di Michele Paris
Il risultato
del primo turno delle primarie per la scelta del candidato alla
presidenza francese del partito gollista “I Repubblicani” (LR o Les
Républicaines) si è concluso con la vittoria a sorpresa dell’ex primo
ministro, François Fillon, davanti al favorito della vigilia, l’altro ex
capo del governo e sindaco di Bordeaux, Alain Juppé. Dal ballottaggio
di domenica prossima resterà fuori l’ex presidente, Nicolas Sarkozy,
giunto tristemente terzo a conferma della persistente ostilità nei suoi
confronti anche tra gli elettori di centro-destra dopo i cinque anni
trascorsi al palazzo dell’Eliseo.
Fillon, primo ministro proprio
durante la presidenza Sarkozy tra il 2007 e il 2012, ha messo a segno un
risultato difficilmente pronosticabile, visto che solo alcune settimane
fa era accreditato di un consenso attorno al 10% tra i potenziali
votanti nelle primarie. Il 44,1% raccolto domenica lo proietta così
verso una probabile “nomination” del principale partito di centro-destra
francese e, alla luce della profonda impopolarità dei Socialisti al
governo e, in particolare, del presidente François Hollande, in
posizione di vantaggio nelle elezioni della prossima primavera.
Juppé,
da parte sua, si è fermato al 28,6%, mentre Sarkozy al 20,6%.
Trascurabili sono state invece le percentuali degli altri contendenti,
tra cui la 43enne deputata dell’LR, Nathalie Kosciusko-Morizet (2,6%), e
l’ex ministro e attualmente deputato, Bruno Le Maire (2,4%). A favorire
Fillon in vista del secondo turno delle primarie è anche l’appoggio già
incassato di Sarkozy e Le Maire.
Sul voto di domenica, il primo
di questo genere per il partito neo-gollista, ha inciso con ogni
probabilità l’altissima affluenza. A scegliere il candidato dell’LR sono
stati oltre 4 milioni di francesi. Per dare l’idea dell’importanza di
questo dato basti ricordare che nelle primarie del Partito Socialista
del 2011 i partecipanti, stimolati anche dall’impopolarità di Sarkozy,
furono poco meno di 2,7 milioni.
La valanga di votanti del fine
settimana è dovuta probabilmente sia al desiderio degli elettori di
mandare un messaggio a Hollande e alla sua disastrosa presidenza sia
all’interesse suscitato da una sfida che, nonostante sia interna all’LR,
designerà quasi certamente lo sfidante della leader dei neo-fascisti
del Fronte Nazionale (FN), Marine Le Pen, nel ballottaggio per l’Eliseo.
Quest’ultima, proprio grazie al discredito dei Socialisti, sembra
essere favorita per l’accesso al secondo turno nelle prossime
presidenziali.
Proprio questa prospettiva potrebbe avere convinto
molti a scegliere domenica il candidato che appariva maggiormente in
grado di battere Marine Le Pen. I problemi di Juppé sono da collegare
alla sua immagine di politico che incarna l’establishment francese. In
uno scenario segnato dal populismo e dall’ostilità nei confronti delle
élite, ciò potrebbe giocare a favore dei neo-fascisti e della loro
retorica anti-sistema.
Sarkozy, a sua volta, aveva fatto ricorso a
toni molto simili a quelli del Fronte Nazionale in molti ambiti, così
che, allo stesso modo, una campagna elettorale all’insegna della corsa
verso l’estrema destra si sarebbe potuta trasformare in un boomerang,
col rischio di portare la Le Pen all’Eliseo. In questo quadro, Fillon è
apparso allora come il candidato potenzialmente più rassicurante o,
quanto meno, così è stato spesso dipinto anche da una stampa che aveva
evidenziato le sue prestazioni convincenti nei dibattiti televisivi
tenuti prima del voto.
Per
alcuni giornali francesi, un altro fattore può avere contribuito al
recupero di Fillon e al successo di domenica. Secondo un’analisi
pubblicata ad esempio dal quotidiano Libération, l’ex premier
non solo è riuscito a intercettare i voti degli imprenditori “grazie al
suo programma thatcheriano”, ma anche della destra cattolica d’oltralpe,
ovvero una fetta di elettorato significativa nel centro-destra.
