di Marco Santopadre
Le campagne a favore del
boicottaggio dell’economia israeliana non costituiscono una
manifestazione di antisemitismo bensì rientrano nel legittimo
esercizio della libertà di espressione secondo quanto stabilito
dall’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Lo ha deciso l’11 giugno scorso, all’unanimità, la Quinta
Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) di Strasburgo
che ha così censurato una condanna inflitta in Francia ad alcuni
attivisti del movimento che si batte a favore del Boicottaggio, delle
Sanzioni e del Disinvestimento nei confronti dello Stato responsabile dell’occupazione illegale della Palestina.
La sentenza
del Tribunale di Strasburgo interviene a smentire la condanna emessa
per “incitamento alla discriminazione economica” – confermata nel 2015
dalla Corte di Cassazione di Parigi – nei confronti di dodici attivisti
che a più riprese, tra il 2009 e il 2010, avevano distribuito dei
volantini in un supermercato di Illzach, cittadina dell’Alsazia,
chiedendo ai clienti di non acquistare merci israeliane e alla catena di
smettere di venderle per non alimentare il sistema di apartheid
imposto dallo Stato ebraico ai palestinesi, nell’ambito delle iniziative
intraprese in tutto il mondo a partire dall’appello proveniente nel
2005 dalla società civile dei Territori Occupati.
Dopo l’estensione in Francia delle iniziative a sostegno del
Boicottaggio i governi di Parigi hanno istruito i procuratori affinché
perseguano con determinazione i promotori delle campagne di
boicottaggio. Nel 2016, 11 membri del “Collectif Palestine 68″ hanno
fatto ricorso alla Cedu che giovedì ha dato loro ragione,
condannando il governo francese a pagare ad ognuno dei ricorrenti 380
euro di danni materiali, 7mila euro di danni morali e 20mila euro
complessivi di spese processuali (complessivamente 101mila euro).
Secondo l’organo giuridico del Consiglio d’Europa “per natura il
discorso politico è spesso virulento e fonte di controversie. Tuttavia
rimane nell’interesse pubblico a meno che non degeneri in un
incitamento alla violenza, all’odio e all’intolleranza” il che però non
rientra nel caso giudicato che costituisce invece un chiaro esempio di
“violazione della libertà di espressione” degli attivisti, che nel 2011 erano effettivamente stati assolti dal Tribunale di Mulhouse.
Nel 2013 però gli stessi erano stati condannati dalla Corte d’Appello
di Colmar, sulla base di una legge risalente al 1881, a 1000 euro di
multa e al pagamento dei danni nei confronti delle quattro parti civili
ammesse (la “Lega internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo”,
la “Associazione degli avvocati senza frontiere”, la “Alleanza
Francia-Israele” e il “Bureau national de vigilance contre
l’antisémitisme”).
Ora il governo francese ha a disposizione tre mesi per
appellarsi eventualmente a quanto stabilito dall’organismo di
Strasburgo. Ma si tratta comunque di un duro colpo per Israele,
impegnato negli ultimi anni a criminalizzare i movimenti, i collettivi e
le associazioni che si battono a favore del Bds con
l’argomentazione che in realtà si tratterebbe di uno strumento
utilizzato dai nemici dello “stato ebraico” per delegittimarlo e
distruggerlo.
Lo scorso anno, in seguito alle pressioni israeliane, la Camera dei
Rappresentanti statunitense ha approvato una risoluzione bipartisan di
condanna nei confronti del movimenti Bds descrivendolo come “un
impedimento agli sforzi per una soluzione pacifica”. Anche il
Parlamento Federale Tedesco ha approvato una mozione che definisce
“antisemiti” i metodi della campagna di boicottaggio di Israele,
paragonandola addirittura agli appelli del nazionalsocialismo contro gli
ebrei negli anni ’30 del secolo scorso.
“Questa importante sentenza costituisce una vittoria decisiva a
favore della libertà di espressione, per i difensori dei diritti umani e
per il movimento Bds che si batte per la libertà, la giustizia e
l’eguaglianza in Palestina”, ha dichiarato Rita Ahmad a nome del
Comitato Nazionale Palestinese per il Bds, accusando l’Unione Europea di
essere “profondamente complice dell’occupazione israeliana,
dell’assedio a Gaza e della lenta pulizia etnica dei palestinesi di
Gerusalemme e della Valle del Giordano”.
“In un momento in cui i cittadini europei, ispirati dalla
rivolta Black Lives Matter negli Stati Uniti, stanno sfidando il brutto
retaggio del colonialismo europeo, Francia, Germania e altri Paesi
dell’Ue devono porre fine alla loro repressione razzista nei confronti
dei difensori dei diritti umani che lottano a favore della fine dell’apartheid israeliana”, ha aggiunto Ahmad.
“Si tratta di una chiara vittoria del movimento Bds e di un doloroso
colpo per Israele, i suoi alleati e le sue misure dirette a mettere il
bavaglio ai simpatizzanti della causa palestinese”, ha commentato invece
Riyad al-Maliki, ministro degli Esteri dell’Autorità Nazionale
Palestinese, facendo appello agli stati membri dell’Ue a bloccare
l’importazione dei prodotti realizzati nelle colonie israeliane.
Anche la Association France Palestine Solidarité (Afps) ha accolto
con entusiasmo la sentenza della Cedu con la quale si riconosce “che l’appello
al boicottaggio è un diritto civile, a condizione che sia motivato da
critiche a uno Stato e alla sua politica. E lo Stato di Israele, che
quotidianamente viola il diritto internazionale e i diritti umani, non
fa eccezione”.
Da parte sua Marco Perolini ha commentato, a nome di Amnesty
International: “La decisione storica di oggi stabilisce un importante
precedente che dovrebbe porre fine all’uso indebito delle leggi contro
la discriminazione per criminalizzare gli attivisti che portano avanti
la campagna contro la violazione dei diritti umani da parti di Israele”.
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