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19/06/2015

Il derby di Milano


Nella primavera prossima si voterà per il sindaco di Milano, ma forse anche di quello di Roma e, in questo caso, sarà un appuntamento decisivo per le sorti di tutte le forze politiche. Ma, anche la sola Milano, sarà un test suscettibile di dare indicazioni più generali. Vediamo nell’ordine cosa può attendersi e cosa temere ciascun partito.

Il Pd è sicuramente quello più esposto dopo la batosta (pardon: il successo) del 31 maggio e se la tendenza al calo dovesse confermarsi o proseguire, le politiche non sarebbero più così scontatamente vinte dal Pd e, probabilmente, si aprirebbe una "notte dei lunghi coltelli" già da prima. Vice versa, se la lista di partito dovesse avere un buon risultato, cioè più verso il risultato massimo delle europee, anche se, per un caso, dovesse esser perso il sindaco, per il Pd sarebbe il segnale di ripresa dopo la doccia fredda del 31 maggio.

Le cose si metterebbero molto male se dovesse esserci anche Roma. Un sondaggio di questi giorni, segnala questi valori: M5s 30%, Marchini 20%, Pd 17%. Dunque, il Pd sarebbe escluso anche dal ballottaggio e sarebbe molto più che dimezzato rispetto alle europee, un risultato catastrofico. Ovviamente, il Pd farà carte false per evitare le elezioni anticipate a Roma, ma, per come si sta mettendo, la vedo piuttosto difficile da scansare. Ovviamente non è detto che il risultato debba essere quel crollo che il sondaggio dice, ma è ragionevole pensare che comunque ci sarà una flessione e nemmeno tanto leggera. Così come è facile prevedere che il tema di “Mafia capitale” terrà banco riflettendosi anche sulle altre consultazioni, esattamente come il caso De Luca ha avuto effetti anche a Genova, Veneto o Umbria. Forse al Pd converrebbe andare a nuove elezioni a Roma subito, già in autunno, per evitare il cumulo con Milano. Per quanto si tratti di elezioni comunali, sarebbe difficile dire che il governo non c’entra nulla: sarebbe una nuova legnata dopo quella di quest’anno e nelle due città più importanti del paese.
E se la flessione dovesse andare al di là di un certo segno, queste elezioni potrebbero essere la tomba del fiorentino.

Forza Italia, o quel che verrà dopo di essa, può solo sperare di mantenersi fra il 9 e l’11%, ma è molto probabile che scenda ben al di sotto dell’8%: sarebbe il definitivo “rompete le righe” e sarà interessante, in quel caso, vedere come si distribuiscono gli elettori. Comunque, una sconfitta a Milano (non parliamo di Roma) sarebbe il capolinea anche se magari un candidato sindaco di Fi dovesse avere qualche risultato grazie all’accordo con la Lega.

Lega: ovviamente la scommessa di Salvini è conquistare il comune e, comunque, avere un buon risultato di lista. I guai potrebbero esserci se ci fossero anche le comunali a Roma: qui difficilmente la Lega prenderebbe più del 4-5%, il che significherebbe il tramonto del sogno dell’egemonia leghista sulla destra. Con il 5% a Roma ed il 2 o 3% nel sud, il polo della lega sarebbe sconfitto in partenza. Anche il trucchetto della doppia alleanza (una al Nord direttamente incentrata sulla Lega, una al Sud più fascistoide e con i resti di Fi) sul modello di quella fatta da Berlusconi nel 1994 non funzionerebbe, perché conta chi è il candidato Presidente del Consiglio e se è Salvini, da Roma in giù si va molto sotto il 5%, come dire che, per vincere, la coalizione (o la lista) dovrebbe prendere percentuali plebiscitarie al nord. Se Salvini vuole imporsi come leader dello schieramento di destra, deve sfondare da Roma in giù, non gli basta Milano. Se si dovesse votare solo nel capoluogo lombardo e le cose dovessero andar bene per la Lega, Salvini avrebbe una prova d’appello. Ma se si votasse anche a Roma, le cose si farebbero difficili.

