L’esordio operativo di una legge inqualificabile sulla cosiddetta “sicurezza” è sempre un esperimento “in corpore vili” che dimostra più di quello che sarebbe stato logico attendersi.
L’ultimo “decreto” voluto e approvato – con la “fiducia” – era atteso alla prova empirica e un po' tutti si aspettavano che sarebbe stato testato su “nemici storici”, ancorché niente affatto pericolosi. Insomma, su “anarchici” o “antagonisti”, consentendo così a governo e polizie di”fare una prova” senza rischiare incidenti politici rilevanti.
In fondo è chiaro che si tratta di una legge liberticida, pensata per impedire le proteste – oltre che per “scudare” le “forze dell’ordine” autorizzandole persino a organizzare e dirigere “organizzazioni terroristiche” – ma proprio per questo l’esordio avrebbe dovuto essere “soft”, tale insomma da ottenere il risultato voluto (incutere timore tra gli aspiranti manifestanti) ma riscuotendo il silenzio-assenso della pseudo-opposizione “democratica”.
E invece una questura politicamente incauta, o troppo desiderosa di farsi notare, ha deciso di aprire il dossier “ddl 1660” nientepopodimeno che sui metalmeccanici. Addirittura a Bologna, città simbolo di infami attentati terroristici organizzati dallo Stato e subappaltati alla manovalanza fascista nonché feudo fin qui inattaccabile del PD.
Ieri, oltre allo sciopero generale di USB e altri sindacati di base, c’era anche lo sciopero dei metalmeccanici proclamato da Cgil-Cisl-Uil per chiedere la riapertura delle trattative per il rinnovo del contratto. E proprio a Bologna era stata convocata la manifestazione nazionale.
Circa diecimila metalmeccanici sono sfilati per le vie periferiche della città (non si mai detto che i sindacati “complici” provino a infastidire in alcun modo...), fino ad imboccare la tangenziale, che non faceva parte del percorso concordato preventivamente.
Inevitabile un ingorgo temporaneo del traffico, ma del resto non si può certo pretendere che una vertenza che riguarda oltre un milione e trecentomila lavoratori – erano quasi due milioni ancora venti anni fa – sia gettata in un angolo, fuori dalla vista, tra viali deserti e pochi passanti distratti.
La stessa parola d’ordine su cui era stata convocata la manifestazione era del resto quasi una promessa azzardata – “senza contratto il Paese si blocca” – almeno per quanto riguarda la (scarsa) combattività delle organizzazioni suddette.
La deviazione sulla tangenziale poteva dunque essere gestita molto tranquillamente, come un piccolo incidente di percorso da affrontare in sede di discussioni post evento, con un paio di telefonate di “rimprovero”, e nessuno se ne sarebbe accorto. Oltretutto era stata evidente la contrattazione tra sindacalisti e “ufficiali di piazza” quando la deviazione stessa era stata concessa a due condizioni: i manifestanti devono entrare e uscire dal tratto in 45 minuti e senza accendere fumogeni.
E invece, dopo poche decine di minuti, ecco la questura annunciare che avrebbe “denunciato” i manifestanti per “blocco stradale” – un “reato” considerato gravissimo dal governo neofascista in carica, tanto da meritare magari qualche anno di galera. Anche se fino al 10 giugno – data di pubblicazione della “legge” – era nient’altro che un “illecito amministrativo” punibile con una ammenda di pochi spiccioli.
Il tutto con una nota ufficiale d’altri tempi: “I manifestanti, disattendendo le prescrizioni, hanno fatto ingresso in tangenziale, creando il blocco della circolazione stradale sul tratto interessato. I Reparti inquadrati della polizia, per scongiurare il verificarsi di ulteriori situazioni di pericolo, hanno evitato respingimenti con l’uso della forza. I dimostranti verranno denunciati penalmente”.
Un’altra parola ed era subito 1977, no?...
Immediatamente è stato chiaro che era stata fatta una cazzata. In primo luogo politica. Cgil-Cisl-Uil sono ormai tre sindacati “di palazzo”, cui ogni governo affida il monopolio della “rappresentanza” anche quando non sono presenti in una azienda.
Sono oltretutto “cinghie di trasmissione” di diversi partiti politici, e spicca tra loro quella Cisl passata da tempo armi e bagagli a supporto dello stesso governo Meloni, tanto da far premiare il fresco ex segretario generale – Sbarra, per ironia della Storia – con un sottosegretariato fatto su misura.
Far passare questi carrozzoni corporativi per “sovversivi” era insomma piuttosto difficile, anche se il prode Fabio Rampelli – vecchio fascistone romano – ci ha provato con autentico sprezzo del ridicolo: “per i gruppettari di sinistra è assolutamente normale che decine di migliaia di sedicenti operai occupino la tangenziale bloccando la circolazione. Ormai siamo alla sovversione democratica, al teppismo di partiti e sindacati storici e la chiamano libertà...”.
“Gruppettari” i pallidi eredi del sindacalismo targato Pci-Psi-Dc? “Sedicenti operai” diecimila metalmeccanici in tuta blu? Dai, anche Netanyahu ci avrebbe pensato un attimo prima di spararla così inverosimile...
Col passare delle ore dalla questura è balenato un refolo di resipiscenza, con la derubricazione della “denuncia” – oltretutto complicata da stendere, visto che ben pochi dei diecimila erano chiaramente identificabili – in più modesta “segnalazione all’autorità giudiziaria” competente per territorio.
Probabile che, alla fine, verranno “segnalati” soltanto gli organizzatori ufficiali della manifestazione, e che il passaggio in Procura sarà più formale che sostanziale.
Resta però gigantesco il problema della libertà di manifestare davvero un’opposizione autentica alle politiche del governo. Oggi, per dire, esponenti del PD o dei Cinque Stelle hanno preso parola per stigmatizzare l’operato della questura di Bologna. Possiamo dire con qualche certezza che non lo avrebbero fatto se la “prova del budino” fosse stata fatta su giovani e anziani manifestanti appena un po’ più radicali.
Del resto la logica di questo ultimo “decreto” trasformato in legge risale chiaramente a quel Minniti passato di poltrona in poltrona – dal “gruppo dei Lothar” che scortava mandrake-D’Alema a palazzo Chigi, poi al ministero dell’interno e agli accordi con gli scafisti libici (pardòn, la “polizia costiera”...) e quindi al “controllo” dei servizi segreti e infine alla galassia del militare-industriale italiano –.
Lo spazio di “agibilità democratica” si va restringendo a ben poco in tutto l’Occidente neoliberista – basta guardare a quel che avviene negli Usa, in Francia, in Germania, ecc. – e un governo fascista dimostra di essere tale proprio in questa spirale.
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