Roma Capitale, immersa nel verminaio emerso con Mafia Capitale, portata al collasso dal mix tra gerarchizzazione e incompetenza, sottoposta ad una campagna mediatica che ha come unico obiettivo la consegna della città alla privatizzazione e la criminalizzazione dei lavoratori che vi si oppongono, ieri ha dato una risposta all’altezza della posta in gioco.
Sospinti dalla riuscita dello sciopero nei trasporti sul quale solo la Usb ha tenuto il punto, ieri pomeriggio migliaia di manifestanti hanno dato vita al corteo #ROMA LIBERA, che ha sfilato dal Colosseo al Campidoglio. Anche questa iniziativa ha dovuto lottare per potersi realizzare. Prima il divieto della Questura al corteo, poi una presenza massiccia della polizia in piazza con “punzecchiature” inutili, che forse cercavano una reazione per non far concludere pacificamente la manifestazione. Eppure abbiamo assistito ad un momento “alto” di conflitto e di ricomposizione di una coalizione sociale vera e non fittizia.
Tante le realtà presenti in piazza: i lavoratori dei trasporti (Atac e Tpl) orgogliosi della piena riuscita dello sciopero; i lavoratori dell’Ama, altra azienda municipale in via di privatizzazione in cui l’USB aveva proclamato lo sciopero di 24 ore e dove in alcune aree si è registrata un’adesione del 50%; non mancavano neanche i dipendenti della Coop 29 giugno, i lavoratori dei canili comunali in occupazione e degli enti previdenziali privatizzati, la Carovana delle Periferie, le Liste dei Disoccupati, Cinecittà Bene Comune, il Corto Circuito, soggetti politici come Ross@, Prc, i giovani recentemente sgomberati dall'occupazione di Degage, collettivi come Militant o realtà come i Blocchi Precari Metropolitani e l’Usi, hanno sfilato con determinazione. Il corteo del pomeriggio, ha in qualche modo "capitalizzato" lo sciopero, con grande rabbia dell'assessore sabaudo e si-Tav Esposito, il quale da giorni era andato alla carica a testa bassa contro l'Usb, accusandola di essere "una sigla sindacale che sembra un partitino extraparlamentare, che fa sciopero ogni 15 giorni, che ha deciso di portare avanti lo sciopero di 24 ore, nonostante 9 sigle sindacali su 10, e le ringrazio, lo abbiano ritirato”, aveva dichiarato Esposito. “Rivolgo un ulteriore appello ai macchinisti e agli autisti – ha detto – a tenere conto del fatto che quello dell’Usb è uno sciopero politico, e aderire equivarrebbe a scaricare disagi sui romani". Insomma la controparte – in questo caso l'amministrazione comunale e la Prefettura – hanno cercato di "buttarla in politica" a modo loro, ma non hanno convinto affatto i lavoratori.
Quella di ieri infatti è stata una manifestazione riuscita che ha voluto impedire ogni contrapposizione tra utenti e lavoratori, ha riaffermato il NO alle privatizzazione delle aziende pubbliche e a Mafia Capitale, ha difeso la dignità dei lavoratori dei servizi per salvaguardare le libertà sindacali e democratiche, riportare al centro dell’agenda cittadina i problemi sociali, a cominciare da quello della casa.
Dopo alcuni interventi sotto l’Arco di Costantino, il corteo si è mosso verso il Campidoglio, raggiungendo la piazza. La manifestazione era aperta dallo striscione unitario “No alla vendita a mafia e privati. Lavoratori e cittadini uniti in difesa dei beni comuni”. Una delegazione dei promotori è stata poi ricevuta in Prefettura, nonostante l’iniziale rifiuto al dialogo espresso da Gabrielli in caso di trasformazione della manifestazione da sit-in a corteo.
Nella giornata di ieri a Roma, si è respirata la stessa aria – fatte le dovute proporzioni – che si era respirata il 18 e 19 ottobre del 2013, quando una vasta coalizione sindacale, sociale, politica aveva dato vita ad uno sciopero generale, due manifestazioni di massa e una assemblea pomeridiana e notturna a San Giovanni contro le misure di austerity e i provvedimenti antisociali. Si è palesato nuovamente un modello di coalizione possibile, reale e conflittuale che dovrebbe servire da input anche negli altri territori metropolitani, fino a diventare ricomposizione agente sul piano nazionale contro la governance oligarchica, europea e italiana, che sta demolendo ogni diritto e ogni aspettativa dei settori popolari e di classe. In questo senso, forse, la rabbia dell'assessore Esposito ha qualche ragione. Ci sono momenti in cui lo sciopero diventa un atto politico capace di portare intorno a sé istanze più generali e di settori sociali più ampi di quelli coinvolti solo nello sciopero.
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