Per la tranquillità e la sicurezza dei “popoli liberi” dell'Europa dell'est, per renderli “liberi” da ogni timore di “attacco del potente vicino orientale”, seimila militari USA e Nato saranno presto dislocati in Polonia, secondo quanto stabilito al vertice di Varsavia dell'Alleanza atlantica. Lo ha confermato il Ministro della difesa polacco Anthoni Macierewicz, presentando la decisione come una delle conquiste del primo anno di vita del governo e attribuendo “significato storico” alla deliberazione della Nato.
In attesa dei seimila prodi, altri quattromila, da undici paesi della Nato, iniziano oggi le manovre “Iron Sword” in Lituania: parte delle esercitazioni si svolgeranno nell'area del poligono di Gaižiūnai, nella provincia di Jonavos, contea di Kaunas (dove nell'agosto scorso si era verificato l'ennesimo caso di peste africana suina...) e parte nell'area del poligono di Pabradė, nella provincia di Švenčionių, contea di Vilnius. "L'epoca pone di fronte alle forze armate nuove sfide che non esistevano in precedenza. È necessario preparare le unità e i comandi a una risposta efficace alle nuove minacce", ha detto il comandante delle forze di terra lituane Waldemar Rupšis. Le “crescenti minacce russe”, tanto per cambiare.
A fronte degli sforzi Nato per rendere “liberi” i paesi del nordest europeo, ecco però che qualcuno decide di intralciare i loro piani e lanciare una sfida alla progettata prossima apertura (i piani risalgono in realtà al 2005) della base navale Nato di Liepāja, in Lettonia, all'estremità nord del tombolo che separa la laguna dal mar Baltico: la vecchia Libau teutonica e, poi, principale base navale zarista e, dai tempi dell'Urss, dotata anche di un attrezzato aeroporto. I passi decisivi verso l'apertura delle infrastrutture necessarie a ospitare naviglio statunitense sembrano esser stati compiuti lo scorso anno, con la visita dell'ex Segretario di stato USA alla marina Raymond Mabus; ma vi si oppongono i circa 40mila abitanti di lingua russa (russi, ucraini e bielorussi: 10mila di essi con cittadinanza russa), di una città che ne conta poco più del doppio. Essi temono che, una base Nato, con la quasi certa presenza di testate atomiche, esponga davvero a pericoli che, oggi, esistono solo nelle dichiarazioni dell'Alleanza atlantica. In ogni caso, già oggi il porto viene regolarmente utilizzato per lo scarico delle attrezzature e dei mezzi militari Nato, in occasione delle continue manovre militari in Estonia e Lituania.
In questo quadro, non può esser certo assente l'Ucraina golpista, in cui anche il Canada fa la propria parte, per addestrare i locali “combattenti per la libertà”: il proseguimento della missione canadese “Unifier” è stato confermato dalla vice premier ucraina per l'integrazione euroatlantica, Ivanna Klimpuš-Tsintsadze, ex direttrice della Open Ukraine Foundation dell'ex pupillo di Victoria Nuland, Arsenij Jatsenjuk.
Un'integrazione che spazia soprattutto sul terreno dei comuni sentimenti e che ha portato, lo scorso 17 novembre, Washington e Kiev a votare – insieme all'astensione dei “liberi” paesi UE – contro la risoluzione di condanna della glorificazione del nazismo, così di moda in Ucraina dopo il febbraio 2014. Nella risoluzione, proposta da Russia e altri 54 paesi, si esprime profonda preoccupazione per la glorificazione del nazismo e delle ex "Waffen SS", anche attraverso la realizzazione di monumenti a questi dedicati e, di contro, i "tentativi di profanare o demolire i monumenti a coloro che hanno combattuto contro il nazismo". Anche se non vengono citati i nomi di concreti paesi, tra le righe del documento appaiono i casi che continuano a verificarsi in Ucraina e nei Paesi baltici: marce dei veterani delle SS, vie e monumenti dedicati a criminali di guerra e inaugurati alla presenza delle autorità, cortei con svastiche e altri simboli nazisti, mentre è messa fuori legge ogni simbologia comunista.
Naturalmente, Washington e Kiev hanno motivato il voto contrario alla risoluzione, con il “meraviglioso diritto alla libertà di parola”, come se la lotta contro il nazismo e il neonazismo possa escludere la lotta contro la guerra che questi conducono per privare ogni loro oppositore del primario diritto all'esistenza.
Stranamente, nessun attentato alla libertà e ai diritti è visto nella progettata misura delle autorità di Kiev, di stampo autenticamente nazista, per deportare gli abitanti di alcune cittadine, situate nella parte della regione di Donetsk in mano alle forze di Kiev e vicine alla linea del fronte, a partire da Marjnka e Krasnogorovka, popolate rispettivamente da 10mila e 16mila abitanti. La scusa addotta è, ovviamente, il pericolo delle artiglierie della DNR: le decine di abitanti di DNR e LNR che tutt'oggi, a dispetto degli accordi di Minsk, continuano a morire o rimanere feriti per le cannonate ucraine, secondo Kiev, appartengono a una razza inferiore. Semplice nazismo.
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