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21/06/2025

La Commissione conferma: “giustificato scavalcare il Parlamento UE sul SAFE”

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha risposto alla collega Roberta Metsola, a capo del Parlamento Europeo, che non torna indietro sulle proprie decisioni: nessun passaggio in aula per il SAFE, i fondi per gli acquisiti comuni del piano di riarmo europeo. L’utilizzo dell’articolo 122 del TFUE è considerato legittimo.

Il dettato della citata norma del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea prevede una clausola di emergenza per cui è possibile scalvare il parlamento di Strasburgo nel voto di una proposta della Commissione. Da Bruxelles scrivono che l’urgenza è giustificata dal “drastico deterioramento del contesto di sicurezza, che richiede un massiccio incremento della spesa nell’industria della difesa”.

“Safe è stato proposto come risposta eccezionale e temporanea a una sfida urgente ed esistenziale”, scrive von der Leyen. Tale sfida è il pericolo russo alle porte, anche se si tratta della copertura propagandistica della vera sfida, ovvero quella di diventare un attore imperialistico a tutto tondo e di poter vantare una maggiore autonomia da Washington nella rottura dell’euroatlantismo.

Il mese scorso Metsola aveva minacciato il ricorso ad azioni legali se la Commissione non fosse tornata sui propri passi. A questo punto, il prossimo passo sarà la votazione che avverrà in Commissione Affari Giuridici di Strasburgo (JURI) martedì prossimo, che dovrà decidere se aprire un contenzioso ufficiale presso la Corte di Giustizia UE, che potrebbe durare anche due anni.

Bisogna ricordare che il Parlamento Europeo ha già approvato ex post il piano di riarmo, compreso il SAFE. Von der Leyen, tra le altre cose, ha ricordato che l’assemblea ha esaminato numerose altre proposte in materia di difesa attraverso le procedure ordinarie, “dimostrando che la Commissione non ha mai inteso eludere i poteri del Parlamento Europeo, nemmeno in un contesto che richiedeva un’azione rapida”.

Nel merito, tutti i vertici europei sono saldi sull’idea di procedere a passo spedito verso un’economia e una politica di guerra. È solo nel metodo che Strasburgo ha avuto da ridire, facendo ricadere il dossier dentro i parametri dell’articolo 173 del TFUE, quello riguardante la competitività dell’industria europea, e dunque del suo complesso militare-industriale, in questo caso.

Come abbiamo scritto ai tempi, il vero contendere della questione era sostanzialmente una diatriba lobbistica, tutta interna alle consorterie che gravitano intorno ai gangli del comando UE, le quali avrebbero voluto avere maggior peso nella definizione dei criteri del SAFE, e nelle spartizioni che accompagnerà.

Il fatto che l’approvazione definitiva del SAFE dovesse passare unicamente dai governi non ha infatti trovato ostacoli una volta che il dossier è arrivato sul tavolo del Consiglio dei ministri per gli Affari europei. Gli esecutivi delle stesse forze politiche che siedono a Strasburgo hanno dato il via libera senza batter ciglio.

Se mai ce ne fosse stato bisogno, l’intera vicenda mostra l’inconsistenza del Parlamento Europeo. Ma, del resto, è l’architettura stessa della UE che è stata pensata per limitare al minimo il dibattito politico, e per accentrare il potere negli esecutivi, siano quelli nazionali o quello comunitario. È quello che succede quando la politica estera diventa il vettore delle decisioni prese all’interno di un’intera comunità.

Un centro unico di comando, poco imbrigliato dalla dialettica politica, è quello che serve per un’entità come la UE che si vuole gettare nella competizione globale, che si prepara a entrare in una condizione di guerra continua.

Sentiamo spesso dire dai finti ‘democratici’ che le ‘autocrazie’ hanno un vantaggio: non dover rispondere al dibattito pubblico, alle opinioni delle persone.

Non possiamo che concludere che la UE, questa natura autocratica, la rappresenta in pieno.

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