Il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) ha annunciato oggi di aver
interrotto il ritiro dei suoi militanti dalla Turchia perché Ankara non
ha fatto alcun passo concreto verso le riforme promesse alla minoranza
curda. È quanto emerge dal comunicato diffuso oggi dall'agenzia stampa
Firat News, a tre mesi dalle prime manovre di ritiro di circa 2.500
guerriglieri verso il Kurdistan iracheno iniziate dopo l'accordo
avvenuto tra il primo ministro turco Recep Erdogan e il capo del PKK
Abdullah Ocalan l'autunno scorso nel quadro del primo processo di pace
intavolato tra le parti.
"Il ritiro dei combattenti - si legge nel comunicato - è stato fermato.
Il cessate il fuoco sarà mantenuto per permettere al Partito di
Giustizia e Sviluppo (AKP) di lanciare delle iniziative". La
dirigenza del PKK, inoltre, ha attribuito la totale responsabilità della
situazione di stallo al primo ministro Erdogan, colpevole di "non aver
fatto alcun progresso sulla questione curda", come previsto invece
dall'accordo. Il 21 marzo scorso Ocalan, condannato all'ergastolo
nel 1999 e attualmente rinchiuso nell'isola-prigione di Imrali, aveva
annunciato un cessate il fuoco unilaterale e i suoi guerriglieri avevano
cominciato una lenta migrazione verso la frontiera irachena: una svolta storica, che profilava la fine di un conflitto che dal 1984 ha causato più di 40 mila morti.
In cambio, il governo turco avrebbe dovuto attuare una serie di riforme
in favore di quei 15 milioni di curdi che vivono oppressi in Turchia.
Tra queste, il PKK aveva chiesto degli emendamenti al codice penale e
alle leggi elettorali, oltre al diritto all'educazione in lingua curda e
a una forma di autonomia regionale. Niente di tutto questo è avvenuto.
Oltre alla lentezza delle operazioni in Parlamento dovuta allo scontro
tra maggioranza e opposizione sulla riforma della Costituzione agognata
dai curdi, la nuova legge giudiziaria promulgata lo scorso marzo non ha
ancora prodotto la liberazione - che alcuni credevano scontata - delle
migliaia di detenuti politici curdi in Turchia.
Erdogan, intransigente sulla questione nonostante l'accordo, ha
precisato che un'amnistia generale per i ribelli e soprattutto per
Ocalan - considerato da una larga fetta dell'opinione pubblica turca un
terrorista - assieme all'insegnamento in lingua curda, "non erano
questioni di stretta attualità". Ha inoltre criticato lo svolgimento del
ritiro curdo, affermando che appena "il 20 per cento di loro,
soprattutto vecchi e bambini, ha effettivamente lasciato il paese". Ma,
nonostante tutti i paletti che sta mettendo tra sé e il processo di pace
con i curdi, Erdogan ha dichiarato alla stampa di essere fiducioso:
"Non credo - ha dichiarato ai giornalisti nell'aereo che lo riportava ad
Ankara da Buenos Aires - che ci saranno ostacoli maggiori. L'importante
è che il popolo (curdo) desideri la continuazione di questo processo".
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento