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05/04/2015

Iran - Raggiunto accordo sul nucleare, ma la battaglia continua

Vago e insoddisfacente, ma pur sempre storico. L’accordo sul nucleare siglato ieri sera a Losanna, dopo una maratona di otto giorni delle delegazioni di Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia, Germania e Iran che ha sforato la data-limite concessa per raggiungere un primo accordo quadro, promette di essere discusso, osteggiato e rimaneggiato ancora. Ma ciò non toglie che alla fine c’è e mette fine a oltre un trentennio di isolamento diplomatico ed economico iraniano.

L’attività si era fatta frenetica durante l’ultimo round di colloqui, tra chi trapelava ottimismo per la fase a cui erano giunti i negoziati e chi, da dietro le quinte, ammetteva che i nodi principali non erano ancora stati sciolti del tutto. Sembrava che alla fine l’Iran avesse osato il pugno di ferro, impuntandosi su alcuni dettagli quali il rifiuto di trasportare fuori dal paese gli stock di uranio arricchito, dettagli fondamentali per la comunità internazionale allarmata dai continui moniti di Israele e del Congresso Usa sulla pericolosità di Teheran e la sua volontà di costruire una presunta bomba atomica.

Soddisfatta a metà la Repubblica islamica che ha ceduto due terzi delle sue centrifughe in cambio dell’allentamento delle sanzioni: delle 19 mila attualmente in funzione, ne rimarranno infatti solo 6 mila. Teheran perderà anche un reattore per il plutonio e dovrà autorizzare regolari ispezioni dell’Aiea alle sue centrali. L’allentamento immediato delle sanzioni, su cui Teheran si era impuntata fino agli ultimi istanti, avverrà invece in modo graduale: quelle Usa, quelle dell’Unione Europea ma soprattutto quelle del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Soddisfatta a metà anche l’amministrazione Obama, che è riuscita a incassare un negoziato con l’Iran nel bel mezzo di una più ampia offensiva anti-sciita portata avanti dalle monarchie sunnite del Golfo e dai loro alleati, Egitto e Israele, tra ambiguità diplomatiche nei confronti di Teheran (sostegno all’offensiva guidata da Riyadh contro l’Iran in Yemen) e collaborazione forzata sul campo (in Iraq contro l’Isis). Il più grande successo diplomatico di Obama, che ora dovrà iniziare una nuova battaglia contro Israele e il Congresso che, alleati, osteggiano il negoziato e le mosse dei democratici da un anno e mezzo. Washington, infatti, nonostante si fosse impuntata anche lei in fase finale su una serie di misure limitative al programma nucleare iraniano che accontentassero i critici dell’accordo, ha dovuto rinunciare e venire incontro a Teheran.

Molte sono le clausole e i dettagli ancora da discutere prima di apporre la firma finale: la data limite per la chiusura del negoziato è fissata al 30 giugno, e saranno mesi in cui le delegazioni dovranno discutere meticolosamente su ogni punto. L’accordo di massima c’è, e durerà 10 anni (non 15, come voleva Washington), ma la battaglia promette di continuare. Per ora il Congresso Usa, che dovrà votare per l’allentamento delle sanzioni e che aveva promesso nuove misure punitive se l’accordo quadro non fosse stato raggiunto per tempo, non si è ancora sbilanciato: il senatore repubblicano Bob Corker, presidente della Commissione Affari Esteri del Senato si è limitato a dire che “è presto per capire se l’accordo è abbastanza forte da fermare le ambizioni nucleari iraniane”.
 
Soddisfatta invece l’Onu, per un accordo quadro che, a detta del segretario generale Ban Ki-Moon, “prepara la strada per un accordo comprensivo storico”. “L’accordo comprensivo – ha fatto sapere il segretario generale tramite un suo portavoce – porterà dei limiti sostanziali al programma nucleare iraniano ma anche all’allentamento delle sanzioni. Rispetterà i bisogni e i diritti di Teheran assicurando alla comunità internazionale che le sue attività nucleari rimarranno solo pacifiche”. Teheran, seppur con meno garanzie e privacy, ne esce con dignità: quel diritto al nucleare che solo una parte di mondo si arroga di avere, se l’è guadagnato.

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