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22/11/2016

Francia, la fine di Sarkozy

di Michele Paris

Il risultato del primo turno delle primarie per la scelta del candidato alla presidenza francese del partito gollista “I Repubblicani” (LR o Les Républicaines) si è concluso con la vittoria a sorpresa dell’ex primo ministro, François Fillon, davanti al favorito della vigilia, l’altro ex capo del governo e sindaco di Bordeaux, Alain Juppé. Dal ballottaggio di domenica prossima resterà fuori l’ex presidente, Nicolas Sarkozy, giunto tristemente terzo a conferma della persistente ostilità nei suoi confronti anche tra gli elettori di centro-destra dopo i cinque anni trascorsi al palazzo dell’Eliseo.

Fillon, primo ministro proprio durante la presidenza Sarkozy tra il 2007 e il 2012, ha messo a segno un risultato difficilmente pronosticabile, visto che solo alcune settimane fa era accreditato di un consenso attorno al 10% tra i potenziali votanti nelle primarie. Il 44,1% raccolto domenica lo proietta così verso una probabile “nomination” del principale partito di centro-destra francese e, alla luce della profonda impopolarità dei Socialisti al governo e, in particolare, del presidente François Hollande, in posizione di vantaggio nelle elezioni della prossima primavera.

Juppé, da parte sua, si è fermato al 28,6%, mentre Sarkozy al 20,6%. Trascurabili sono state invece le percentuali degli altri contendenti, tra cui la 43enne deputata dell’LR, Nathalie Kosciusko-Morizet (2,6%), e l’ex ministro e attualmente deputato, Bruno Le Maire (2,4%). A favorire Fillon in vista del secondo turno delle primarie è anche l’appoggio già incassato di Sarkozy e Le Maire.

Sul voto di domenica, il primo di questo genere per il partito neo-gollista, ha inciso con ogni probabilità l’altissima affluenza. A scegliere il candidato dell’LR sono stati oltre 4 milioni di francesi. Per dare l’idea dell’importanza di questo dato basti ricordare che nelle primarie del Partito Socialista del 2011 i partecipanti, stimolati anche dall’impopolarità di Sarkozy, furono poco meno di 2,7 milioni.

La valanga di votanti del fine settimana è dovuta probabilmente sia al desiderio degli elettori di mandare un messaggio a Hollande e alla sua disastrosa presidenza sia all’interesse suscitato da una sfida che, nonostante sia interna all’LR, designerà quasi certamente lo sfidante della leader dei neo-fascisti del Fronte Nazionale (FN), Marine Le Pen, nel ballottaggio per l’Eliseo. Quest’ultima, proprio grazie al discredito dei Socialisti, sembra essere favorita per l’accesso al secondo turno nelle prossime presidenziali.

Proprio questa prospettiva potrebbe avere convinto molti a scegliere domenica il candidato che appariva maggiormente in grado di battere Marine Le Pen. I problemi di Juppé sono da collegare alla sua immagine di politico che incarna l’establishment francese. In uno scenario segnato dal populismo e dall’ostilità nei confronti delle élite, ciò potrebbe giocare a favore dei neo-fascisti e della loro retorica anti-sistema.

Sarkozy, a sua volta, aveva fatto ricorso a toni molto simili a quelli del Fronte Nazionale in molti ambiti, così che, allo stesso modo, una campagna elettorale all’insegna della corsa verso l’estrema destra si sarebbe potuta trasformare in un boomerang, col rischio di portare la Le Pen all’Eliseo. In questo quadro, Fillon è apparso allora come il candidato potenzialmente più rassicurante o, quanto meno, così è stato spesso dipinto anche da una stampa che aveva evidenziato le sue prestazioni convincenti nei dibattiti televisivi tenuti prima del voto.

Per alcuni giornali francesi, un altro fattore può avere contribuito al recupero di Fillon e al successo di domenica. Secondo un’analisi pubblicata ad esempio dal quotidiano Libération, l’ex premier non solo è riuscito a intercettare i voti degli imprenditori “grazie al suo programma thatcheriano”, ma anche della destra cattolica d’oltralpe, ovvero una fetta di elettorato significativa nel centro-destra.

