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27/11/2016

Eduardo Galeano spiega Fidel a Saviano

I suoi nemici dicono che è stato un re senza corona e che ha confuso l’unità con l’unanimità.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.

I suoi nemici dicono che se Napoleone avesse avuto un giornale come il Granma nessun francese sarebbe stato messo al corrente del disastro di Waterloo.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.


I suoi nemici dicono che esercitò il potere parlando molto e ascoltando poco, perchè era più abituato agli echi che alle voci.
E in questo i suoi nemici hanno ragione.


Però i suoi nemici non dicono che non fu per posare davanti alla Storia che mise il petto di fronte ai proiettili quando venne l’invasione, che affrontò gli uragani da uguale a uguale, da uragano a uragano, che sopravvisse a seicento trentasette attentati, che la sua contagiosa energia fu decisiva per convertire una colonia in una patria e che non fu nè per un artificio del Demonio nè per un miracolo di Dio che questa nuova patria ha potuto sopravvivere a dieci presidenti degli Stati Uniti, che avevano il tovagliolo al collo per mangiarla con coltello e forchetta.


E i suoi nemici non dicono che Cuba è uno dei pochi paesi che non compete per la Coppa del Mondo dello Zerbino.


E non dicono che questa rivoluzione, cresciuta nel castigo, è quello che ha potuto essere e non quello che avrebbe voluto essere. Né dicono che in gran parte il muro tra il desiderio e la realtà si fece sempre più alto e più largo grazie al blocco imperiale, che affogò lo sviluppo della democrazia cubana, obbligò la militarizzazione della società e concesse la burocrazia, che per ogni soluzione tiene un problema, l’alibi per giustificarsi e perpetuarsi.


E non dicono che considerando tutte le afflizioni, considerando le aggressioni esterne e l’arbitrarietà interna, questa isola rassegnata però testardamente allegra ha generato la società latino-americana meno ingiusta.


E i suoi nemici non dicono che questa impresa fu opera del sacrificio del suo popolo, però anche fu opera dell’ostinata volontà e dell’antiquato senso dell’onore di questo cavaliere che sempre combatté per i vinti, come quel suo famoso collega dei campi di Castilla. 


Eduardo Galeano – dal libro Specchi

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