Fillon
ha spesso insistito in campagna elettorale sulla necessità di
“rimettere la famiglia al centro delle politiche pubbliche”, prendendo
le distanze dalla battaglia per quello che egli stesso ha definito “un
laicismo d’altri tempi”, talvolta condotta soprattutto dall’ex
presidente Sarkozy. In questo senso vanno intese proposte come lo stop
alle adozioni per le coppie dello stesso sesso e la limitazione della
procreazione assistita alle sole coppie eterosessuali.
Per quanto
riguarda le proposte dei candidati alla presidenza dell’LR in ambito
economico, le differenze non appaiono rilevanti, poiché tutti sono
orientati verso politiche sostanzialmente neo-liberiste e Fillon ancor
più dei rivali interni al partito.
Il favorito per la
“nomination” gollista aveva ad esempio contestato l’approccio ritenuto a
suo dire troppo prudente di Juppé in merito al taglio del pubblico
impiego. Su questo punto, Fillon propone infatti il licenziamento di
mezzo milione di dipendenti pubblici nei prossimi cinque anni, mentre
uno dei suoi tradizionali cavalli di battaglia è la riduzione del carico
fiscale per i redditi più alti.
Il suo programma di governo prevede quello che il quotidiano Le Monde
ha definito uno “shock liberista” dell’economia, basato su un taglio
della spesa pubblica da ben 110 miliardi di euro. Fillon propone inoltre
l’innalzamento a 65 anni dell’età per accedere alla pensione e
l’abolizione della settimana da 35 ore lavorative. A suo dire, la piena
occupazione sarebbe poi raggiungibile con misure come la
liberalizzazione dei negoziati sui contratti di lavoro a favore della
contrattazione a livello aziendale, come peraltro già previsto dalla
“riforma” dell’attuale governo Socialista.
In generale, Fillon
appartiene alla fazione della destra francese più apertamente liberista e
thatcheriana, laddove Juppé rappresenterebbe le tradizionali forze
politiche conservatrici che continuano a vedere positivamente un certo
intervento dello stato nell’economia.
Sia Juppé che Fillon si
sono comunque distinti per misure reazionarie e anti-sociali alla guida
di governi ugualmente impopolari. Nel 1995, a pochi mesi dall’ingresso
di Jacques Chirac all’Eliseo, il primo dovette fronteggiare un’ondata di
scioperi contro la sua proposta di “riforma” del sistema pensionistico
pubblico, mentre il vincitore del primo turno delle primarie dell’LR è
stato l’esecutore delle politiche di rigore promosse durante la
presidenza Sarkozy.
In linea di massima, chiunque esca vincitore
dal ballottaggio di domenica prossima e dal voto per il nuovo presidente
da qui a pochi mesi, è estremamente probabile che le politiche di
austerity e di confronto sociale dell’amministrazione Hollande saranno
proseguite, col rischio concreto di rafforzare ancor più l’estrema
destra dell’FN.
Non solo, le stesse iniziative da quasi stato di
polizia messe in atto dopo gli attentati terroristici di Parigi e di
Nizza dal presidente Hollande e dal premier Socialista Manuel Valls, a
cominciare da uno stato di emergenza più volte esteso e appoggiato dal
centro-destra, verranno inevitabilmente intensificate, visto anche il
più che probabile aumento delle tensioni sociali.
Per
quanto riguarda le previsioni in vista del voto di domenica, infine,
sono pochi i sondaggi di opinione commissionati su una sfida tra Fillon e
Juppé, a causa principalmente della vittoria inattesa dell’ex primo
ministro di Sarkozy. I rilevamenti esistenti, citati dalla stampa
francese, danno comunque Fillon in vantaggio mediamente con un dato
attorno al 55-56%.
Dopo le primarie dell’LR, a gennaio sarà il
Partito Socialista a chiedere ai propri elettori di scegliere il
candidato alla presidenza. Nel partito di governo la situazione appare
ancora piuttosto incerta, con il presidente Hollande, i cui indici di
gradimento sono tra i più infimi nella storia della repubblica, ancora
indeciso se prendere parte o meno a una competizione che presenta
concrete possibilità di risolversi in una clamorosa bocciatura da parte
dei suoi stessi elettori.
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