Ora lo si cerca dappertutto. A Dosso, borgo a 150 kilometri da Niamey e in capitale. L’oro che non c’è si scava senza trovarlo, come il lavoro nel Niger della settima Repubblica del Rinascimento. Ci sono le tre N. I Nigerini che (si) Nutrono dei Nigerini, la nuova centrale termica che accentua i tagli di luce e le magliette stampate per la sfilata del primo maggio. Non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Centrali sindacali, organizzazioni patronali, agenzie, industrie in perdita e imprese a partecipazione statale. Tutti o in parte pagati e invitati a sfilare sulle strade per il bene della causa perduta in partenza. L’oro di Niamey e il primo maggio sfilano insieme con le mani nude. Cercano improbabili pepite di futuro nel metallo preziono dell’indipendenza tradita da troppi anni. La democrazia è come cercare l’oro senza trovarlo, a Niamey.
Mancano i contadini, i veri protagonisti dell’economia, gli allevatori, i cercatori d’oro, i medici ancora in sciopero, gli insegnanti precari e alcuni di loro coi diplomi falsificati. Manca da tempo la politica per trasformare il mondo. I migranti come tali non sono rappresentati e neppure le agenzie che su di loro speculano, ad Agadez come altrove. Piccoli affaristi che riflettono in tutto e per tutto la politica europea di contenimento della mobilità. Mancano i Talibé, bambini della mendicanza che, ogni giorno e in particolare il venerdì, sfidano le strade con la ciotola di latta per raccogliere l’elemosina. Grazie a loro si salvano parecchi che poi vanno alla moschea per la preghiera. Senza i poveri non c’è salvezza, qualcuno l’ha detto e scritto tanto tempo fa. Non ci fossero sarebbe da inventare, proprio come il primo maggio di Niamey.
Pulman, camion senza targa, taxi popolari, moto, ambulanze e auto private. Tutto congiura per fare del primo maggio una sfilata rituale da primo piano. Gli striscioni, le divise, le magliette e le eleganti signore che non perdono l’occasione per mostrarsi. Sfilano cantando filastrocche e slogan d’altri tempi. Ci sono le televisioni di stato, le foto, le riviste militanti distribuite gratuitamente per l’occasione. Riviste annuali, a prova dell’impegno e la buona volontà di rispettare i finanziamenti. Come altrove anche qui i sindacati sono in crisi di identità. Guai però non ci fossero perché la disfatta sarebbe incalcolabile. Il rituale prevede la presentazione al Potere di una lista di rivendicazioni che un giorno, forse, saranno accolte e soddisfatte. L’oro di Niamey si esporta dappertutto. L’illusione si scava con le mani nude e si confonde con la sabbia.
Sulle strade si superano i 40 gradi di temperatura in consonanza con la stagione. Si finisce in fretta e poi si celebra la festa negli uffici delle centrali sindacali e in ristoranti adibiti per la circostanza. I membri occasionali o lo zoccolo ‘duro’ del sindacato hanno pagato una tassa per il pranzo e le bevande. Per qualche ora il mondo sembrerà possibile e il cambiamento a portata di mano. Come l’oro che ora si trova dappertutto nel Niger, senza mai trovarlo. Si rimane in attesa delle tempeste del Sahel che sono tra le più esplosive del pianeta. Il cambiamento climatico vive di estremi, come la vita che nel Niger è fatta di sogni e di vento. A Niamey il corteo si scioglie tra i colori e il calore, fino al primo maggio dell’anno che verrà. Nel frattempo la corsa all’oro continua perfino sulle strade di Niamey dove la polvere non manca.
Niamey, Maggio 017
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