Fillon ha spesso insistito in campagna elettorale sulla necessità di “rimettere la famiglia al centro delle politiche pubbliche”, prendendo le distanze dalla battaglia per quello che egli stesso ha definito “un laicismo d’altri tempi”, talvolta condotta soprattutto dall’ex presidente Sarkozy. In questo senso vanno intese proposte come lo stop alle adozioni per le coppie dello stesso sesso e la limitazione della procreazione assistita alle sole coppie eterosessuali.

Per quanto riguarda le proposte dei candidati alla presidenza dell’LR in ambito economico, le differenze non appaiono rilevanti, poiché tutti sono orientati verso politiche sostanzialmente neo-liberiste e Fillon ancor più dei rivali interni al partito.

Il favorito per la “nomination” gollista aveva ad esempio contestato l’approccio ritenuto a suo dire troppo prudente di Juppé in merito al taglio del pubblico impiego. Su questo punto, Fillon propone infatti il licenziamento di mezzo milione di dipendenti pubblici nei prossimi cinque anni, mentre uno dei suoi tradizionali cavalli di battaglia è la riduzione del carico fiscale per i redditi più alti.

Il suo programma di governo prevede quello che il quotidiano Le Monde ha definito uno “shock liberista” dell’economia, basato su un taglio della spesa pubblica da ben 110 miliardi di euro. Fillon propone inoltre l’innalzamento a 65 anni dell’età per accedere alla pensione e l’abolizione della settimana da 35 ore lavorative. A suo dire, la piena occupazione sarebbe poi raggiungibile con misure come la liberalizzazione dei negoziati sui contratti di lavoro a favore della contrattazione a livello aziendale, come peraltro già previsto dalla “riforma” dell’attuale governo Socialista.

In generale, Fillon appartiene alla fazione della destra francese più apertamente liberista e thatcheriana, laddove Juppé rappresenterebbe le tradizionali forze politiche conservatrici che continuano a vedere positivamente un certo intervento dello stato nell’economia.

Sia Juppé che Fillon si sono comunque distinti per misure reazionarie e anti-sociali alla guida di governi ugualmente impopolari. Nel 1995, a pochi mesi dall’ingresso di Jacques Chirac all’Eliseo, il primo dovette fronteggiare un’ondata di scioperi contro la sua proposta di “riforma” del sistema pensionistico pubblico, mentre il vincitore del primo turno delle primarie dell’LR è stato l’esecutore delle politiche di rigore promosse durante la presidenza Sarkozy.

In linea di massima, chiunque esca vincitore dal ballottaggio di domenica prossima e dal voto per il nuovo presidente da qui a pochi mesi, è estremamente probabile che le politiche di austerity e di confronto sociale dell’amministrazione Hollande saranno proseguite, col rischio concreto di rafforzare ancor più l’estrema destra dell’FN.

Non solo, le stesse iniziative da quasi stato di polizia messe in atto dopo gli attentati terroristici di Parigi e di Nizza dal presidente Hollande e dal premier Socialista Manuel Valls, a cominciare da uno stato di emergenza più volte esteso e appoggiato dal centro-destra, verranno inevitabilmente intensificate, visto anche il più che probabile aumento delle tensioni sociali.

Per quanto riguarda le previsioni in vista del voto di domenica, infine, sono pochi i sondaggi di opinione commissionati su una sfida tra Fillon e Juppé, a causa principalmente della vittoria inattesa dell’ex primo ministro di Sarkozy. I rilevamenti esistenti, citati dalla stampa francese, danno comunque Fillon in vantaggio mediamente con un dato attorno al 55-56%.

Dopo le primarie dell’LR, a gennaio sarà il Partito Socialista a chiedere ai propri elettori di scegliere il candidato alla presidenza. Nel partito di governo la situazione appare ancora piuttosto incerta, con il presidente Hollande, i cui indici di gradimento sono tra i più infimi nella storia della repubblica, ancora indeciso se prendere parte o meno a una competizione che presenta concrete possibilità di risolversi in una clamorosa bocciatura da parte dei suoi stessi elettori.

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