Il ritornello sulla Ue come gigante economico ma nano politico, potrebbe essere interrotto, se bruscamente o meno lo verificheremo presto. L’intervento di Ursula von der Leyen al forum economico mondiale di Davos né un indicatore.
Sin dal suo insediamento la nuova Commissaria europea Ursula von der Leyen ha ribadito più volte che la sua commissione avrà un carattere geopolitico. Una ambizione entrata di forza nelle ragioni sociali della Ue e che va ad affiancarsi a quelle più tradizionali di centralizzazione economica.
Secondo Affari Internazionali, un osservatorio storicamente filoatlantico, ciò significa che gli sforzi della nuova guida dell’Unione Europea “sono volti a far riacquisire, e in taluni casi, raggiungere per la prima volta dei livelli di autonomia e di rilevanza internazionale che la Ue non è stata in grado di mantenere in passato”.
Per dare seguito a queste ambizioni, è almeno dal 2016 che sono stati messi in atto passaggi significativi a livello europeo. Si parte dalla Eugs (European Union Global Strategy) dalla quale sono scaturite diverse iniziative tra cui la Pesco (politica di sicurezza comune) che saranno integrate nel Fondo Europeo di Difesa (EDF) pienamente operativo nel 2021. Sono state istituite la Direzione generale dell’industria della Difesa e Spazio. L’Edf potrebbe essere un valido strumento per incentivare una maggiore concentrazione degli sforzi nello sviluppo congiunto di capacità militari ad alto contenuto tecnologico e dotare così gli Stati membri di quelle “capacità militari credibili” alle quali la Von der Leyen ha fatto riferimento nel suo intervento al World Economic Forum di Davos. Il prossimo 20 febbraio, al vertice dei capi di stato nel Consiglio Europeo, su questo dovranno decidere come procedere. Il fatto che non ci sia più la Gran Bretagna a intralciare il cammino è indubbiamente una condizione prima assente. Certo ci sono le riluttanze e le resistenze dei paesi dell’Europa dell’Est in molto casi legati mani e piedi agli Usa e alla Nato, ma i tempi cambiano, anche per loro.
Si sta palesando però già da ora un aspetto inquietante di questa sottolineatura della Von der Leyen sul suo obiettivo di rendere la Commissione più “geopolitica” in modo da rafforzare la posizione dell’UE come “attore globale”.
È l’Africa infatti ad assumere una dimensione importante di questo obiettivo e della proiezione globale dell’Unione Europea. Nella accresciuta competizione globale, sia le potenze imperialiste tradizionali sia le potenze emergenti stanno intensificando le loro ambizioni di potere nel continente africano, e la Ue non nasconde più di voler mettere in campo un impegno più mirato e strategico con l’Africa.
La neopresidente della Commissione ha prospettato una nuova strategia europea globale per l’Africa, con la rinegoziazione con i paesi ACP (ex colonie in Africa, Caraibi, Pacifico) e rinnovati sforzi nella gestione dell’agenda di Jutta Urpilainen, il nuovo commissario per i partenariati internazionali.
Affari Internazionali sottolinea come la Ue “sostiene in modo inequivocabile l’AfCFTA” (zona di libero scambio continentale africana), come dimostrato dall’aumento dei finanziamenti concessi al processo negoziale (7 milioni di euro nel 2014-2017, seguiti da altri 50 milioni di euro assegnati per il periodo 2018-2020 in assistenza tecnica e analisi dei dati). Con il documento A New Africa–Europe Alliance for Sustainable Investment and Jobs, l’UE considera la creazione di AfCFTA un’opportunità per iniziare a lavorare verso l’obiettivo a lungo termine di una zona di libero scambio europeo-africana: la penetrazione commerciale è uno dei principali strumenti a disposizione dell’UE per migliorare la sua posizione globale. Tuttavia, al fine di raggiungere questo ambizioso obiettivo, l’UE dovrà sciogliere accordi commerciali divergenti ancora in vigore con varie regioni africane.
I primi passi di questo rafforzamento del dominio e della penetrazione europea in Africa deve fare i conti con due aspetti. Il primo è l’accresciuta presenza militare europea nei paesi africani, una presenza ancora molto “francese” ma alla quale da tempo si affiancano contingenti militari tedeschi e italiani. Il secondo è che la questione migranti non potrà essere ancora il tasto sul quale continuare a spingere. “Il rischio maggiore è che una prolungata attenzione europea alla migrazione potrebbe far deragliare l’impegno politico su cui la nuova Commissione punta per promuovere una cooperazione rafforzata Europa-Africa” sottolinea Affari Internazionali.
Questi due aspetti della ambizione geopolitica dell’Unione Europea sull’Africa (che possiamo definire apertamente come colonialismo), sono stati trattati ampiamente nel convegno che Eurostop ha tenuto recentemente a Napoli e i cui atti con tutte le relazioni saranno a breve disponibili online. Sarà utile che anche i lettori più disattenti gli diano un’occhiata. I tempi cambiano, i processi avanzano, e “l’imperialismo dal volto umano” non è mai esistito, neanche quello europeo.
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