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14/06/2020

Per la Corte di Strasburgo "boicottare Israele non è antisemitismo"

di Marco Santopadre

Le campagne a favore del boicottaggio dell’economia israeliana non costituiscono una manifestazione di antisemitismo bensì rientrano nel legittimo esercizio della libertà di espressione secondo quanto stabilito dall’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Lo ha deciso l’11 giugno scorso, all’unanimità, la Quinta Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) di Strasburgo che ha così censurato una condanna inflitta in Francia ad alcuni attivisti del movimento che si batte a favore del Boicottaggio, delle Sanzioni e del Disinvestimento nei confronti dello Stato responsabile dell’occupazione illegale della Palestina.

La sentenza del Tribunale di Strasburgo interviene a smentire la condanna emessa per “incitamento alla discriminazione economica” – confermata nel 2015 dalla Corte di Cassazione di Parigi – nei confronti di dodici attivisti che a più riprese, tra il 2009 e il 2010, avevano distribuito dei volantini in un supermercato di Illzach, cittadina dell’Alsazia, chiedendo ai clienti di non acquistare merci israeliane e alla catena di smettere di venderle per non alimentare il sistema di apartheid imposto dallo Stato ebraico ai palestinesi, nell’ambito delle iniziative intraprese in tutto il mondo a partire dall’appello proveniente nel 2005 dalla società civile dei Territori Occupati.

Dopo l’estensione in Francia delle iniziative a sostegno del Boicottaggio i governi di Parigi hanno istruito i procuratori affinché perseguano con determinazione i promotori delle campagne di boicottaggio. Nel 2016, 11 membri del “Collectif Palestine 68″ hanno fatto ricorso alla Cedu che giovedì ha dato loro ragione, condannando il governo francese a pagare ad ognuno dei ricorrenti 380 euro di danni materiali, 7mila euro di danni morali e 20mila euro complessivi di spese processuali (complessivamente 101mila euro).

Secondo l’organo giuridico del Consiglio d’Europa “per natura il discorso politico è spesso virulento e fonte di controversie. Tuttavia rimane nell’interesse pubblico a meno che non degeneri in un incitamento alla violenza, all’odio e all’intolleranza” il che però non rientra nel caso giudicato che costituisce invece un chiaro esempio di “violazione della libertà di espressione” degli attivisti, che nel 2011 erano effettivamente stati assolti dal Tribunale di Mulhouse.

Nel 2013 però gli stessi erano stati condannati dalla Corte d’Appello di Colmar, sulla base di una legge risalente al 1881, a 1000 euro di multa e al pagamento dei danni nei confronti delle quattro parti civili ammesse (la “Lega internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo”, la “Associazione degli avvocati senza frontiere”, la “Alleanza Francia-Israele” e il “Bureau national de vigilance contre l’antisémitisme”).

Ora il governo francese ha a disposizione tre mesi per appellarsi eventualmente a quanto stabilito dall’organismo di Strasburgo. Ma si tratta comunque di un duro colpo per Israele, impegnato negli ultimi anni a criminalizzare i movimenti, i collettivi e le associazioni che si battono a favore del Bds con l’argomentazione che in realtà si tratterebbe di uno strumento utilizzato dai nemici dello “stato ebraico” per delegittimarlo e distruggerlo.

Lo scorso anno, in seguito alle pressioni israeliane, la Camera dei Rappresentanti statunitense ha approvato una risoluzione bipartisan di condanna nei confronti del movimenti Bds descrivendolo come “un impedimento agli sforzi per una soluzione pacifica”. Anche il Parlamento Federale Tedesco ha approvato una mozione che definisce “antisemiti” i metodi della campagna di boicottaggio di Israele, paragonandola addirittura agli appelli del nazionalsocialismo contro gli ebrei negli anni ’30 del secolo scorso.

“Questa importante sentenza costituisce una vittoria decisiva a favore della libertà di espressione, per i difensori dei diritti umani e per il movimento Bds che si batte per la libertà, la giustizia e l’eguaglianza in Palestina”, ha dichiarato Rita Ahmad a nome del Comitato Nazionale Palestinese per il Bds, accusando l’Unione Europea di essere “profondamente complice dell’occupazione israeliana, dell’assedio a Gaza e della lenta pulizia etnica dei palestinesi di Gerusalemme e della Valle del Giordano”.

“In un momento in cui i cittadini europei, ispirati dalla rivolta Black Lives Matter negli Stati Uniti, stanno sfidando il brutto retaggio del colonialismo europeo, Francia, Germania e altri Paesi dell’Ue devono porre fine alla loro repressione razzista nei confronti dei difensori dei diritti umani che lottano a favore della fine dell’apartheid israeliana”, ha aggiunto Ahmad.

“Si tratta di una chiara vittoria del movimento Bds e di un doloroso colpo per Israele, i suoi alleati e le sue misure dirette a mettere il bavaglio ai simpatizzanti della causa palestinese”, ha commentato invece Riyad al-Maliki, ministro degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese, facendo appello agli stati membri dell’Ue a bloccare l’importazione dei prodotti realizzati nelle colonie israeliane.

Anche la Association France Palestine Solidarité (Afps) ha accolto con entusiasmo la sentenza della Cedu con la quale si riconosce “che l’appello al boicottaggio è un diritto civile, a condizione che sia motivato da critiche a uno Stato e alla sua politica. E lo Stato di Israele, che quotidianamente viola il diritto internazionale e i diritti umani, non fa eccezione”.

Da parte sua Marco Perolini ha commentato, a nome di Amnesty International: “La decisione storica di oggi stabilisce un importante precedente che dovrebbe porre fine all’uso indebito delle leggi contro la discriminazione per criminalizzare gli attivisti che portano avanti la campagna contro la violazione dei diritti umani da parti di Israele”.

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