuz, attraverso il quale passa un terzo di tutto il petrolio e gas del mondo. Qual è il mio consiglio di esperto nucleare? Beh, fate il pieno di benzina. L’Orologio dell’Apocalisse segna poche decine di secondi alla mezzanotte, il punto più vicino all’Armageddon nucleare dalla sua creazione nel 1947.

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