Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni

25/06/2025

Il vertice NATO entra nel vivo, Rutte stende il tappeto rosso alle spese militari al 5%

Entra oggi nel vivo il vertice NATO dell’Aja, soprattutto perché è arrivato ieri sera l’ospite principale, il presidente statunitense Donald Trump. Dopo aver chiuso, momentaneamente, il fronte iraniano, che aveva aperto camminando sul filo sottile su cui era stato spinto da Israele, ora arriva in Olanda per incassare il nuovo target dell’alleanza per ciò che riguarda le spese militari: il 5% del PIL.

Una percentuale che significa un obiettivo di investimento più che raddoppiato rispetto a quello approvato in Galles, nel 2014, e dunque una decisa spinta verso la corsa agli armamenti (di cui ovviamente si avvantaggeranno molto le industrie stelle-e-strisce), la transizione verso un’economia di guerra, l’accumulazione di forze per ulteriori escalation che si preparano nello scenario di una competizione globale sempre più bellica.

Che sia Trump l’ospite d’eccellenza della giornata l’ha reso chiaro Rutte, con un messaggio privato inviato al tycoon, il quale ha pensato bene di renderlo pubblico, per mandare un segnale chiaro: tutti devono continuare a inchinarsi allo strapotere USA, è ancora Washington il centro del mondo – o per lo meno dell’Occidente. Riportiamone alcune delle parole usate, perché sono significative:
Riuscirai in qualcosa che nessun presidente americano è riuscito a ottenere in decenni. L’Europa pagherà in grande misura, come è giusto che sia, e sarà una tua vittoria... Signor Presidente, caro Donald, congratulazioni e grazie per la tua azione decisiva in Iran, davvero straordinaria, che nessun altro avrebbe osato compiere. Ci rende tutti più sicuri. Stasera volerai verso un altro grande successo all’Aja. Non è stato facile, ma siamo riusciti a far firmare a tutti il 5%.
Toni da paggio reale, che blandisce l’autorità per ribadire la linea di comando. “Siamo riusciti a far firmare a tutti il 5%” (che dovrebbe essere diviso tra un 3,5% di spese militari in senso stretto, e un 1,5% per spese in sicurezza) significa anche che la ritrosia spagnola avrà un impatto fino a un certo punto. Del resto, al riguardo proprio Trump aveva detto che il comportamento di Madrid “è molto ingiusto nei confronti degli altri (alleati, ndr).

Probabilmente, la dichiarazione finale conterrà formule abbastanza flessibili da poter mettere d’accordo tutti, e soprattutto indicherà il 2035 come orizzonte entro il quale raggiungere la soglia prefissata. Con il 2029 come data intermedia per una verifica sugli obiettivi che, come sottolinea La Stampa, non è una data casuale: per allora Trump potrebbe non essere più alla Casa Bianca, e allora potrebbero essere rivisti alcuni aspetti dell’accordo di oggi.

E, soprattutto, si sarà vicini anche alla scadenza prevista dal piano Readiness 2030, ovvero il piano di riarmo UE. Oggi è previsto anche un incontro, presieduto da Rutte, tra Zelensky e i paesi dell’E5, il formato diplomatico che vede uniti i cinque maggiori paesi dell’assetto europeo della difesa: Germania, Francia, Regno Unito, Polonia, e ovviamente Italia. Non a caso, sono anche i principali esponenti dei ‘volenterosi’, anche se Meloni ha provato a smarcarsi da una precedente riunione.

Sarà stata contenta Elly Schlein, che aveva criticato la presidente del Consiglio per non essere stata abbastanza guerrafondaia sull’Ucraina. In realtà, la leader italiana giocava fianco a fianco di Trump, ed era questo poi il problema reale dietro l’attacco della segretaria del PD. E anche alla cena tra capi di stato e di governo che si è svolta ieri Meloni ha ripetuto il copione, sedendosi accanto a The Donald.

In Parlamento, poche ore prima, ha perfino affermato che se è d’accordo per una maggiore collaborazione a livello europeo, allo stesso tempo ha ricordato che “il sistema di difesa occidentale è basato sulla NATO” e che “sarebbe un errore una difesa europea parallela alla NATO, sarebbe una inutile duplicazione”.

Dichiarazioni che sembrano più indirizzate a difendere l’alleanza atlantica, almeno fintanto che non sarà davvero pronta quella europea, se le guardiamo in relazione alle parole che, poco dopo, ha speso Trump mentre era in viaggio sull’Air Force One: “esistono numerose definizione dell’articolo 5” del trattato costitutivo della NATO, quello che impone l’intervento in difesa di un membro attaccato.

È evidente che una tale affermazione è stata fatta per esercitare pressione sugli alleati, affinché accettassero il target del 5%. Ma è anche evidente che la Meloni, se sul lato prettamente economico vuole un’Italia assolutamente integrata con le mire imperialistiche europee, sul lato della difesa rimane ancora preoccupata delle possibilità concrete della UE in un mondo che corre verso la guerra.

In un certo senso, da contraltare fanno le parole che ha pronunciato al Bundestag il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Per lui, l’aumento delle spese militari “non lo facciamo per fare un favore agli Stati Uniti e al loro presidente, come alcuni sostengono. Siamo fermamente convinti di doverlo fare perché la Russia sta attivamente e aggressivamente minacciando la sicurezza e la libertà dell’intera regione euro-atlantica”.

Insomma, usando la propaganda della Russia come minaccia esistenziale, il paese guida della UE spinge sul riarmo ‘autonomo’ rispetto ai desiderata statunitensi. L’Ucraina, in tutto questo, diventa l’agnello sacrificale e insieme il campo di battaglia, la carne da macello, la spinta al riarmo e il laboratorio delle nuove tecnologie belliche.

Al di là di queste faglie, che sono assolutamente concrete, rimane il fatto che l’Occidente collettivo ha deciso che la guerra sarà il leitmotiv della politica da qui agli anni a venire. La terza guerra mondiale, per i suoi vertici, non è uno degli scenari, è un problema di quando e come. La preparazione comincia oggi all’Aja.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento