di Ramzy Baroud - Palestine Chronicle (traduzione di Amedeo Rossi per Zeitun.info)
È prevedibile che la
scoperta di grandi quantità di gas naturale al largo delle coste
orientali di Israele e Palestina rendano Tel Aviv uno snodo regionale
per le fonti energetiche. Ma resta ancora da vedere se Israele sarà in
grado di trasformare il segno positivo di riserve di gas ampiamente non
sfruttate in effettivo benessere economico e strategico.
Tuttavia ciò che è certo è che il Medio Oriente si trova già
in mezzo a una grande guerra geostrategica, che potrebbe diventare un
vero scontro militare. Non sorprende che Israele sia al centro
di questo crescente conflitto. “La scorsa settimana abbiamo iniziato a
inviare gas all’Egitto. Abbiamo trasformato Israele in una superpotenza
energetica,” si è vantato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante una riunione del governo il 19 gennaio.
Le osservazioni autoelogiative di Netanyahu sono arrivate in seguito a
qualche notizia economica esaltante per il primo ministro sotto
attacco, visto che sia Giordania sia Egitto sono ora clienti di Tel Aviv
e ricevono miliardi di m3 di gas israeliano.
Per Netanyahu pompare gas israeliano in due Paesi arabi
vicini costituisce più di un semplice beneficio economico e politico: è
un enorme vanto personale. Il leader israeliano sta cercando di
convincere l’opinione pubblica a votarlo nelle ennesime elezioni
politiche di marzo, chiedendo al contempo all’élite politica israeliana
di concedergli l’immunità in modo che possa rimanere fuori di prigione
per le varie accuse di corruzione.
Per anni Israele ha sfruttato la scoperta di grandi riserve di gas naturale dei campi Leviathan e Tamar, che si trovano rispettivamente a circa 125 e 80 km a ovest di Haifa, per ricostruire alleanze regionali e ridefinire la sua importanza geopolitica per l’Europa.
La strategia israeliana tuttavia ha già creato potenziali
conflitti in una regione già instabile, allargando i giochi di potere e
includendovi Cipro, Grecia, Francia, Italia e Libia, così come Egitto,
Turchia, Libano e Russia. Il 2 gennaio Netanyahu è stato ad Atene a firmare un accordo per un gasdotto insieme al primo ministro greco Kyriako Mitotakis e al presidente cipriota Nicos Anastasiades. Il gasodotto EastMed è
stato progettato per andare da Israele a Cipro, in Grecia e alla fine
in Italia, trasportando quindi il gas del Mediterraneo orientale
direttamente nel cuore dell’Europa.
Pochi anni fa questo scenario sembrava impensabile, in quanto Israele
di fatto importava gran parte del suo gas naturale dal vicino Egitto.
Quando ha iniziato a produrre nel 2003, il campo israeliano di Tamar ha
in parte risolto la dipendenza di Israele dal gas importato. Poco dopo
Israele ha scoperto altro gas, questa volta con un potenziale maggiore,
nell’enorme campo Leviathan. Il 31 dicembre 2019 Leviathan ha iniziato a
pompare gas per la prima volta.
Leviathan si trova nel Bacino Levantino del mar Mediterraneo, una regione ricca di idrocarburi.
“Si stima che Leviathan contenga oltre 21 trilioni di m3 di gas
naturale, sufficienti a soddisfare le necessità energetiche israeliane
per i prossimi 40 anni, oltre a una notevole quantità per
l’esportazione,” ha scritto Frank Musmar nel Centro BESA per gli Studi
Strategici [centro di ricerca conservatore israeliano Begin-Sadat,
ndtr.]. La quota egiziana di gas israeliano – 85 miliardi di m3,
con un valore stimato di 19,5 miliardi di dollari – è acquistato con
l’intermediazione dell’ente privato egiziano Dolphinus Holdings.
L’accordo con la Giordania è stato firmato tra la compagnia elettrica
nazionale del Paese, NEPCO, e un’impresa americana, Noble Energy, che
possiede una partecipazione del 45% nel progetto israeliano.
I giordani hanno protestato in massa contro l’accordo per il gas con Israele,
in quanto vedono la cooperazione economica tra il loro Paese e Israele
come un atto di normalizzazione, soprattutto in quanto Tel Aviv continua
a occupare e opprimere i palestinesi. L’eco delle proteste popolari ha
raggiunto il parlamento giordano, che il 19 gennaio ha votato
all’unanimità a favore di una legge che vieti importazioni di gas da
Israele. Israele si sta diversificando, oltre l’esercizio di un
predominio economico regionale per diventare un grande attore anche a
livello geopolitico internazionale. Il progetto di gasdotto EastMed, stimato in 6 miliardi di euro, dovrebbe coprire il 10% del fabbisogno europeo di gas naturale. È qui che le cose diventano ancora più interessanti.
La Turchia ritiene che l’accordo, che coinvolge i suoi rivali
regionali, Cipro e la Grecia, sia concepito specificamente per
marginalizzarla economicamente, escludendola dal boom degli
idrocarburi del Mediterraneo. Ankara è già un enorme centro di snodo di
idrocarburi, in quanto ospita il TurkStream, che
rifornisce l’Europa, il cui fabbisogno di gas naturale proviene per il
40% dalla Russia. Ciò ha fornito sia a Mosca sia ad Ankara non solo
vantaggi economici, ma anche influenza geostrategica. Se il gasdotto EastMed si concretizza, Turchia e Russia saranno le potenze più danneggiate.
Con una serie di iniziative successive e sorprendenti, la
Turchia ha risposto firmando un accordo sui confini marittimi con il
governo di accordo nazionale della Libia (GAN) riconosciuto a livello
internazionale, impegnandosi a mandare appoggio militare per aiutare
Tripoli nella sua lotta contro le forze leali al generale Khalifa
Haftar. “La Turchia non permetterà nessuna attività contraria
ai suoi interessi nella regione”, ha detto all’agenzia di stampa Anadolu
il vicepresidente Fuat Aktay, aggiungendo che “qualunque piano che
ignori la Turchia non ha assolutamente alcuna possibilità di successo.”
Benché i Paesi europei abbiano prontamente condannato Ankara,
quest’ultima è riuscita a cambiare le regole del gioco avanzando
pretese su vaste aree rivendicate anche dalla Grecia e da Cipro come
parte delle loro cosiddette zone economiche esclusive (ZEE). Non
solo la Turchia farà perforazioni di gas naturale nelle acque
territoriali libiche, ma anche in acque contese nei pressi di Cipro.
Ankara accusa Cipro di violare “pari diritti sulle scoperte”, un
accordo seguito al conflitto militare tra i due Paesi nel 1974.
Se la questione non verrà risolta il progetto del gasdotto EastMed potrebbe trasformarsi in una fantasticheria.
Quello che sembrava un accordo molto conveniente, con un’enorme
importanza geopolitica dal punto di vista di Israele, ora pare essere
un’ulteriore estensione del più generale conflitto mediorientale. Mentre
l’UE è ansiosa di allentare il controllo strategico della Russia sul
mercato del gas naturale, il gasdotto EastMed appare sempre più
irrealizzabile, da ogni punto di vista.
Tuttavia, considerando gli enormi giacimenti di gas naturale che già
riforniscono i mercati europei in difficoltà, è praticamente sicuro che
il gas naturale del Mediterraneo diventerà probabilmente una delle
maggiori cause di conflitto politico, se non di guerra.
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