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21/11/2016

Corrompere le ‘rivolte contadine’ con la spesa pubblica tedesca?

In Italia non se n’è discusso molto, ma qualcosa si muove a livello delle classi dirigenti europee. La Commissione Europea ha infatti di recente pubblicato il documento che accompagna le raccomandazioni ai membri dell’UE, nell’ambito del cosiddetto semestre europeo (il ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio dei paesi del blocco continentale europeo).

Nel documento, fra le altre cose, si invitano i paesi che hanno spazio fiscale, come Germania e Olanda che presentano significativi surplus di bilancio, a spendere di più, per rilanciare l’economia europea, tutt’ora stagnante. La richiesta fa seguito ad un paper pubblicato la scorsa estate dalla Commissione stessa, in cui si notava che un aumento degli investimenti produttivi da parte dei due paesi del nucleo duro dell’Ue avrebbe avuto effetti positivi non solo per le loro economie ma anche per gli altri paesi europei (ne aveva scritto l’attento Maurizio Sgroi).

Difficile non vedere una regia francese dietro questa manovra. Il commissario europeo per gli affari economici e monetari è Pierre Moscovici, ex ministro delle finanze di Parigi dal 2012 al 2014, che ha più volte sostenuto pubblicamente la necessità di aumentare la spesa pubblica, una posizione che però la Germania e i paesi satelliti hanno sempre nettamente rifiutato. Per i funzionari tedeschi non esiste semplicemente nessuno “spazio fiscale”.

Ma adesso, con l’UE all’affannosa ricerca di credibilità in vista di una stagione elettorale che si preannuncia difficile fra il referendum costituzionale in Italia, le elezioni presidenziali in Austria il 4 Dicembre e quelle francesi nella primavera prossima, sembra arrivato finalmente il momento di chiedere il conto alla Germania. In un articolo sul Wall Street Journal dal titolo significativo “Bet on Europe’s Elite Buying Off the Peasants’ Revolt” (“Scommettete sul fatto che le elite europee corrompano la rivolta dei contadini”) James Mackintosh ha scritto che l’ascesa dei movimenti populisti rafforza la necessità di una maggiore spesa pubblica e di un abbassamento del carico fiscale. Insomma più spesa pubblica tedesca e olandese per evitare la sconfitta di Matteo Renzi e la vittoria di Marie Le Pen (e magari anche il boom elettorale di “Alternativa per la Germania” a scapito della Cdu).

A questo punto bisognerà vedere che cosa faranno i tedeschi. A giudicare dalla reazione sdegnata della FAZ, il quotidiano della elite economico-finanziaria tedesca, la linea della Commissione non passerà facilmente. Occorre infatti considerare che le raccomandazioni della Commissione passano poi al Consiglio, composto dai ministri della finanze dei paesi membri dell’Unione Europea. È quindi assolutamente possibile che dal Consiglio esca un testo del tutto diverso, in cui ci si limiterà a chiedere le solite riforme strutturali ai paesi con crescita debole (come se non se ne fossero già fatte abbastanza).

Inoltre se per i paesi che sforano gli stringenti vincoli di bilancio imposti dal Fiscal Compact esistono pesanti procedure di infrazione (che pure, come amano ricordare i falchi tedeschi, non sono ancora state applicate), nulla è previsto per quanto riguarda i paesi che godono di un surplus eccessivo e che avrebbero fondi da investire. Insomma, difficile che qualcosa nel breve periodo cambi. Ma è certamente interessante segnalare la presa di posizione della Commissione a guida Juncker a favore della linea francese.

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