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29/11/2016

Metalmeccanici. Fim, Fiom e Uilm siglano la fine del contratto collettivo nazionale

È destinato ad aprire una nuova era nelle relazioni industriali del nostro paese l’accordo per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici sottoscritto sabato 26 novembre da fim fiom uilm e federmeccanica.

Non casualmente una settimana prima del referendum costituzionale.

È sufficiente scorrere gli elogi sperticati che giungono da imprese, governo e da Sacconi per comprendere quale segno abbia l’innovazione introdotta.

Non siamo davanti semplicemente ad un pessimo accordo che consegna ai lavoratori un incremento salariale ridicolo e indefinito e che aderisce pienamente al welfare contrattuale dei premi in natura e ticket. Il contratto firmato costruisce nei fatti un nuovo modello ridisegnando complessivamente le funzioni due due livelli contrattuali, nazionale e aziendale, con il risultato di consentire un solo livello di fatto e esclusivamente a perdere.

Il contratto nazionale prevede infatti, per la prima volta in assoluto, la non sovrapponibilità dei due livelli salariali. A partire dal primo gennaio 2017 gli incrementi salariali del contratto nazionale andranno ad assorbire salario individuale e collettivo strutturale conquistato dai lavoratori in azienda. Il combinato disposto della cancellazione della parola “anche variabile” dal capitolo sui premi di risultato e del meccanismo di assorbimento è costruito esplicitamente per ridurre e contenere le spinte salariali e le rivendicazioni dei lavoratori. Federmeccanica regala il contentino a fim fiom uilm del mantenimento dei due livelli contrattuali formali ma incassa la sostanza, la garanzia cioè che esiste un solo livello salariale; centralizzato, misero e autoritario. Non c’è alcuno spostamento del peso della contrattazione dal nazionale al livello aziendale.

Il sistema metalmeccanico è costruito per impedire l’esercizio della libera contrattazione e per ridurre i salari. Ed anche qualora i lavoratori riuscissero a ottenere salario fisso e strutturale con le lotte in azienda, contravvenendo alle prescrizioni del contratto nazionale, le aziende potranno assorbirlo. Fim fiom uilm cancellano così l’autonomia della contrattazione svuotando di fatto il contratto nazionale. Gli incrementi salariali verranno misurati sull’indicatore IPCA, depurato dai costi importati, e riconosciuti solo ex post al giugno di ogni anno. Fim fiom e uilm hanno regalato un anno in più di vigenza contrattuale, quattro anziché tre, ma avrebbero potuto tranquillamente sottoscrivere “sine die” la parte economica in quanto viene preclusa la possibilità stessa di costruire una rivendicazione salariale autonoma.

Da oggi in poi, il contratto nazionale è relegato alla sola funzione di scala mobile a perdere. Lo stesso welfare contrattuale che viene massicciamente introdotto nel contratto nazionale è anch’esso uno degli elementi di mortificazione salariale. Non solo perché per i padroni il costo è tutto a carico delle retribuzioni ma per la ragione che, considerato il divieto di ottenere salario fisso e la incentivante detassazione concessa dal governo, è destinato a divenire da subito il “cuore” della contrattazione a livello aziendale.

Si ritorna al pagamento in natura, vero e proprio capolavoro dell’ipocrisia di fim fiom uilm. L’una tantum a copertura della vacanza contrattuale di ben 17 mesi è di 80 euro... ma è semplicemente uno spostamento di risorse ricavato dal posticipo della avvio della sanità integrativa... Qualcuno deve avere consigliato di non sottoscrivere contestualmente la limitazione al diritto di sciopero con le clausole di raffreddamento e l’integrale recepimento del testo unico del 10 gennaio, evidentemente già concordate tra le parti, e di non portarla neanche al voto dei lavoratori. Tutto è demandato ai lavori oscuri di una commissione. Tuttavia restano le deroghe al contratto nazionale, la possibilità cioè di non applicare o peggiorare parti normative del contratto nazionale a livello aziendale. Il fattore più rilevante di cancellazione del ruolo del contratto nazionale. La normativa resta sostanzialmente quella degli accordi separati del 2009 e del 2012 che la fiom non sottoscrisse per i peggioramenti introdotti su flessibilità, deroghe, orari e ruolo delle rsu.

In realtà è stato firmato un contratto aperto, altri peggioramenti sono destinati a giungere con i lavori delle commissioni costituite ad hoc su lavoro agile, “politiche attive del lavoro” cioè meccanismi di accorpamento ore per la gestione degli esuberi e riforma dell’inquadramento. Mentre si recepisce da subito la legislazione del governo Renzi sulla cessione “solidale” di ferie e permessi da lavoratori ad altri lavoratori, a costo zero per le imprese. Il nostro giudizio è per tutte queste ragioni di assoluta contrarietà. Questa firma sancisce la fine di una velleità tutta interna alle segreterie di fim fiom uilm sul ruolo della contrattazione.

La fiom di Landini è stata protagonista di un’innovazione che sancisce la fine del contratto nazionale nato nel 1969 con una straordinaria stagione di lotte. La contrattazione diventa strumento formale in mano alle imprese per aumentare ritmi, carichi e impedire la crescita dei salari. Un modello neocorporativo che, anche nei metalmeccanici, sussume sindacati firmatari e imprese in un solo fronte, uniti nella sfida per la competitività delle merci, e scarica per intero i costi della crisi del capitale sulle lavoratrici e sui lavoratori.

Il contratto nazionale si difende e si riconquista ridando senso e valore alla sua esistenza, solo se effettivamente risponde ai bisogni di chi lavora. Lo stesso concetto di democrazia di cui tanto si ammanta questo rinnovo, si risolverà con una consultazione farsa, strumento per scaricare la responsabilità di questa debacle sindacale ai lavoratori ed alle lavoratrici. Federmeccanica esce trionfante dall’accordo. Saggiata la resa e la complicità di fim fiom uilm ha preteso e ottenuto la fine del contratto nazionale.

La sua esistenza formale serve esclusivamente alle segreterie sindacali ed alle associazioni che incasseranno risorse considerevoli e benefici vari da enti bilaterali e quote contratto. Non serve ai lavoratori, ridotti a merce su cui sperimentare modelli sempre più sofisticati di spoliazione e sfruttamento. In questo quadro appare persino irrispettosa la richiesta di fim fiom uilm di 35 euro di quota contratto per i lavoratori non iscritti.

Oggi l’unica possibilità di difendersi e ricostruire un agire collettivo per la riconquista di diritti e salario è quella della rottura con fim fiom uilm. La ritrovata unità sul contratto dei metalmeccanici chiude il cerchio della complicità sindacale di Cgil Cisl Uil.

È solo fuori da questa complicità che si ricostruisce.

Da oggi inizia la battaglia per respingere questo ignobile accordo.

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