Un altro problema che ha Salvini è se candidarsi personalmente come sindaco, scelta difficile perché, se riuscisse, poi sarebbe difficile svincolarsi per candidarsi alla Presidenza del consiglio due anni dopo. Se non riuscisse sarebbe una sconfitta che lo danneggerebbe. Se poi decidesse di non candidarsi, chi tira fuori? Non mi pare che la Lega abbia tante risorse a disposizione.

M5s: se si votasse a Roma sarebbe il biglietto vincente della lotteria:  anche se alle amministrative il M5s dà pessima prova di sé, però lo scandalo di Mafia Capitale gonfierebbe le sue vele e farebbe balenare il sogno di tornare ad un 25% nazionale o anche qualcosa di più. Più complessa è la vicenda milanese: la giunta Pisapia è stata un disastro ed il giovane Mattia Calise è bravo e si è dato molto da fare, però non so se il M5s sia in grado, in questo contesto, di superare il gap delle amministrative. Non so se decideranno di candidare come Sindaco Di Pietro, sin qui non c’è stato né un si né un no netto. Il M5s per sua convinzione (che personalmente trovo abbastanza insulsa) non fa coalizioni, neppure con liste civiche, per cui non so, se Di Pietro accetterebbe di candidarsi con una lista secca del M5s (al quale, peraltro, non mi risulta che aderisca). Comunque, una candidatura del genere (al di là del giudizio che si possa dare sull’ex magistrato e sull’auspicabilità politica di essa) avrebbe un peso e piazzerebbe il M5s in buona posizione, vice versa sarà importante vedere quale nome tireranno fuori dal cilindro. Ho l’impressione che la trovata del “cittadino qualunque” totalmente sconosciuto, sia un espediente un po’ logoro.

Sinistra Radicale: salvo la Liguria, la tornata del 31 maggio è stata avara di successi con la sinistra “radicale”. Da questo dovrebbe derivare che a Milano (e forse a Roma) dovrebbe esserci una lista unica che vada da Civati a Rifondazione, da Sel ai comunisti italiani ecc. Questo in teoria, in pratica le cose sono meno semplici ed abbastanza nebulose. In primo luogo nessuno capisce che intenzioni ha Landini. Personalmente sono convinto che la sua coalizione sociale non sposti più dell’1 o 2%, ma, a quanto pare, molti pensano il contrario e, prima di decidere cosa fare, vogliono sapere cosa fa lui. Poi c’è il problema: candidatura da soli o in coalizione con il PD? Sel, ci scommetto quel che volete, è pronta ad andare in coalizione con il Pd. Civati non so, ma sarebbe paradossale fare una scissione per poi andare al soccorso di quello da cui ti sei separato. Vice versa, suppongo che Rifondazione e simili non intendano fare alleanza con il Pd e il problema si porrà già dalle primarie che potrebbero allettare qualcuno come occasione di pubblicità. Ma se ti presenti alle primarie, a meno di non accusare di brogli, poi è difficile tirarsi fuori. Insomma più facile a dirsi che a farsi una lista di tipo genovese. Una cosa è sicura: chiunque si presenti con il Pd, si autodefinisce come “cespuglio” e si condanna alla marginalità politica.

Centro: altra partita difficile è quella del centro che ha qui l’ultima occasione per individuarsi come polo distinto da quello di destra salviniano. E’ un’area terribilmente frammentata, quasi quanto la sinistra “radicale” (Popolari di Alfano e Casini, Fittiani, Tosiani, Spacchiani, Mastelliani, residui di Scelta Civica ecc.). Però Tosi, Fitto e Spacca non sono andati affatto male ed alla congrega, a determinate condizioni, potrebbe aggiungersi Verdini. Insomma potrebbero rifare un polo del 10% forse decisivo al ballottaggio. Il primo problema è che gli manca in soggetto federatore sia come partito che come personaggio. Passera lo vedo un po deboluccio, anche se, forse, come sindaco di Milano potrebbe essere la scelta giusta per l’area.

Il vero asso nella manica potrebbe essere Marchini a Roma: due anni fa prese il 10% e, con lo scandalo, è possibile che raddoppi, se poi arrivasse al ballottaggio potrebbe anche farcela. Un grande successo a Roma, soprattutto se si accompagnasse ad un insuccesso leghista e ad una nuova flessione di Fi, potrebbe mettere in pista il centro e dare molte sorprese.

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