Pochi giorni fa ad un altro compagno del nostro collettivo è stato comminato “l’avviso orale”, il provvedimento ingiuntivo di carattere generale non fondato su un reato specifico ma risultante dal complesso della propria militanza politica. Il giudice ci intima così di “mutare condotta”. L’avviso giunge al culmine di una serie di provvedimenti già comminati ad altri compagni dei movimenti sociali romani, tra cui lo stesso avviso orale a Guido Lutrario – dirigente romano del sindacato Usb – e al provvedimento di “sorveglianza speciale” dato a Luca Faggiano e Paolo di Vetta dei movimenti di lotta per la casa. In pieno autunno e col referendum alle porte, un chiaro segnale di prevenzione politica rispetto non tanto (o non solo) a “ciò che si è fatto”, ma soprattutto a “ciò che si avrà in mente di fare”. Purtroppo, mentre pubblichiamo questa riflessione, un’altra nostra compagna è stata arrestata ed è attualmente in stato di detenzione presso il carcere di Rebibbia dopo gli scontri di sabato scorso a Magliana. L’autunno prosegue freddino, ma di certo le due giornate di lotta del 21 e 22 ottobre hanno acceso più di qualche campanello d’allarme nei corridoi della Questura. La campagna referendaria consente oltretutto, almeno fino al 4 dicembre, una mobilitazione costante che evidentemente preoccupa non solo la politica, ma anche la Questura (se fosse possibile tenere separati i due ambiti, ovviamente). L’avviso orale è la più limpida manifestazione di impotenza da parte delle forze di polizia. In assenza di reati, si procede disincentivando un’attività politica che non si ha la forza di limitare. Segue e “completa” l’abuso delle misure cautelari comminate a pioggia in questi anni, misure tramite cui si sono fatti scontare mesi o addirittura anni di restrizioni della libertà personale a compagni che la polizia stessa sapeva andare incontro ad assoluzione in sede processuale. Sono vendette, né più né meno; forme di pressione psicologica più che materiale; escamotage di Pubblici ministeri in crisi di condanne. Metodi da Stato incapace di garantire neanche quelle “libertà giuridiche” su cui pure dovrebbe fondarsi, a leggere certe retoriche liberali. Eppure, nel nostro caso come in quello di Guido Lutrario, ci sembra evidente l’ammonimento politico, più che strettamente repressivo. L’attuale congiuntura politica cittadina ha reso sensibili tutti i possibili attori in campo. La Questura da mesi sta giocando una sua partita d’influenza verso il potere politico, un braccio di ferro volto a condizionare le scelte elettorali e le stesse decisioni della politica. Elevata dall’ex commissario Tronca a giudice unico delle sorti dell’amministrazione cittadina (col beneplacito legittimante di molti organi “di sinistra” e dello stesso M5S), la Questura difende oggi un ruolo mai avuto prima con così tanta forza e capacità d’ingerenza. In altri anni, avremmo gridato al “golpe strisciante”, al commissariamento di fatto della politica, almeno a Roma. Partecipe l’incapacità politica e gestionale del Movimento 5 Stelle romano, oltre che una sua certa “complicità” o “subalternità” alle decisioni della polizia, questo commissariamento sembra percepirsi di meno, eppure è mai come oggi evidente e pressante. In questa fase “liquida” e difficilmente determinabile, quello che proprio non possono permettersi politica, Questura e Magistratura è perdere il controllo sui diversi soggetti politici in campo. Detto in altri termini, finché certo consenso popolare transita dal Pd al M5S, la situazione può divenire caotica ma non irrecuperabile. Quello che invece va impedito con ogni mezzo politico, mediatico o giuridico necessario, è la nascita di soggetti potenzialmente capaci di intercettare quel malessere sociale che a giugno determinò la vittoria elettorale del M5S e che oggi potrebbe rivolgere altrove il proprio sguardo. Questo va assolutamente impedito, ed è all’interno di questa dinamica che si spiegano le saltuarie ma costanti strette repressive preventive della Questura nei confronti dei compagni militanti delle lotte cittadine. La repressione, oggi come non mai, risponde a logiche politiche di controllo della situazione. Non è ciò che facciamo in termini di “reato” a preoccupare il potere, ma ciò che potremmo diventare politicamente. E’ bene saperlo in anticipo.
Cristina, Zoe, Noemi, Cecilia, Alberto, Eddy, Matteo, Flavio, Felice e Riccardo LIBERI! L’antifascismo non si processa.
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